Sinodo. L'Instrumentum laboris, bussola tra memoria e nuova "visione d'insieme"
Michele Raviart - Città del Vaticano
Per rispondere alla domanda su quali siano i segni caratteristici di una Chiesa sinodale sarà necessario “esercitare la facoltà della memoria nel suo senso più profondamente spirituale”, in modo da riconnettersi ai due anni di percorso che hanno preceduto l’inizio dell’Assemblea generale e di farsi trovare preparati affinché “il nostro lavoro sia fruttuoso” e “il nostro discernimento comune possa procedere”. A ricordarlo ai padri sinodali è il cardinale Jean-Claude Hollerich, relatore generale del Sinodo, in chiusura della prima Congregazione generale che introduce il primo modulo di discussione sull’instrumentum laboris “Per una Chiesa sinodale. Un’esperienza integrale”.
Recuperare la memoria del cammino sinodale
Indipendentemente dal coinvolgimento personale fino a questo momento - da chi ha contribuito alla stesura dei Documenti finale dopo le tappe continentali a chi ha ascoltato i resoconti delle équipe sinodali che ha nominato - il cammino sinodale percorso finora ha lasciato delle tracce. “Pensieri, emozioni, sentimenti, intuizioni, dubbi, paure, entusiasmi” che il cardinale Hollerich invita a recuperare sia attraverso la propria esperienza sia nell’ascolto dei fedeli religiosi e laici incontrati finora. “La memoria con cui entrare in contatto”, dice, “è quella collettiva del Popolo di Dio, non solo quella personale di ciascuno”.
Liberare lo sguardo d'insieme dal rischio di astrazione
L’obiettivo deve essere quello di rendere feconda l’alternanza tra Circoli minori e Congregazione generale, nutrendo una visione d’insieme del Sinodo, “che costituisce la prospettiva di senso ed evita la dispersione nei dettagli”. “Al tempo stesso la concretezza delle questioni che affronteremo più avanti”, sottolinea il porporato, “libera lo sguardo d’insieme dal rischio dell’astrazione e della generalizzazione”.
Lasciarsi guidare dalla conversazione dello Spirito
Nei Circoli minori che inizieranno domani e che per questo primo modulo finiranno la mattina di sabato 7 ottobre, i padri sinodali avranno quattro minuti “per comunicare quello più gli sta a cuore”. Lasciandosi guidare dal metodo della “conversazione dello Spirito” - un discernimento comune di una parola meditata e nutrita dalla preghiera - tutti sono invitati a mettere a fuoco il loro intervento su, “quello che più ci pare più importante e più significativo, quello che sentiamo emergere con più forza dalla nostra memoria”. Dopo una sera - o una mattina - di riflessione e preghiera, sottolinea ancora Hollerich “lasciamo che emergano i punti su cui sentiamo esserci grande chiarezza, ma non tralasciamo quelli su cui invece ci pare che ci sia ancora del lavoro da fare, su cui c’è mescolanza di luci e di ombre, senza paura di indicare i motivi di incertezza o di dubbio”.
Come i discepoli di Emmaus
Il suggerimento del relatore generale è quello di ispirarsi all’episodio dei discepoli di Emmaus tratto dal Vangelo di Luca. “Quando si avvicina Gesù, la sua presenza e le sue domande aprono uno spazio di parola e di ascolto”, spiega Hollerich. “ma poi emergono anche la disillusione, la frustrazione, la rabbia, la paura”. “Non so se vivremo molti momenti di desolazione durante il nostro cammino insieme”, conclude, ma confido che, grazie all’opera dello Spirito Santo, nei nostri cuori entrerà la consolazione, che è la condizione per un buon discernimento”.
Le testimonianze
Prima della chiusura della prima Congregazione generale sono state offerte due testimonianze da parte del neo cardinale Grzegorz Ryś, arcivescovo metropolita di Łódź, e da Matthew Thomas, un laico. Entrambi hanno riferito del percorso sinodale compiuto in preparazione all'assise iniziata oggi e al coinvolgimento generato dal lavoro capillare svolto nelle rispettive zone di provenienza, in particolare tra le decine di parrocchie nel territorio dell'arcidiocesi polacca e nei vicariati settentrionale e meridionale dell'Arabia.
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