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La Lectio Petri nella basilica vaticana La Lectio Petri nella basilica vaticana

Il carcere al centro della terza “Lectio Petri”: un'altra possibilità per chi ha sbagliato

Nella Basilica vaticana, ieri sera, un nuovo appuntamento del ciclo d’incontri Lectio Petri promosso dal “Cortile dei Gentili” e dalla Fondazione Fratelli tutti. Titolo dell'incontro: "Il re Erode fece catturare Pietro e lo gettò in carcere”. Ospiti le giornaliste Gaia Tortora e Francesca Fagnani

Marina Tomarro - Città del Vaticano

“Il carcere dovrebbe essere il luogo dove si riedifica la giustizia, ma spesso è un posto dove la persona viene ulteriormente umiliata, tanto che alla fine si compie un’ulteriore ingiustizia. Ecco perché diventa necessaria una riflessione sul carcere, non come luogo di desolazione infernale ma come possibile e faticosa resurrezione della persona”. Così il cardinale Gianfranco Ravasi, fondatore del “Cortile dei Gentili”, ieri sera nella Basilica di San Pietro, ha spiegato il tema del terzo incontro delle Lectio Petri promosse dal “Cortile dei Gentili” e dalla Fondazione Fratelli tutti:  "Il re Erode fece catturare Pietro e lo gettò in carcere” La serata è stata aperta dal saluto del cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica Papale di San Pietro. Mentre a dar voce ad alcune pagine degli Atti degli Apostoli è stata l’attrice Beatrice Fazi.

Il cardinale Gambetti e il cardinale Ravasi
Il cardinale Gambetti e il cardinale Ravasi

Giustizia umana e giustizia divina

“La persona nella società è sottoposta ad una giustizia umana – ha spiegato il cardinale Ravasi – con regole che a volte dovrebbero essere meglio corrette, tanto che oggi si parla anche di una giustizia riparativa, cioè che non percorre solo il cammino burocratico dei tribunali, ma favorisce anche un dialogo tra la vittima e il colpevole, quando possibile, in modo che ci sia un incontro tra due volti. E poi c’è la giustizia divina, in cui il torto subito viene affidato allo sguardo di Dio,  colui che vede "il cuore" e "i reni” , cioè la profondità interiore della coscienza. In questa luce la fede introduce qualcosa di oltre alla pura e semplice giustizia umana”

Ascolta l'intervista al cardinale Gianfranco Ravasi

La giustizia che sbaglia: il caso Tortora

A parlare di giustizia era presente anche la giornalista Gaia Tortora, che ha ripercorso le vicende giudiziarie del padre Enzo, famoso presentatore televisivo della trasmissione “Portobello”, ingiustamente arrestato la notte del 17 giugno 1983, con l’accusa di traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico. Tortora, rimase in carcere sette lunghi mesi, alla fine dei quali ottenne gli arresti domiciliari. Il 15 settembre 1986 fu finalmente assolto con formula piena dalla Corte d'appello di Napoli, e i camorristi che lo avevano accusato furono processati per calunnia.

Una pagina nera della giustizia. “Mio padre era un uomo molto amato – ha raccontato la giornalista – era un uomo perbene, amava il suo lavoro, aveva come unico vizio, se di vizio si può parlare, quello di leggere continuamente, credeva profondamente nelle istituzioni, ed è finito in un terribile errore di macelleria giudiziaria, con persone che hanno visto bene di peggiorare la situazione piuttosto che aiutarlo ad uscirne. Ne è uscito stritolato e distrutto tanto da dirci spesso: io sono fuori dal carcere, ma lui non uscirà mai da me”.

Durante quei terribili mesi, Tortora si fece forza pensando alla famiglia che lo attendeva fuori, e per non perdere il contatto con la quotidianità della sua vita abituale, scriveva alle figlie Silvia e Gaia molte lettere. “Il mio papà ci ha lasciato tantissime lettere – ha ricordato Gaia Tortora – lui era molto noto e questo ha comportato che tante sue cose da private diventassero pubbliche, però ci sono alcuni ricordi che  custodisco solo per me, ho bisogno di questo. Infatti più cresco e sempre maggiormente apprezzo mio padre.  Si trovò in una situazione allucinante, dove devi avere una grandissima forza di resistenza, e io so che per lui noi abbiamo rappresentato un’ancora di salvezza. Attraverso le lunghissime lettere che ci spediva, oltre che della sua vicenda giudiziaria, ci parlava della vita quotidiana. Ci chiedeva come andava la scuola, se litigavamo con mia sorella, voleva sapere dei nostri fidanzati. Lui cercava di conservare quella normalità, pur nella tragedia, per far si che in qualche modo mantenessimo anche noi una strada dritta, evitando di sbandare nella situazione complicata che tutti ci ritrovavamo a vivere”.

Ascolta l'intervista a Gaia Tortora
Le giornaliste Francesca Fagnani e Gaia Tortora
Le giornaliste Francesca Fagnani e Gaia Tortora

Reinserire i detenuti per non farli cadere di nuovo

Insieme a Gaia Tortora era presente anche la giornalista e conduttrice televisiva Francesca Fagnani, che ha affrontato lo spinoso tema del reinserimento dei detenuti nella società civile una volta scontata la pena. “Il carcere deve rieducare chi ha sbagliato – ha sottolineato – affinchè sia in grado di reinserirsi nella società. Trascorrere la giornata in branda senza fare nulla non aiuta a diventare persone migliori. Oggi il reinserimento di queste persone o è affidato a privati, ma non sempre le cose vanno per il verso giusto, oppure alla buona volontà di imprenditori generosi che aprono le porte delle loro aziende al sociale. Ma dovrebbero essere le istituzioni a trasformarsi in welfare, e a occuparsi di loro in maniera sistematica, perché solo così chi esce ha possibilità di condurre una vita differente e non ricadere negli stessi errori”.

Ascolta l'intervista a Francesca Fagnani
Il cardinale Ravasi con padre Francesco Occhetta
Il cardinale Ravasi con padre Francesco Occhetta

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24 gennaio 2024, 18:05