Papa Luciani e quella ricca biblioteca itinerante “testimone della sua santità”
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
È da quei libri ingialliti o rilegati in pelle rossa – dalla Divina Commedia alla Storia della letteratura italiana, dai saggi sulla pedagogia ai compendi di teologia orientale -, consumati con una lettura onnivora, con appuntate a margine delle pagine piccole note, X, punti di domanda, che è possibile approfondire, se non proprio ricostruire, la personalità di Papa Albino Luciani, quel Giovanni Paolo I, Pontefice per soli 33 giorni, che Francesco ha elevato lo scorso anno agli onori degli altari. E se ci sono tracce della sua santità vanno ricercate proprio in questa ricca raccolta di volumi che va dal 1912 al 1978 e che la Fondazione vaticana Giovanni Paolo I – Albino Luciani, grazie anche ad un accurato lavoro di ricerca svolto soprattutto della vice presidente Stefania Falasca, ha cercato di recuperare per evitare la dispersione tra le trame del tempo e renderla fruibile al pubblico. Obiettivo per il quale è stato firmato questa mattina, 24 novembre, un protocollo d’intesa tra la stessa Fondazione e la Pontificia Università Gregoriana, che con Luciani - il quale dell’Ateneo ne fu alunno - ha “un legame profondo e ben radicato”, come ha ricordato il rettore padre Mark Lewis.
Edizione critica dell'opera "Illustrissimi"
Proprio la Gregoriana ha ospitato oggi il convegno Il magistero di Giovanni Paolo I alla luce della sua biblioteca, appuntamento che prosegue il cammino iniziato dal convegno del maggio 2022 sul magistero di Luciani alla luce delle carte d’archivio e che si svolge in occasione della pubblicazione dell’edizione critica dell’opera del Pontefice veneto Illustrissimi (1976). Quella che, ha detto il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, presidente della Fondazione e ospite principale del convegno, viene “considerata il suo testamento umano, spirituale e pastorale”, che viene oggi presentata per la prima volta in edizione critica.
Viaggio nella biblioteca del Papa
Il convegno, però, è stato anche un viaggio di immersione dentro a quegli oltre mille volumi dei 5 mila che componevano la biblioteca del Papa beato. Una biblioteca “che sfugge a definizioni”, tanta è la vastità degli interessi di Luciani che abbracciavano anche il cinema, materia “vista spesso con sospetto dal mondo ecclesiastico”, o anche la produzione di autori atei, ai quali lui si rivolge in Illustrissimi. I presenti in sala hanno potuto ammirare questa raccolta con un suggestivo video, dal titolo Ex Libris Albino Luciani: la Biblioteca ritrovata, realizzato dalla giornalista Teresa Tseng Kuang Yi all’interno dell’Archivio storico e Biblioteca diocesana Benedetto XVI – Patriarcato di Venezia. Fotogrammi e riprese che hanno permesso di addentrarsi nella “officina di lavoro” di Luciani, ha sottolineato Falasca, editorialista di Avvenire e vice postulatrice della causa di beatificazione di Giovanni Paolo I: “Vogliamo portarvi in questa biblioteca ricchissima, un bagaglio culturale e personale, portato con sé in tutte le sedi, fino all’appartamento pontificio in Vaticano”.
I libri per capire Luciani a 360 °
Dalle opere consumate da “ragazzo che si approcciava alla vita” nella Biblioteca parrocchiale di Canale d’Agordo, fino ai tomi consultati come vescovo di Vittorio Veneto, patriarca di Venezia e poi Pontefice della Chiesa universale, i libri hanno infatti sempre seguito Albino Luciani e oggi, in questa prima catalogazione (si prevede un raddoppio, hanno annunciato i relatori), ne mostrano la profondità teologica, spirituale, ecclesiale e pastorale, come pure lo sguardo sui temi dell’attualità, quali la guerra o il dibattito sulla procreazione. “La biblioteca del Beato Luciani è la custode e la testimone della santità di questo Papa. Ciò che conosciamo ci aiuta a capire di più questo Papa a 360 gradi”, ha affermato il professor Ottavio Bucarelli, direttore del Dipartimento Beni Culturali della Chiesa. Non a caso, durante la beatificazione in Piazza San Pietro del 4 settembre 2022, la reliquia scelta è stata un manoscritto: “Note incastonate in un’architettura che dà il senso della sua vita, del suo pensare”, ha detto Bucarelli.
