L'augurio agli indù per il Deepavali: giustizia e verità sono i pilastri della pace
Alessandro Di Bussolo - Città del Vaticano
Il dialogo interreligioso “possiede un grande potenziale per alimentare la fiducia reciproca e l'amicizia sociale tra le comunità interreligiose”, ed è diventato “una condizione necessaria per contribuire alla pace nel mondo”. Citando le parole di Papa Francesco alla delegazione dell'Associazione degli ex alunni della Fraternità Emouna, che mira a rafforzare i legami di fraternità tra membri di religioni differenti, nel giugno 2018, il Dicastero per il Dialogo Interreligioso, attraverso il prefetto cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot e il segretario monsignor Indunil Janakaratne Kodithuwakku Kankanamalage, invia un messaggio di auguri a tutti i fedeli indù che nel mondo il 12 novembre celebrano la festa di Deepavali.
Cristiani e indù, diventare artigiani della pace
Commentando le parole di Francesco, i vertici del Dicastero della Santa Sede sottolineano che “spetta alle religioni e ai responsabili religiosi sforzarsi di incoraggiare i loro seguaci a essere persone la cui vita è plasmata dalla verità, dalla giustizia, dall'amore e dalla libertà”. Riferendosi così al tema scelto per il messaggio “Cristiani e indù: costruiamo la pace nella verità, nella giustizia, nell'amore e nella libertà”. “Come credenti e responsabili delle nostre rispettive religioni - prosegue il testo del messaggio - con convinzioni comuni e un senso di responsabilità condivisa per il benessere dell'umanità, possiamo noi, cristiani e indù, sforzarci sinceramente di diventare artigiani della pace”. Inoltre “unendoci ai seguaci di altre tradizioni religiose e a tutte le persone di buona volontà, possiamo lavorare insieme per costruire il nostro mondo sulle fondamenta durature della verità, della giustizia, dell'amore e della libertà, in modo che tutti possano godere di una pace autentica e duratura!”
Messaggio ai "cari amici indù"
Nel messaggio che si apre con un saluto ai “cari amici indù”, il cardinale Ayuso e monsignor Kankanamalage auspicano che Dio, “Luce suprema”, possa “illuminare i vostri cuori e le vostre menti, benedire le vostre case e i vostri quartieri e riempire le vostre vite di pace e felicità!”. E sviluppano poi una breve riflessione sull’insegnamento dell’Enciclica Pacem in Terris di san Giovanni XXIII, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario, che nel 1963, “quando il mondo era profondamente turbato e sull'orlo di una guerra nucleare”, lanciò “un appello tempestivo, appassionato e quanto mai necessario ai capi e ai popoli del mondo affinché lavorassero insieme per la pace, esortandoli a trovare soluzioni amichevoli ai problemi in uno spirito di fiducia reciproca, attraverso il dialogo e i negoziati”.
La Pacem in terris e il rispetto della dignità trascendentale delle persone
E ricordano le parole profetiche di Papa Roncalli: “La pace non è che una parola vuota se non poggia su... un ordine fondato sulla verità, costruito sulla giustizia, nutrito e animato dalla carità, e attuato sotto gli auspici della libertà”. Nelle successive riflessioni “sulla costruzione della pace nella verità, nella giustizia, nell'amore e nella libertà”, il messaggio sottolinea che la Pacem in terris ha dato origine, negli ultimi sessant'anni, “a una maggiore consapevolezza tra le persone di tutto il mondo - anche se in misura diversa - della necessità di rispettare la dignità trascendentale delle persone, i loro diritti legittimi e la loro responsabilità condivisa di operare per il bene comune in uno spirito di solidarietà”.
Una profezia di pace "che rimane un sogno lontano"
Il documento di san Giovanni XXIII, si legge nel messaggio, ha anche “dato vita a movimenti che si impegnano con passione nella protezione e nella difesa dei diritti umani e nella promozione della pace attraverso il dialogo e il negoziato”. Ma purtroppo “la piena realizzazione della sua profezia di pace rimane un sogno lontano, che può essere realizzato solo attraverso sforzi di collaborazione da parte di uomini e donne di ogni tradizione religiosa e di tutti i settori della società” che devono progredire. I vertici del Dicastero per il Dialogo Interreligioso sottolineano poi che le iniziative di promozione della pace e del bene comune universale “non devono cedere al pessimismo, allo scoraggiamento e alla rinuncia”, anche davanti a casi di “disprezzo della dignità umana, dalla negazione o dalla limitazione dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini, compresi i diritti religiosi, dall'intolleranza e dall'odio, dall'ingiustizia e dalla discriminazione”.
Famiglia, scuola e media ispirino il desiderio di pace
Verità, giustizia, amore e libertà, sono insisteva anche san Giovanni Paolo II nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2003, "condizioni essenziali per la pace" e "pilastri fondamentali della pace" e quindi, si legge ancora nel messaggio, “come credenti, dobbiamo esprimere la nostra aspirazione alla pace attraverso sforzi coerenti e concordati, fondati su una fedeltà incrollabile a questi pilastri”. Per questo motivo, conclude il testo, “le famiglie, guidate dall'esempio dei genitori e degli anziani, così come le istituzioni educative e i media, dovrebbero svolgere un ruolo preminente nell'ispirare il desiderio di pace e nell'insegnare i valori che costruiscono la pace negli uomini e nelle donne di ogni età”.
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