Le donne africane: la Chiesa è sinodale se celebra le differenze senza nasconderle
Il testo della Lettera al Popolo di Dio è stato distribuito stamani nel corso della diciassettesima congregazione generale della prima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi — erano presenti in 348 — e sarà votato oggi pomeriggio. Stamani è stato anche presentato e distribuito il testo del Documento finale di sintesi che verrà letto sabato mattina e votato poi nel pomeriggio. Lo hanno reso noto Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione e presidente della Commissione per l’informazione, e Sheila Pires, segretario della stessa Commissione, nel briefing odierno con i giornalisti, che ha avuto inizio alle 14.20, nella Sala stampa della Santa Sede, ed è stato introdotto dal vice direttore Cristiane Murray.
Pires: la “Lettera al Popolo di Dio”
La Lettera al Popolo di Dio, «modificata secondo i suggerimenti dell’Assemblea tramite interventi orali e modi scritti» raccolti a partire da lunedì — quando la bozza è stata letta in Aula Paolo VI — stamani «è stata consegnata ai membri tradotta nelle diverse lingue» ha fatto presente Pires. Per essere, appunto, votata nel pomeriggio di oggi in apertura della diciottesima Congregazione generale. «Come ha detto il cardinale Grech all’inizio dei lavori questa mattina, si tratta di un “testo semplice” che vuole raccontare “l’esperienza positiva che stiamo vivendo in questi giorni”». Inizialmente, ha proseguito Pires, «si era anche pensato di approvarla per acclamazione, per lasciare più tempo alla discussione sul Documento di sintesi». «Siccome sono state chieste modifiche nelle traduzioni nelle varie lingue — ha ricordato Pires — la Segreteria del Sinodo ha annunciato, sempre lunedì, che la Lettera sarebbe stata sottoposta a voto oggi, e che sarebbe stato possibile inviare proposte di integrazione, oltre a quelle già fatte nella congregazione generale fino alle 18 di lunedì». In conclusione Pires ha fatto presente che oggi pomeriggio potranno votare la Lettera «solo i membri del Sinodo: il voto sarà elettronico e segreto per garantire la libertà personale a ciascuno».
Ruffini: l’iter del “Documento di sintesi”
Quindi Ruffini ha spiegato che, «sempre questa mattina, è stato anche presentato e distribuito il Documento finale di sintesi di questa prima sessione del Sinodo». Il testo è di 40 pagine ed è stato distribuito in italiano e inglese, con traduzioni di lavoro nelle altre lingue. Ed è «stato spiegato anche il modo in cui avverrà la discussione e la votazione del documento». Inoltre, ha aggiunto Ruffini, «è stata anche l’occasione per ribadire la natura e l’autorità dell’Assemblea, anche relativamente alla presenza di membri non vescovi. Si tratta — è stato ricordato — di una Assemblea consultiva. La partecipazione di non vescovi è prevista dalla costituzione Episcopalis communio. La fase assembleare in cui siamo non costituisce un nuovo inizio, ma una ulteriore tappa di discernimento all’interno del processo sinodale previsto da Episcopalis communio. Il carattere episcopale dell’Assemblea non è compromesso dalla presenza di membri non insigniti del “munus” episcopale. La loro presenza — è stato detto — non cambia la natura dell’Assemblea, che è e rimane episcopale. La loro presenza si giustifica nella logica della testimonianza: essi ricordano a tutti che questa Assemblea non è un evento isolato, ma è parte integrante e passaggio necessario del processo sinodale, prolungando e approfondendo a livello di tutta la Chiesa l’ascolto e il discernimento ecclesiale avviato dal Santo Padre il 10 ottobre 2021». «Il processo sinodale continuerà nella seconda sessione per concludersi l’anno venturo» ha affermato Ruffini.
