Jatta: Paolucci, una capacità di raccontare l’arte che ammaliava
Barbara Jatta
Con la scomparsa di Antonio Paolucci se ne va una parte della storia dei Musei Vaticani. Un raffinato storico dell’arte che ha dedicato tutta la sua vita a studiare, curare, valorizzare e divulgare il bello, l’arte e la nostra cultura.
Come nessun altro Antonio Paolucci sapeva ammaliare con i suoi discorsi. Ci sono persone che hanno il dono della parola e lui era il re di quella categoria. Chiunque lo abbia ascoltato non può che confermare la sua profonda conoscenza delle cose d’arte ma soprattutto la capacità che aveva di raccontarle, incantando e avvolgendo con le sue parole che uscivano, naturalmente affascinanti, dalla sua bocca.
Ricordo un giorno ad Urbino quando, durante la presentazione di un volume sulla storia della Biblioteca Vaticana, intrattenne l’oratorio sulla partenza della celebre e preziosissima Biblioteca Urbinate alla volta del Vaticano, alla metà del Seicento. Tutti noi presenti grazie alle sue parole eravamo trasportati in quella brumosa mattina di secoli prima quando i carri lasciarono la cittadina marchigiana, per la volontà di papa Alessandro VII Chigi, e ci sembrava di essere lì e prendere parte al lungo viaggio e alla disperazione di quel trasferimento.
Antonio Palucci ha dato tanto al Vaticano e ai suoi Musei.
Direttore per oltre nove anni, dal 2007 al 2016, ha contribuito alla loro modernizzazione sotto tanti aspetti. Riteneva che i musei fossero una complessa e meravigliosa “macchina culturale”, sempre in movimento, dalla mattina all’alba fino a notte fonda.
Merito di Antonio Paolucci è stato anche quello di sviluppare i settori della tutela, della conservazione e del restauro che lo avevano visto impegnato nei suoi precedenti incarichi nelle sovrintendenze italiane (Venezia, Verona, Mantova e Firenze) e quale Direttore dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, comprendendone il ruolo fondamentale nella gestione di un museo così come per il territorio.
Negli anni della sua direzione ha fondato l’Ufficio del Conservatore dei Musei Vaticani delineando una nuova figura professionale e sviluppando quella Manutenzione preventiva che è diventata, grazie alla sua visione, ormai imprescindibile per la gestione del nostro patrimonio culturale.
Importanti cantieri di conservazione e restauro sono stati realizzati nei suoi anni ai Musei: la climatizzazione ed illuminazione della Cappella Sistina, ultima operazione compiuta in quel luogo universale dopo il restauro di Colalucci e della sua equipe, la Galleria delle Carte Geografiche, il Magnifico spasseggio di Gregorio XIII, la Galleria dei Candelabri del Museo Pio Clementino, il neoclassico Braccio Nuovo del Museo Chiaramonti, luogo canoviano per eccellenza, artista da lui amato in modo particolare.
E poi ancora il Raffaello delle Stanze, la potente e dolcissima Madonna di Foligno e tanti altri progetti sulle tante tipologie di opere conservate nei “musei” Vaticani, dalle mummie egizie, ai bronzi etruschi, dalla grande statuaria greco romana fino all’arte contemporanea di Hantai e Azuma.
L’esperienza acquisita nel lavoro in Italia, anche come Ministro dei Beni Culturali fra il 1995 e il 1996 - nel Governo tecnico di Lamberto Dini - e la Presidenza del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, sono stati preziosi per la visione d’insieme delle problematiche del nostro patrimonio culturale; esperienza che ha riportato nella Presidenza della Commissione Permanente per la Tutela dei Monumenti Storici e Artistici della Santa Sede, un ruolo delicato ed importante che ha gestito per anni con competenza e collegialità.
Uomo garbato, ma capace anche di sostenere fino in fondo le sue idee, è stato un modello per tanti colleghi e per tutta la direzione dei Musei Vaticani. Ho avuto il privilegio di affiancarlo, come suo vice-direttore dal giugno al dicembre del 2016 ricevendone solo insegnamenti saggi e competenti. Ho sempre pensato che operando nella sua scia non avrei sbagliato e così ho fatto da quando mi ha passato il testimone. Oggi tutti i Musei Vaticani lo piangono, ma sono anche consapevoli del privilegio che hanno avuto ad incontrarlo nella loro storia.
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