Quando nel letto del Papa nacquero 36 bimbi scampati alle bombe
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
Una testimonianza dello zelo, dello spirito e della volontà di Pio XII nei confronti dei profughi di guerra, senza distinzione di sesso, religione, credo politico. La mostra “Castel Gandolfo 1944” presentata questa mattina alla stampa vuole ricordare il “lungo inverno” del 1944 quando le Ville Pontificie e la Villa estiva di Propaganda Fide arrivarono ad ospitare 12mila persone in fuga dalla guerra e dai bombardamenti che stavano pesantemente colpendo i Castelli Romani.
Sotto l’ala protettrice della Santa Sede
Prendendo la parola durante l’inaugurazione il Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, cardinale Fernando Vérgez Alzaga ha fatto memoria di quei mesi scanditi da “dolore, distruzione, lutti, che trovarono eco nel cuore di Papa Pacelli”. Si deve all’allora Pontefice infatti se “il 25 gennaio 1944 le Ville Pontificie aprirono i cancelli” soccorrendo coloro che cercavano rifugio e riparo “sotto l’ala protettrice della Santa Sede, creduta inviolabile”.
La città dei profughi
Tuttavia accadde l’incredibile e quella speranza fu infranta appena quindici giorni. Le bombe infatti colpirono anche il territorio extraterritoriale, fino a quel momento ritenuto il luogo più sicuro e per questo trasformatosi in pochi giorni una “città di profughi” ospitati in stanze, saloni, scalinate, tende baracche e capanne allestite all’impronta tra le fontane e i roseti dei lussureggianti giardini. Tutto era stato reso possibile grazie al coordinamento predisposto per volere del Papa da monsignor Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI e dal direttore delle Ville Pontificie, Emilio Bonomelli.
Da ricovero di speranza in luogo di dolore
“Il ricovero di speranza si trasformò in luogo di dolore”, ha ricordato il porporato: “Il 10 febbraio 1944, verso le 9.15”, “i bombardieri americani sganciarono i loro ordigni sul Collegio di Propaganda Fide e su Villa Barberini. Il numero delle vittime non venne mai calcolato esattamente, ma si stima morirono più di 500 civili”. Tra loro famiglie e anche religiose e religiosi.
“La guerra non conosce confini e giustizia” ha detto il cardinale Vérgez Alzaga ricordando la distruzione del convento delle Clarisse e quello delle Basiliane nel territorio extraterritoriale delle Ville Pontificie in cui morirono 16 monache claustrali. Come dimenticare poi il giovane Bovi, autista vaticano mitragliato dal cielo a La Storta, mentre era in viaggio di approvvigionamento per conto delle Ville Pontificie alla fine di maggio?
I "senza nome", vittime innocenti
“C’è una foto iconica”, ha osservato nel suo intervento il curatore della mostra Luca Carboni dell’Archivio Apostolico Vaticano, “è la foto di una bimba con la testa fasciata. Per decenni è rimasta volontariamente senza nome, oggi, nel giorno in cui il presente rende memoria e omaggio al passato, sono autorizzato a dare un nome a quella bimba, che morì pochi giorni dopo lo scatto della foto, si chiamava Fernanda Scalchi e aveva 4 anni. Vorrei dedicare questa mostra a tutti i “senza nome”, ai quali neanche gli archivi possono rendere giustizia, perché non hanno neanche la dignità di avere il nome scritto su un pezzo di carta,sia esso un atto di nascita o di morte, e a tutte le piccole Fernanda, e al dolore innocente, sul quale non ho risposte”.
Le stanze del Papa trasformate in ospedale
Le bombe non fermarono la sollecitudine del Papa per gli ultimi e i più vulnerabili: “La Villa – ha proseguito il presidente del Governatorato - si trasformò in ospedale improvvisato per curare i feriti: la carità di Pio XII giunse perfino a dare disposizioni perché le stanze più riservate e il suo stesso appartamento venissero destinati ad accogliere i rifugiati. Nella camera da letto del Papa in quei mesi nacquero ben 36 bambini, tra cui due gemelli, a cui i genitori diedero i nomi di Eugenio Pio e Pio Eugenio in onore del Papa”.
“Fu un anno drammatico, ma anche di speranza”, ha detto nel suo intervento durante la conferenza stampa il direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta: “tanti i bambini nati nel letto del Papa. La mostra racconta le migliaia e migliaia di sfollati che sono stati accolti, nutriti e rassicurati dentro le mura di quei luoghi che con i Trattati Lateranensi erano a tutti gli effetti territori della Santa Sede, neutrali al conflitto bellico che dilaniava l’Europa, ma partecipi del dolore e della drammaticità del periodo”.
Exsul familia, magna charta del pensiero della Chiesa sui migranti
Dopo quelle giornate drammatiche, con l’inizio degli sfollamenti, Pio XII dispose la costituzione della Pontificia Commissione di Assistenza dei profughi. Sono rimaste famose le parole dell’allora Successore di Pietro ai profughi di guerra rifugiati in Roma del 12 marzo 1944. In mostra sono riprodotte nel loro audio originale e nel testo con le correzioni autografe. Con la stessa sollecitudine, terminate la guerra, nel 1952 quando in Europa si contavano circa 12 milioni di sfollati, Pio XII pubblicò quella che il Presidente del Governatorato ha definito oggi la “magna carta del pensiero della Chiesa sulle migrazioni”: la Costituzione apostolica Exsul familia sulla cura spirituale degli emigranti.
Oggi come ieri. La sollecitudine del Papa per la pace
Non solo un’impeccabile ricostruzione storica basata su un’attenta selezione di documenti d’archivio, la mostra di Castel Gandolfo offre anche uno spaccato di incredibile attualità: mentre il Vecchio Continente era alle prese con la ricostruzione materiale delle città e con una difficile ripresa economica infatti “il Papa invitava ad accogliere stranieri, esuli e rifugiati”. “Come non ricordare – ha chiesto il cardinale Vérgez Alzaga – la preoccupazione i Papa Francesco per i migranti? Basti ricordare il monito ripetuto più volte a non far diventare il Mar Mediterraneo un cimitero di migranti e i suoi continui e pressanti appelli per la pace in Ucraina e nel Medio Oriente”.
All’inaugurazione dell’esposizione erano presenti anche alcune persone che vissero in prima persone gli eventi di 80 anni fa. Con loro anche il segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano suor Raffaella Petrini e il direttore delle Ville Pontificie Andrea Tamburelli e il curatore Luca Carboni dell’Archivio Apostolico Vaticano. Al termine della presentazione dell’esposizione si è svolta l’annuale Marcia della Pace in memoria delle vittime del bombardamento del 10 febbraio 1944.
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