I lavori di questo pomeriggio
«Nel pomeriggio, nella congregazione generale, dopo il voto sulla Lettera, avrà inizio la discussione del testo del Documento finale, sia con interventi in Aula che con la discussione nei Circoli minori. Potranno intervenire solo i membri, cioè gli aventi diritto al voto». «La discussione proseguirà — ha detto il prefetto — domani mattina nei Circoli minori e domani pomeriggio nella congregazione generale, inizialmente prevista per essere dedicata alla raccolta di proposte su metodi e tappe per la fase successiva del processo sinodale». «Per lasciare più spazio alla discussione — ha aggiunto — è stato deciso di prevedere una congregazione generale in più, che si terrà venerdì mattina, giorno inizialmente dedicato a una pausa. La congregazione di venerdì mattina sarà dedicata alla raccolta di proposte sulla fase successiva del processo sinodale prima della sessione dell’anno venturo». La decisione di «prevedere questa congregazione in più è stata sottoposta a voto» ha spiegato il prefetto: «I presenti erano 347; la maggioranza assoluta 174, i favorevoli sono stati 252, i contrari 95. La proposta è stata dunque approvata e la discussione sul Documento di sintesi proseguirà, pertanto, per tutta la giornata di domani». «Ogni Circolo e ogni singolo membro — ha reso noto Ruffini — potrà presentare delle proposte di eliminazione, aggiunta o sostituzione di passaggi della Relazione, con i cosiddetti “modi”». In particolare, «i “modi” di ciascun Circolo dovranno essere approvati uno per volta con maggioranza assoluta dei presenti aventi diritto. Accanto ai “modi” collettivi, è sempre possibile ai membri inviare un “modo” personale, non presentato nei Circoli o anche non approvato dai Circoli. Il testo definitivo della Relazione di sintesi dell’Assemblea sarà letto sabato mattina e votato sabato pomeriggio».
Il cardinale Prevost: l’esperienza latinoamericana
Il cardinale statunitense agostiniano Robert Francis Prevost, prefetto del Dicastero per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, arcivescovo-vescovo emerito di Chiclayo in Perú, ha ricordato anzitutto la sua esperienza nell’ordine di Sant’Agostino, certo che questa figura e la vita consacrata abbiano molto da dare alla Chiesa. La vita consacrata, in particolare, per quanto riguarda la testimonianza e la consacrazione nel servizio, soprattutto nella prospettiva della vita comunitaria e nella promozione della comunione nella Chiesa, quanto al vescovo di Ippona - molto conosciuto per i suoi insegnamenti in relazione a questioni teologiche sull’equilibrio e sulla necessità di comprendere la fede e la ragione nell’ambito della ricerca del divino, unendo il cuore e la mente senza separarli - ci ha insegnato l’importanza dell’ascolto della Parola di Dio e in tanti altri campi, ha precisato il porporato, come per esempio in relazione alla promozione dell’unità nella Chiesa. Nella diocesi peruviana dove per nove anni è stato vescovo prima di essere chiamato dal Papa a Roma, ha poi spiegato, c’erano assemblee in stile sinodale, con rappresentanti dei movimenti, delle parrocchie, della vita consacrata, dei sacerdoti, per cercare insieme il tipo di Chiesa che serve oggi per rivolgersi ai poveri, ai lontani. In questo senso, lo stile sinodale della promozione della vita della Chiesa è ben conosciuto in America Latina. Per quanto riguarda il Sinodo attuale, il cardinale ha ricordato l’importanza di imparare ad ascoltare tutti, ad avere un dialogo nella fiducia, sempre cercando la verità e impegnandosi a capire ciò che il Signore chiede alla Chiesa. È naturale, ha aggiunto, che vi siano difficoltà, come in ogni esperienza umana, ma il Sinodo "ci insegna a fidarci sempre di più di Dio e a lavorare insieme e a cercare di trovare insieme delle soluzioni per rispondere alla realtà e ai bisogni del mondo oggi".
