Nuove ricerche e nuove prospettive sull’Inquisizione Romana
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
È in corso, fino al 24 novembre, il simposio internazionale “L’Inquisizione romana. Nuove ricerche, nuove prospettive”, organizzato dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche, in collaborazione con il Dicastero per la Dottrina della Fede, l’Istituto Storico italiano per l’Età moderna e contemporanea e l’Istituto Centrale per i Beni sonori e audiovisivi. Quest’ultimo, ha anche offerto la sede dove si svolgono i lavori, al pianoterra del Palazzo Mattei di Giove. Ventisette relazioni di studiosi provenienti da università e istituti di ricerca italiani e stranieri ripercorrono la storia dell’Inquisizione Romana, dalla sua istituzione, da parte di Paolo III nel 1542 con la bolla Licet ab initio, scivolando attraverso il tempo fino al secolo scorso, con Pio XII. L’obiettivo è tracciare una storia aggiornata del Sant’Uffizio che nel 1965, alla fine del Concilio Vaticano II, per volere di Paolo VI, che ne ridefinì competenze e struttura, fu chiamata Congregazione per la Dottrina della Fede e ancora nel 2022, con la promulgazione voluta da Papa Francesco della costituzione apostolica Praedicate Evangelium, nel 2022, divenne Dicastero per la Dottrina della Fede.
La giornata si è aperta con i saluti delle autorità, Giuseppe Parlato, commissario straordinario dell’Istituto Storico Italiano per l’Età moderna e contemporanea, Antonello de Berardinis, direttore dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi, il professor Marek Inglot, SJ, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche e del cardinale Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, presidente della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale.
Aprire gli archivi al servizio della verità
Il cardinale Fernández, durante il suo saluto, ha ricordato il suo predecessore, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, che nel gennaio 1998 rese libera la consultazione dell’Archivio del Santo Uffizio. Gli studi, durante questo quarto di secolo, hanno dimostrato che c’è ancora molto da fare, soprattutto riguardo l’epoca moderna. L’impegno del Dicastero per la Dottrina della Fede è quindi quello di essere al servizio della verità storica, perseguita anche attraverso la digitalizzazione del suo archivio. “Non abbiamo paura di aprire gli archivi al servizio della verità”, dice il cardinale, concludendo con la citazione di alcuni passi tratti dall’Evangelii gaudium: “Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce". E ancora dalla stessa esortazione apostolica di Francesco: "L’unico modello per valutare con successo un’epoca è domandare fino a che punto si sviluppa in essa e raggiunge un’autentica ragion d’essere la pienezza dell’esistenza umana, in accordo con il carattere peculiare e le possibilità della medesima epoca (Romano Guardini)".
Un’obiettiva ricerca storica
“C’è un nuovo amore verso la verità”, afferma Fernández ai microfoni di Radio Vaticana - Vatican News, “infatti - prosegue - in questo mondo tutti vogliamo conoscere la verità di tutto, e alle volte anche troppo, così arrivano quelle che chiamiamo chiacchiere, i pettegolezzi, ma dietro tutto questo esiste un valore che consiste proprio nel desiderio di conoscere la verità e non le diverse opinioni - perché oggi nelle reti sociali troviamo di tutto e alle volte è molto difficile sapere che cosa sia vero e cosa no - e tutti parlano come se fossero specialisti. Non è molto facile scorgere la verità su un fatto, su un problema. In questo gli storici hanno una mente per così dire più pulita, perché ricercano sempre obiettivamente la verità anche con l’ausilio di risorse scientifiche che conferiscono una serietà importantissima al loro lavoro. E per questo motivo convegni come questo sono per noi sempre molto importanti”.
Alla domanda se alla ricerca della verità si debba affiancare la misericordia, il prefetto risponde che “quando non si sa qual è la verità è molto difficile sapere come potrebbe essere un atteggiamento di misericordia. La misericordia si pone di fronte a una realtà, a qualcosa che si conosce, che sa di cosa si sta parlando. Perché non si può avere misericordia verso un'astrazione, ma sempre verso una realtà che si è conosciuta ed è stata valutata”.
Nuove acquisizioni su Pio XII
Il professor Agostino Borromeo, già professore all’Università "Sapienza", membro del Pontificio Istituto di Scienze Storiche - noto per aver coordinato l'organizzazione del primo simposio internazionale sull’inquisizione nel 1998, anno in cui, come si è già accennato, è stato aperto agli studiosi l'Archivio Storico della Congregazione per la Dottrina della Fede - è di nuovo l’ideatore e l’organizzatore dell’attuale convegno. Il professore ne spiega le ragioni e gli obiettivi: “Il punto di partenza dell’iniziativa è che cade proprio in questi giorni il venticinquesimo anniversario dell'apertura dell'Archivio di quella che venticinque anni fa si chiamava Congregazione per la Dottrina della Fede, ma che era l'erede della Congregazione dell'Inquisizione, fondata nel 1542. Fu un avvenimento storico. Perché quell'archivio è rimasto chiuso per quattro secoli e quindi l'apertura, l'accesso agli studiosi, che fino ad allora non si era potuto conseguire, ha dato una svolta agli studi sull'inquisizione. Lo scopo della presente iniziativa è molto semplice, rispondere alla domanda: in questi venticinque anni cosa è stato trovato che non sapevamo? E soprattutto: abbiamo trovato qualcosa che ha cambiato la nostra visione sia nel piccolo che nel grande, rispetto a quello che sapevamo prima?”.
Il convegno svelerà una serie di informazioni mai conosciute prima sul personale del Tribunale, su chi lo componeva, su certe politiche antiereticali seguite inizialmente che poi in seguito furono abbandonate. Su altri argomenti, la documentazione consente di approfondire aspetti di cui si aveva solo qualche vaga informazione. “Aggiungo - dice il professor Borromeo - che in questi venticinque anni si è anche aperta un'ulteriore parte dell'Archivio secondo un procedimento che segue la Santa Sede, ma che segue anche lo Stato italiano, per cui questo è il primo convegno in cui si parlerà di Pio XII, perché soltanto da qualche anno è stata aperta una parte della documentazione sul pontificato di Papa Pacelli. Quindi noi possiamo apprendere cose totalmente nuove, mai conosciute prima. Non sarà la scoperta dell'America, però certamente, per quello che riguarda la tutela della fede che allora si chiamava Sant'Uffizio, sono elementi nuovi di un pontificato sul quale ancora ci interroghiamo.
Tribunale dell'Inquisizione e poteri “statali”
“Il Tribunale dell'Inquisizione per definizione era un tribunale ecclesiastico” - nota il professor Borromeo - “e si chiamava in questo modo perché, rispetto alla giustizia medioevale - l'inquisizione medievale risale al XIII secolo - il metodo di indagine era cambiato proprio in relazione al delitto che si doveva combattere: l'eresia. Il giudice, fino ai secoli prima, aspettava la denuncia. Se non c'era denuncia non si perseguiva. Si prese coscienza che l'eresia è un delitto grave che bisogna indagare e quindi il giudice, attraverso un pubblico ministero, si mise alla ricerca degli eventuali eretici. Questo capovolse completamente il riferimento politico. È molto semplice: tutto è nella fede, perché parliamo ancora di un'Europa interamente cattolica, tranne la parte ortodossa” - continua Borromeo - “Il potere statale era consapevole che l'unità dello Stato era basata sulla fede e quindi aveva interesse, tranne casi specifici, ad aiutare e sostenere la Chiesa nella sua lotta agli eretici che erano visti come ribelli alla Chiesa e come tali, potenzialmente ribelli anche alla società e allo Stato”.
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