Il Sinodo in preghiera per i migranti: la Chiesa una casa che accoglie tutti
La lettura della Parola di Dio, il silenzio della riflessione, le intercessioni e il Padre Nostro scandiranno stasera, 19 ottobre, il tempo delle preghiera con la quale la comunità del Sinodo abbraccia migranti e rifugiati, fin dall’inizio dell’Assemblea al centro di confronti e preoccupazioni. L’appuntamento di questa sera avrà «un carattere universale» per comprendere le tragedie delle diverse di guerre, comprese quelle più «sconosciute», nello stile del «camminare insieme» sinodale dall’Aula Paolo vi verso il simbolico monumento in piazza San Pietro.
Partecipazione e autorità
Durante il briefing odierno in Sala Stampa vaticana Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione e presidente della Commissione per l’Informazione, ha fatto il punto sui lavori in Aula Paolo VI. Nel pomeriggio di ieri e nella mattina di oggi, ha affermato, si sono svolte la decima e undicesima sessione dei Circoli minori, con un tempo dedicato alla “conversazione nello Spirito”. La riflessione, al momento, riguarda la sezione B 3 dell’Instrumentum laboris: i 35 Circoli minori si stanno confrontando sui diversi punti seguendo il tema generale "Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità. Quali processi, strutture e istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria?".
Inoltre il prefetto ha ricordato — come reso noto ieri dal cardinale relatore generale Jean-Claude Hollerich — che «sono stati costituiti tre gruppi di lavoro di esperti teologi e canonisti che condivideranno con le Congregazioni generali, in tre rapporti, le loro riflessioni sui punti» dell’Instrumentum laboris B 3.3 («Quali strutture possono essere sviluppate per consolidare una Chiesa sinodale missionaria?»), B 3.4 («Come configurare le istanze di sinodalità e collegialità che coinvolgono raggruppamenti di Chiese locali?») e B 3.5 («Come potenziare l’istituzione del Sinodo perché sia espressione della collegialità episcopale all’interno di una Chiesa tutta sinodale?»). A sua volta Sheila Pires, segretaria della Commissione per l’Informazione, ha reso noto che ieri pomeriggio ai lavori hanno partecipato in 340 e stamani in 344. E ha condiviso che in Aula, proprio nel segno di un clima di sinodalità, comunione e fraternità, sono puntualmente ricordati compleanni e anniversari.
Il cardinale Czerny: con le persone più vulnerabili della Terra
Il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, nel suo intervento in inglese ha fatto riferimento alla preghiera per i migranti in programma stasera in Piazza San Pietro. Davanti alla scultura Angels Unawares - ha spiegato - «l’assemblea sinodale che sta apprendendo come camminare insieme come Chiesa avrà la possibilità» di rendere visibile in modo simbolico «questo cammino» compiuto insieme «con alcune delle persone più vulnerabili della Terra, soprattutto quante sono in fuga, o sono obbligate ad allontanarsi» dalla propria patria, ovvero «coloro che noi chiamiamo migranti e rifugiati».
Pertanto, ha aggiunto, «ci sarà un’armonia rispetto al modo in cui noi stiamo trascorrendo questa giornata» nell’assise sinodale «parlando di alcuni aspetti» del fenomeno migratorio dinanzi alla nave scolpita nel bronzo da Timothy Schmalz, che rappresenta «persone di tutte le età che sono state costrette per qualche ragione a fuggire dal proprio Paese e dalle proprie case». Anche se, ha osservato Czerny, «l’armonia e la buona volontà e il profondo scambio vissuti nell’ambito sinodale» mettono drammaticamente in evidenza «l’ansia, la mancanza di sicurezza, la vulnerabilità e l’emarginazione di migranti e rifugiati» e «il terribile silenzio della società che li respinge».
Il vescovo Flores: da una diocesi di frontiera
Monsignor Daniel Ernest Flores, presidente delegato dell’Assemblea e membro della Commissione preparatoria, vescovo di Brownsville, in Texas, la più grande diocesi degli Stati Uniti d’America al confine con il Messico, ha esordito ricordando che «ogni Chiesa locale del mondo porta al Sinodo i propri doni e la propria esperienza». Raccontando quella della sua diocesi di frontiera, ha detto che negli ultimi anni sono aumentate le persone che dall’America latina raggiungono gli Stati Uniti d’America attraversando il territorio di Brownsville. Ma la risposta dei fedeli non è mai mancata: «in tanti si sono fatti avanti - dai ristoratori agli infermieri - per creare soluzioni di assistenza e di aiuto: non abbiamo grandi risorse materiali ma sappiamo cos’è la povertà e siamo generosi», ha assicurato il presule, sottolineando che la stessa risposta c’è stata anche da parte di musulmani, ebrei ed esponenti di altre religioni e confessioni cristiane.
Chi attraversa il confine, ha aggiunto, «va trattato con il rispetto dovuto alla sua dignità umana». E anche se la diocesi non ha grandi possibilità finanziarie, occorre essere «flessibili» e adattarsi alle situazioni che cambiano continuamente, avendo ben presente il principio del rispetto - soprattutto nei confronti delle famiglie di migranti che spesso vivono «esperienze terribili» - e mantenendo sempre un atteggiamento di collaborazione con le diocesi vicine.