Il cardinale Nzapalainga: nel nome della pace
Il cardinale Dieudonné Nzapalainga, religioso della congregazione dello Spirito Santo, arcivescovo di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, membro del Consiglio ordinario della Segreteria del Sinodo, ha sottolineato, in questi tempi lacerati da conflitti, la sua provenienza da un Paese segnato dalla guerra, che già imperversava «quando abbiamo iniziato il cammino sinodale tutti insieme, protestanti e cattolici. Insieme siamo andati a parlare con i ribelli implorandoli di deporre le armi nell’interesse della nostra nazione», nel nome della pace. Il porporato ha ricordato anche quando Francesco ha aperto la Porta santa della cattedrale di Bangui: «un momento di grande commozione nel Paese grazie al quale tutti noi, ma soprattutto i ribelli hanno compreso il cammino che è stato fatto e il contributo che ciascuno è chiamato a dare». Nell’attuale situazione mondiale, ha ribadito il cardinale, «siamo qui per condividere con i fratelli e le sorelle presenti il dolore di tanti». Questo perché nel Sinodo, ha osservato, sono fondamentali il silenzio, dove lo Spirito Santo risuona, e l’umile ascolto di chi abbiamo di fronte. Solo così «si può scoprire la bellezza dell’altro, solo creando silenzio si può raccogliere la sua ricchezza». Ed è da questo arricchimento reciproco, ha concluso, che può concretizzarsi il «sogno di come deve essere la Chiesa di domani».
L’arcivescovo Broglio: i militari vogliono la pace
L’arcivescovo Timothy Broglio, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti d’America, è partito dalla sua esperienza al servizio della diplomazia della Santa Sede — che gli ha permesso di conoscere «espressioni molto vive della Chiesa» e di «trarre tantissimo dalle tradizioni di Paesi diversi» — per arrivare a quella vissuta nei quindici anni di ministero pastorale tra i militari statunitensi. Anche il Sinodo, ha rilevato, è un’esperienza di ascolto e di dialogo tra persone provenienti da differenti realtà. E «se ascoltassimo di più — ha affermato — potremmo avere un mondo più aperto al prossimo e più rispettoso della dignità della persona». Riferendosi ancora alla sua esperienza recente, Broglio ha assicurato che «i militari hanno il più grande desiderio della pace, sanno cos’è la guerra e quali sono i suoi costi». In questo senso, il clima di ascolto e di dialogo vissuto nel Sinodo «potrebbe veramente costituire un esempio per il mondo».
Nonterah: la saggezza delle donne africane
Ha poi preso la parola Nora Kofognotera Nonterah, teologa ghanese e docente universitaria, che partecipa ai lavori come testimone del processo sinodale per l’Africa, tra coloro che provengono dalle Assemblee continentali e non sono insigniti del “munus” episcopale. «Mi sono sentita ascoltata come laica, come donna e come donna africana in una Chiesa che spesso, in passato, non ha dato voce e non ha saputo arricchirsi della saggezza che viene dalle donne africane» ha affermato. «Sono arrivata al Sinodo con la speranza, con le gioie, i dolori, le ansie e anche la resilienza delle donne e dei laici africani che non riescono a sedersi nei tavoli dove si prendono le decisioni importanti — ha proseguito —. La mia convinzione è che la sinodalità sia la modalità migliore per vivere come Chiesa e che può davvero dare una testimonianza del Vangelo». «Credo — ha detto — che le donne africane possano insegnare alla Chiesa come essere una madre per tutti». E «si potrà avere una Chiesa sinodale solo se ci sarà una formazione spirituale autentica, celebrando le nostre differenze e non nascondendole». Promuovere la cultura della corresponsabilità nella teologia, nel diritto canonico e nella leadership «deve diventare una prassi per la Chiesa nel mondo di oggi, con il battesimo come punto di partenza, con la speranza che la sinodalità ci aiuti a scoprire il bisogno del ruolo delle donne nella governance e nelle strutture della Chiesa a tutti i livelli» e a dare priorità all’educazione delle donne e dei giovani. Per concludere, la teologa ha ricordato la saggezza delle donne africane citando una canzone africana che dice: «E’ una donna che ha fatto nascere quell’eroe». Allora com’è possibile, ha terminato, lasciare indietro la donna che ha fatto nascere questa persona?
