Processo vaticano, Intrieri: Tirabassi è un capro espiatorio
Barbara Castelli - Città del Vaticano
La professoressa Paola Severino ha parlato di “un processo profondamente morale”, “credo che volesse intendere simbolico”: “il limite dei processi simbolici, da Norimberga a ‘Mani pulite’, è che spesso e volentieri lo strumento del processo diviene uno strumento che forza inevitabilmente le ragioni del diritto”; e il “simbolo” in questo genere di processi “diventa anche l’imputato”. Lo ha rimarcato Cataldo Intrieri, avvocato difensore di Fabrizio Tirabassi, insieme con Massimo Bassi, nel corso della settantatreesima udienza del processo sugli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra. Nel suo intervento, tra mattina e pomeriggio, il legale ha rimarcato che nel procedimento penale Protocollo 45/19 ci sono “capri espiratori” e “miracolati”, e come, non di rado, “il pregiudizio abbia prevalso”. “Quando un sistema entra in crisi – ha detto, citando un professore di sociologia – perché manca di capacità autocritica e non riesce a gestire i conflitti che si producono al suo interno, la scelta di una vittima sacrificale è la soluzione più spiccia per ristabilire l’equilibrio perduto”.
Lo Ior e la genesi del processo
Difendendo la posizione del già funzionario della Segreteria di Stato, accusato di peculato, abuso d’ufficio, corruzione, riciclaggio-autoriciclaggio, truffa ed estorsione, Cataldo Intrieri ha cercato di “offrire un controcampo critico” rispetto alla versione del promotore di giustizia Alessandro Diddi, che per l’imputato ha richiesto 13 anni e 3 mesi di reclusione, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e una multa 18.750 euro. In particolare, si è lungamente soffermato sulla denuncia fatta dall’Istituto per le opere di religione il 2 luglio 2019, che ha dato il via al procedimento in corso dal luglio 2021, ricordando che il suo assistito già nel dicembre 2018 scrisse una nota per mons. Edgar Peña Parra, sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, riconoscendo di “essere stato ingannato”.
“Da novembre 2018 – ha detto, lamentando presunti “sotterfugi e bugie” – c’è una frenetica attività, derivante dalle fibrillazioni della trattiva con Torzi. Fibrillano tutti: fibrilla la Segretaria di Stato, fibrilla il Sostituto, fibrillano le autorità di vigilanza. L’unico che non fibrilla è l’Ufficio del Promotore e la Gendarmeria. In un territorio di 46 ettari il promotore non si accorge di nulla, è l’unico che non sa”. I toni si sono resi più incalzanti quando ha richiamato la “striminzita denuncia” di Gian Franco Mammì, direttore generale dello IOR, “due paginette tardive”, o ha approfondito la vicenda del finanziamento di 150 milioni di euro che la Segretaria di Stato richiese per rinegoziare il mutuo che gravava sul palazzo di Sloane Avenue. “Da qui succede la guerra civile delle istituzioni vaticane – ha sottolineato – perché questo è successo”, “contro ogni forma di collaborazione istituzionale”.
La mistica del senno di poi
Districandosi in quella che ha definito una “proliferazione dei capi di imputazione”, l’avvocato di Fabrizio Tirabassi ha ricordato che un “investimento sbagliato non è un illecito” e che “commettere reato vuol dire agire con dolo”. “Con il senno di poi siamo tutti bravi – ha precisato, richiamando la struttura organizzativa della sezione Affari Generali e “l’ampia autonomia” di cui godeva la Segreteria di Stato all’epoca dei fatti – è con il senno di prima che non si valutano le responsabilità penali”. "È sorprendente - ha aggiunto – che un’organizzazione complessa quale quella dello Stato vaticano debba far dipendere situazioni complesse da piccole strutture, forse sottodimensionate, forse non del tutto preparate a un certo tipo di interventi”. “Siamo difronte a questioni di colpe – ha concluso – non si può scaricare sul sottoposto incapace per continuare a tirare avanti”.
In cinque ore, il legale ha rievocato la questione delle monete, le commissioni ricevute per le operazioni finanziarie effettuate per la Segreteria di Stato, “autorizzate dai suoi superiori”, il presunto legame con Gianluigi Torzi, considerato da principio un “cavaliere bianco” per aver fatto uscire di scena Raffaele Mincione. Siamo “oltre le responsabilità indicate”, ha aggiunto, assimilabili soprattutto alla “malagestione”.
Il secondo legale, Massimo Bassi, interverrà il prossimo 6 dicembre. L’agenda delle udienze del processo, per domani, invece, vede la difesa dell’avvocato Nicola Squillace, imputato per truffa aggravata, appropriazione indebita aggravata, riciclaggio ed autoriciclaggio.
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