Il maronita Alwan: il dramma dei rifugiati siriani in Libano
Padre Khalil Alwan - già superiore generale dei Missionari libanesi maroniti, segretario generale del Consiglio dei Patriarchi cattolici d’Oriente, professore all’Università libanese a Beirut, che partecipa come testimone sinodale per le Chiese orientali e coordinatore generale il Medio Oriente, tra coloro che provengono dalle Assemblee continentali senza essere insigniti del “munus” episcopale - ha detto di aver partecipato a quattro sinodi e di considerare quello in corso diverso nei metodi e nei contenuti: «È un vero e proprio cammino con il Signore, con la Chiesa, con tutte le realtà qui rappresentate. Parteciparvi è una grande grazia che ci dà motivi di speranza per un futuro felice della Chiesa».
Il religioso maronita è poi andato al tema principale del suo intervento, parlando della situazione dei profughi siriani in Libano: «Dal 2011, quando sono giunti qui, vivono in condizioni disumane, ammassati in gran numero in campi al limite della capienza perché la comunità internazionale impone al Libano di trattenerli sul proprio territorio impedendo loro di dirigersi in Europa». In tali aree, ha aggiunto padre Alwan, «vivono più di due milioni di persone, con molte nascite registrate in questi anni. Con la sua popolazione di cinque milioni di abitanti, il Libano è nel mondo il Paese con la più alta percentuale di rifugiati». Diversi aiuti umanitari cercano di alleviare la drammatica situazione, ha osservato, ma occorrerebbe permettere ai rifugiati di andare in un luogo più rispettoso della dignità umana.
I libanesi vengono penalizzati «per la loro umanità», ha rimarcato padre Alwan. Tutti questi rifugiati, infatti, gravano sull’economia dello Stato che sopporta costi enormi e che le organizzazioni governative internazionali non sono in grado di affrontare, con il risultato che «i cittadini libanesi sono sempre più poveri. Ciò provoca grande rabbia in loro: ritengono la questione umanitaria un pretesto per far rimanere i profughi nel Libano, costretto ad essere Paese d’asilo politico. Molte voci si sono levate — ha concluso il religioso — chiedendo di far partire i siriani verso l’Europa. Siamo di fronte a una tragedia umana e noi stasera pregheremo affinché le potenze del mondo operino per mettervi fine e perché i siriani possano un giorno tornare nel loro Paese e nella loro cultura».
Il vescovo Mpako: accoglienza, ascolto, rispetto
Monsignor Dabula Anthony Mpako, arcivescovo di Pretoria, vice presidente della Conferenza episcopale del Sud Africa, ha anzitutto tracciato un quadro della situazione dei migranti e rifugiati nel suo Paese. Apprezzando la possibilità di partecipare alla “conversazione nello Spirito” come metodo del processo sinodale, l’arcivescovo ha affermato che con l’ascolto, il rispetto e l’accoglienza le persone possono davvero esprimersi e accogliersi reciprocamente. «Se penso al mio Paese - ha detto - posso tranquillamente affermare che abbiamo terreno fertile per fare nostro questo metodo», che servirà ad affrontare «la sfida di poter offrire un luogo e una cultura pastorale ai migranti e ai rifugiati».
«Ospitiamo ufficialmente 2,9 milioni di migranti: in realtà sono molti di più, e la causa principale della loro presenza in Sud Africa è la povertà: la maggior parte sono rifugiati economici» ha spiegato l’arcivescovo di Pretoria, città che insieme a Johannesburg è tra le più “gettonate” dai migranti che si dirigono in Sud Africa. A Pretoria, ha affermato ancora monsignor Mpako, «abbiamo un ministero per la cura dei migranti e dei rifugiati, cercando di aiutarli anche nelle esigenze pratiche come fornire cibo, vestiario e assistenza sanitaria, seguendo anche le pratiche per l’ottenimento di status di rifugiati». Molti di loro poi, ha proseguito, «sono cattolici che vogliono continuare a praticare la loro fede. Spesso si trovano isolati nella loro diaspora. Cerchiamo di fare in modo che si integrino nella realtà cattolica locale, anche coinvolgendo sacerdoti che vengono dai Paesi di provenienza dei migranti».
Sinodalità e gerarchia nella Chiesa
Rispondendo alla domanda se il rinnovamento delle strutture sulla base della sinodalità possa minare l’autorità e le prerogative dei vescovi nelle diocesi, monsignor Flores ha fatto notare che questo tema non è una novità. L’esercizio dell’autorità, il ministero da parte della Chiesa, ha detto, deve essere basato sulla conversione del cuore, perché è essenziale affinché qualsiasi struttura possa raggiungere obiettivi positivi. Certamente ci sono molti pareri al centro della questione ha osservato, dicendosi più preoccupato su come si possa diventare popolo che si concentra sul servizio reciproco. Questo è fondamentale, ha sottolineato. Si può cambiare tutto, ma se ciò non si realizzerà non si risponde alla chiamata iniziale del Vangelo. Infatti, la conversione del cuore è fondamentale: si è vescovi, laici, ma tutti battezzati.