Il Sinodo è un’esperienza spirituale
Durante il dibattito con i media, a una prima domanda sul tema degli abusi ha risposto Prevost, dicendo che di questo si è parlato nei Circoli minori. Pires ha aggiunto che dai lavori è emerso come le Conferenze episcopali abbiano creato uffici che se ne occupano. Perciò, ha specificato, questo processo è stato stimolante per quelle Conferenze episcopali che non le hanno. Mentre Nonterah ha spiegato che i bambini hanno paura di parlare, quindi la sinodalità deve cominciare proprio dalle famiglie cristiane: «Quando le famiglie diverranno chiese domestiche sinodali, allora la sinodalità avrà fatto il suo compito», ha detto. Una domanda a Prevost ha riguardato l’eventuale apertura a percorsi di coinvolgimento dei laici nelle consultazioni sulla nomina dei vescovi. Il prefetto del Dicastero ha risposto che il processo è riservato, ma che sono state date istruzioni di includere laici e religiose nelle procedure di esame. A una domanda su eventuali divisioni espresse nel Sinodo, ancora il porporato agostiniano ha risposto: «più che altro differenze di opinioni; c’è stato un ascolto rispettoso. E ciò è importante considerando la varietà dei presenti. Sempre c’è stata ricerca di unità, che non è uniformità». L’arcivescovo Broglio ha ravvisato la necessità in futuro di incoraggiare una maggiore partecipazione. Da parte sua il cardinale Nzapalinga ha aggiunto che la differenza non è un handicap ma fonte di ricchezza, e che i punti di vista divergenti non sono sinonimo di inimicizia, ma elementi da considerare. A una domanda relativa alla revisione delle strutture della Chiesa, Prevost ha ricordato che essa ha tante dimensioni, ma questo Sinodo non riguarda quella istituzionale, bensì quella carismatica, spirituale, umana e relazionale. A Broglio è stato quindi chiesto se i vescovi statunitensi hanno promosso la partecipazione al Sinodo. Il presule ha auspicato in proposito «buone idee per incoraggiare una partecipazione più capillare». A un'altra domanda su una maggiore partecipazione della donna nella governance della Chiesa, Prevost ha risposto che «questo è un work in progress», che siamo tutti a conoscenza dell’importante e lunga tradizione della Chiesa ma che forse occorre guardare a una nuova comprensione sia della leadership, del potere, delle autorità e del servizio nella Chiesa da prospettive diverse che possano essere portate dalle donne e dagli uomini. «Una delle cose che sono emerse chiaramente, nel corso di questo mese ma anche nel periodo precedente – ha proseguito – è che il fatto che nella società le donne vengono riconosciute in un certo modo - una donna può essere presidente, svolgere una serie di ruoli di leadership nel mondo - non significa che questo poi comporti un parallelo necessariamente speculare in seno alla Chiesa». Perchè ci sono categorie nella vita della Chiesa che sono diverse e che devono essere diverse, pertanto alcune di queste questioni o domande continueranno a essere lì, si continuerà a rifletterci, «ma non possiamo dire semplicisticamente che in questa fase cambieremo la tradizione della Chiesa che prosegue da duemila anni in relazione a questi termini». Nel frattempo nella Chiesa le donne stanno assumendo nuovi ruoli di leadership ha terminato il porporato. Alla domanda sulle persone lgbt, l’arcivescovo Broglio ha parlato di inclusione. E per quanto riguarda la messa tradizionale, ha detto che la Chiesa è abbastanza grande per accogliere tutti.
(A cura de L'Osservatore Romano)
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