Apertura al pubblico
Il fine, come detto, è di non “musealizzare” questo patrimonio: “Il lavoro di catalogazione è tecnico ma proiettato alla futura fruizione dei volumi”, ha spiegato Diego Sartorelli, direttore dell’Archivio storico e Biblioteca diocesana Benedetto XVI. La volontà è di far riscoprire il pensiero quanto mai attuale di “uno dei Pontefici più brillanti del XX secolo”, come lo ha definito Falasca. “Intendiamo nuovamente prestare attenzione alla sua voce, a ciò che egli vuole dirci, entrare in colloquio con lui. Vorrei rilevare che il fatto stesso di trovarci qui mossi dall’interesse per i suoi insegnamenti, che molto dicono ancora nel presente, e approfondire il suo magistero indica un cammino che è iniziato ma progredisce e va avanti”, ha fatto eco il cardinale Parolin, rammentando “il fondamentale lavoro di ricerca” svolto per oltre un decennio dalla Causa di canonizzazione ai fini dell’acquisizione delle fonti, del quale si è fatta erede la Fondazione.
L'"arte del porgere"
Nei tre anni dalla istituzione per volontà del Papa nel 2020, l’organismo ha compiuto “passi fondamentali”, ha rilevato il segretario di Stato, per predisporre le basi che consentono di favorire a livello internazionale la ricerca, gli studi, l’approfondimento e al tempo stesso ha contribuito alla divulgazione del messaggio e dell’esemplarità del beato Albino Luciani, maestro, come gli antichi Padri della Chiesa, della sapiente ‘arte del porgere’, del parlare a tutti, affinché a tutti possa giungere comprensibile il messaggio della salvezza”.
Una comunità caleidoscopica di personaggi
Ne è esempio proprio l’originale raccolta di lettere immaginarie di Illustrissimi, un lascito ancora attuale in cui, ha detto Falasca, “la voce di san Tommaso d’Aquino si trova unita a quella di Gargantuà, quella di sant’Agostino a Sancio Panza o quella di san Francesco di Sales a Pinocchio, accanto a un affollato caleidoscopio di personaggi storici, pittori, scultori, registi, giornalisti, poeti e autori di ogni epoca”, appartenenti alla letteratura classica latina e greca, o a quella italiana, tedesca, castigliana, francese, russa, inglese.
A questa “comunità di personaggi” Luciani si rivolge come “destinatari vivi”, ha evidenziato la professoressa Cristiana Lardo dell’Università di Roma Tor Vergata nel suo intervento: “Tutti rappresentano il tramite dell’assunzione di responsabilità nei confronti del mondo di un vescovo, poi Papa, poi Beato: con loro Luciani nelle lettere parla di contemporaneità, ma anche di anima e spesso di sé, mettendosi in relazione con ognuno”.
La scelta del "sermo humilis", il voler parlare a tutti
Illustrissimi – ha rimarcato Falasca - è soprattutto l'emblema della “scelta del sermo humilis”, la scelta cioè di voler parlare a tutti, attraverso il modulo espressivo di una Chiesa che vuole essere amica degli uomini del suo tempo. “Le scelte retoriche e di contenuto peculiari di Illustrissimi permettono di illuminare i modi con i quali Albino Luciani ha inteso dare voce alle sue priorità pastorali rivolgendosi a un pubblico ampio e variegato”, ha rilevato il professor Gilfredo Marengo, vicepreside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II di Roma. “Quest'opera – ha aggiunto - è altresì caratterizzata dalla preoccupazione di smarcarsi dal contesto ‘polarizzato’ della prima stagione post-conciliare, al fine di offrire a chiunque un'esposizione lineare, ragionevole e condivisibile del patrimonio della fede cristiana e della sua capacità di leggere il tempo presente”.
E il parlare di sermo humilis ha suscitato ricordi personali nel cardinale Parolin che, a conclusione dell’evento, ha rammentato quando lui, giovane seminarista, ascoltava “con vivo interesse” il patriarca Luciani e leggeva le sue lettere che lo “coinvolgevano molto”. Sentimenti che il porporato auspica possano nascere anche nelle nuove generazioni grazie a questa edizione critica, la cui lettura “sarà utile ai nostri contemporanei”.
Preghiera, lettura, canto, musica
Il convegno si è concluso con un'Ave Maria recitato da Parolin e da tutti i presenti per i drammi che in questo momento si registrano in Israele e Palestina. Gli interventi sono stati intervallati da momenti di musica con la lettura di alcuni brani di Illustrissimi da parte della giovane Luisa Andreazza, accompagnata dall’arpa di Cecilia Francesca Romana Valente e la voce cristallina di Francesca Polenta.
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