Gli ha fatto eco l'arcivescovo Mpako, il quale ha ricordato che è accettato comunemente da tutti che le due strutture devono coesistere: la sinodalità e la gerarchia nella Chiesa. Non ci sono dubbi, ha aggiunto, che si vorrebbe vedere come questi due aspetti possano funzionare insieme e che la sinodalità cominci a permeare la struttura gerarchica della Chiesa. D'altra parte, è chiaro che nella Chiesa cattolica la sinodalità ha un carattere unico, perché è una sinodalità al cui centro c’è la cattedra del Papa.
La presenza dello Spirito
Successivamente, al cardinale Czerny è stato chiesto se il tema chiave di tenere assieme unità e diversità di contesti, culture e tradizioni, attraverso un cambiamento di mentalità e strutture, sia condiviso tra i sinodali. Il porporato ha risposto che non è un problema «che preoccupa minimamente: le strutture gerarchiche della Chiesa non hanno nulla da temere dal processo sinodale che inizia con l’ascolto. È impossibile che ciò possa danneggiare la natura gerarchica della Chiesa. La preghiera aiuterà la struttura e il funzionamento della Chiesa grazie allo Spirito Santo migliorandoli. E ci rende felici che noi non solo parliamo di questi aspetti, ma stiamo vivendo questa spiritualità. Seduti ad un tavolo in cui diciamo magari che un gruppo è senza speranza; invece dopo due giorni ci rendiamo conto che c’è un’atmosfera coerente anche in relazione a domande molto astratte. E questo senza lo Spirito non potrebbe accadere».
Il volto di Cristo in chi soffre
A una domanda sulla presenza di persone Lgbtq+ anche tra i migranti, il presule sudafricano Mpako ha risposto che «la posizione della Chiesa è chiara, su come rivolgersi ad essi: anzitutto mostrando compassione, senza discriminare nessuno e senza far sentire qualcuno estraneo nella comunità ecclesiastica. Il Santo Padre ha esemplificato tutto ciò in modo molto bello» ha aggiunto, sebbene occorra confrontarsi con l’antropologia cristiana tradizionale. Questo infatti è per il vescovo «un problema che non si potrà risolvere nell’immediato perché noi stiamo affrontando una tradizione che esiste da tanto tempo; per cui ci sono due cose che avvengono contemporaneamente: mantenendo salda questa tradizione, cerchiamo il modo di far sentire queste persone a casa nella Chiesa». Da parte sua Flores ha detto che nella sua diocesi considera «una missione di carità della Chiesa ricevere famiglie in situazioni difficili», genitori e bambini insieme; perciò incoraggia «i volontari a individuare il volto di Cristo in chi soffre. Non chiediamo se sono cattolici o cristiani, quali sono le loro convinzioni politiche o l’orientamento sessuale; vogliamo servire il Cristo sofferente: è l’atteggiamento evangelico della Chiesa».
Il confronto tra culture
A monsignor Flores è stato anche chiesto quale sia il punto di vista del Sinodo rispetto alle esigenze delle culture dell’America latina. Il presule ha risposto che sebbene non sia facile, specie se lo si fa bene, il mettere insieme culture diverse è espressione di sinodalità. E ha parlato della sua esperienza personale di uomo cresciuto in una famiglia bilingue, in cui non c’è separazione tra le culture latino-americana e anglo-americana. Si tratta, ha spiegato, di cercare di tradurre un mondo nell’altro. Ciò lo sanno fare bene i giovani, ha concluso, ed è una ricchezza, soprattutto per chi come lui vive in una zona di confine. Eppure, ha avvertito, non si può semplificare a livello ecclesiale; al contrario ci si deve sforzare di progredire in conversazioni più strutturate tra le Chiese di America del Nord e del Sud. Anche il cardinale Czerny ha «vissuto in due mondi» e anche per lui la vita è “traduzione”; e «sinodalità vuol dire anche come tradurre qualcosa da una cultura all’altra».
Nessuna pressione o cospirazione esterna sul Sinodo
Alcune precisazioni metodologiche riguardanti gli interventi nei Circoli minori e le votazioni sul documento di sintesi sono state poi offerte dal prefetto Ruffini in risposta ad una domanda. Quindi il cardinale Czerny ha parlato del rapporto tra ordine e ufficio a proposito dei ministeri ordinati, mentre Flores e Mpako hanno assicurato che la riflessione dei sinodali non è influenzata da pressioni o «cospirazioni» esterne: «ci si scambia opinioni oneste e sincere sub tutela Petri» ha detto il vescovo statunitense, mentre il presule sudafricano ha confermato che la «sfida» che si presenta all’assemblea è quella di rispondere al bisogno di dar vita a «una Chiesa più sinodale». Infine il prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale ha ripreso la parola per dare alcuni dettagli sulla celebrazione di stasera in piazza San Pietro per i migranti.
(A cura de L'Osservatore Romano)
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui