Donne artefici di umanità, l'attualità della testimonianza di alcune sante
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Il Convegno internazionale interuniversitario "Donne nella Chiesa: artefici dell'umano" che si tiene oggi 7 e domani 8 marzo presso la Pontificia Università della Santa Croce si era aperto in mattinata con le parole di Papa Francesco alle e ai partecipanti. Nel pomeriggio, l'inizio dei lavori veri e propri organizzati in tre Panel di cui protagoniste sono sei donne, religiose e laiche, che in differenti epoche e contesti socio culturali hanno portato avanti coraggiosamente la missione a cui si sentivano chiamate e che restano fonte di ispirazione per l'oggi. Sono Giuseppina Bakhita, Magdeleine di Gesù, Elizabeth Ann Seton, Maria Mackillop, Caterina Tekakwitha e Laura di Santa Caterina da Siena. La ricerca del dialogo e della pace, il superamento di ogni discriminazione o pregiudizio, la pratica del perdono, la cura verso i più svantaggiati, il riconoscimento della dignità di ogni essere umano, alcuni degli elementi in comune che dicono anche le caratteristiche dell'essere donne nella Chiesa.
Dignità, dialogo e pace
Il primo Panel ha per titolo: "Dignità, dialogo e pace". Suor Maria Carla Frison, direttrice dell'Archivio Bakhita di Schio, Vicenza, riassume i momenti più significativi della vita della santa sudanese suor Giuseppina Bakhita, vissuta tra il 1869 e il 1947 che, afferma, "ha sperimentato un'umanità ferita ma che poi è stata trasfigurata", tanto da usare sempre parole di stupore verso Dio per tutto quello che Lui aveva compiuto nella sua vita. Rapita e fatta schiava a 7 anni in un villaggio del Darfur, scopre l'umanità attraverso la disumanità. Di fronte agli orrori della schiavitù in lei nasce il sentimento della compassione più che di ribellione. Sperimenta umiliazioni e torture, ma sopravvive e arriva in Italia dove resterà per il resto della sua vita. Suor Frison riassume nel perdono il messaggio più profondo della sua vita. "È così bello perdonare", diceva. Santa Bakhita era consapevole della preziosità della sua vita e del dono ricevuto di conoscere il Signore, amava la natura in cui vedeva il Creatore. Anche prima di diventare cristiana "sperava in tempi migliori", e aveva scoperto che la sua voce interiore la guidava al bene. La sua è una testiomonianza di come l'amore supera ogni barriera e ogni differenza.
Della Piccola Sorella Magdeleine di Gesù, francesce, nata nel 1898 e morta 1989, parla la consorella Paola Francesca, incaricata della sua Causa di canonizzazione. Attratta fin da bambina verso i più poveri e disprezzati, afferma, Magdeleine sperimenta la differenza tra le classi sociali e la sua vita è segnata dalla prima guerra mondiale durante la quale muoiono due suoi fratelli. È colpita dalla vita di Charles de Foucault e quando si ammala di tubercolosi i medici le consigliano di "andare a vivere dove non cade una goccia d'acqua". Si trasferisce allora nel Sahara, a sud di Algeri. Il suo è un cammino di fiducia e di abbandono. Fonda la Fraternità delle Piccole sorelle di Gesù e la prima comunità nasce tra i nomadi. Con i musulmani sperimenta un rapporto di amicizia e di gratuità. In seguito fonda in tutto il mondo nuove comunità. Il suo carisma può essere sintetizzato in questa sua espressione: "Sarò felice soltanto quando avrò trovato sulla superficie della terra la tribù più incompresa, l'uomo più povero per dirgli: il Signore è tuo fratello e ti ha innalzato a lui e io vengo a te perché tu accetti di essere mio fratello e mio amico". "Era allergica ad ogni forma di barriere - prosegue Paola Francesca - , tutta la sua vita è stato andare oltre ogni tipo di divisione, fu costruttrice di pace e di unità nel riconoscimento della diversità come ricchezza. Sensibile e creativa ha messo le sue doti umane al servizio del Vangelo, osando andare oltre la mentalità del suo tempo per aprire nuove vie". All'umanità di oggi offre un messaggio di speranza, insegna a riconoscere la dignità di ogni persona, dice l'importanza dell'umanità di ciascuno e la possibilità di andare verso l'altro "disarmati" .
La carità dell'educazione
E' il tema del secondo Panel: la professoressa Susan Timoney della Catholic University of America, Washington, presenta suor Elizabeth Ann Seton (1774-1821), la prima donna ad essere canonizzata negli Stati Uniti. Dopo un'infanzia vissuta nella solitudine dopo la perdita della madre, si sposa e diventa madre di 5 figli. Da giovane frequenta la Chiesa evangelica e si dà da fare per aiutare il gran numero di poveri che vede intorno a lei. Trasferitasi in Italia si avvicina alla fede cattolica a cui più tardi aderisce. Vive la vedovanza e la povertà. Per andare avanti inizia a dare lezioni nella propria casa e l'educazione sarà la missione della sua vita. A lei si uniscono altre donne e nel 1813 fonda le Suore della carità di San Giuseppe il cui scopo era l'istruzione dei bambini indigenti. Il suo insegnamento si fonda sullo spirito di carità del Vangelo. Insegna alle sue suore il rispetto per le differenze tra i bambini, le prepara all'insegnamento, il suo desiderio era l'educazione di tutti i bambini in un'epoca in cui l'istruzione era riservata ai ricchi. Rifuggiva da qualsiasi forma di pregiudizio, puntando all'inclusione e ad una formazione integrale della persona. Questi, conclude Timoney, gli elementi di attualità della sua testimonianza.
Di santa Maria Mackillop, la prima santa australiana canonizzata da Papa Francesco nel 2010 traccia gli aspetti principali la professoressa Maeve Louise Heaney VDMF, dell'Università Cattolica Australiana, Campus di Brisbane. La santa lavora come istitutrice fin da giovane desiderando consacrare la sua vita a Gesù. E' pervasa dallo zelo per l'educazione. Sognava che si potesse offrire l'istruzione cattolica nella sua diocesi soprattutto per coloro che altrimenti non ne avrebbero avuta nessuna. Fonda le Sorelle di san Giuseppe del Sacro Cuore con questo obiettivo: "L'istruzione pia dei bambini i cui genitori si trovano a vivere in circostanze umili" e insieme alle consorelle costruisce una prima scuola a cui seguiranno altre in cui pratica l'istruzione gratuita. Al momento della sua morte si contano più di 600 suore Giuseppine in 106 case in diverse località in tutta l'Australia e la Nuova Zelanda. Ci teneva a preparare le insegnanti, era coraggiosa: denuncia un caso di abuso compiuto da un sacerdote in una delle sue scuole. Viene poco compresa nel suo operato ma dimostra equilibrio tra docilità e forza, tra obbedienza alla Chiesa e fedeltà alla regola della sua congregazione. La professoressa Heaney riassume l'attualità del suo messaggio nella scelta preferenziale per i poveri: fu profetico infatti, afferma, il suo desiderio che l'educazione fosse per tutti fidandosi della Provvidenza. E conclude: "La Chiesa ha bisogno di persone che abbiano il coraggio di rischiare e di fare qualcosa di nuovo".
La carità della preghiera
Due sante con vite in qualche modo simili vissute a circa 300 anni di differenza. Due sante della porta accanto, la prima in Colombia, la seconda negli Stati Uniti: sono le protagoniste del terzo Panel. La professoressa Melissa Miscevic Bramble, è director operations, Saint Kateri Tekakwitha National Shrine and Historic Site, USA. Interviene per presentare la santa nativa americana Caterina Tekakwitha (1656-1680): nata in una famiglia in cui la madre è una donna algonchina cristiana e il padre un capo irochese mohawk che segue la religione tradizionale, rimase parzialmente cieca a causa della varicella. Vive in un momento complesso e difficile per il Nord America dove francesi e inglesi attaccavano frequentemente i villaggi abitati dagli indigeni. Già a 13 anni Caterina viene sollecitata a trovare marito. Lei resisterà alle pesanti pressioni per abbracciare la vita religiosa. A 18 anni inizia la sua istruzione alla fede cattolica ad opera dei gesuiti. Quale il suo messaggio spirituale? "Era una persona di grande bontà e umiltà - sottolinea la docente - pregava costantemente mentre lavorava. Aiutava i bambini e i poveri della sua comunità. Non faceva differenze di persone, su di lei c'erano delle riserve perché giovane e disabile, ma non permise che nessuno influenzasse la sua fede". Di fronte ad ogni difficoltà come epidemie e sconvolgimenti sociali e politici, la sua risposta era quella di dedicarsi sempre a Gesù e confidare in Dio e questo può essere il suo insegnamento anche in questa nostra epoca così complessa.
Infine tocca al professor Luis Martinez Ferrer parlare di santa Laura di santa Caterina da Siena (al secolo Maria Laura Montoya y Upeguí), la prima santa colombiana canonizzata da Papa Francesco nel 2013, fondatrice nel 1914, della congregazione delle Suore missionarie di Maria Immacolata e di Santa Caterina da Siena. Sposata, perde il marito che viene ucciso ma fa pregare i suoi figli per l'assassino del loro padre per gettare in loro semi di riconciliazione. Fu disprezzata da alcuni familiari, condusse un'infanzia di solitudine e dolore, subì traumi profondi. Divenne insegnante e la sua vita interiore fu molto intensa. Comprese che la sua missione era l'evangelizzazione degli indigeni, un progetto pieno di difficoltà, ma che condusse convinta delle proprie ispirazioni interiori. 450 le religiose della sua congregazione e 100 case al momento della sua morte. Contemplava Dio nel creato, sapeva perdonare e sentiva la spinta verso l'evangelizzazione delle periferie, come si direbbe noggi. Tutto nasceva dal suo rapporto con Dio. Come insegnante integrava l'insegnamento con la cura spirituale delle persone di cui si occupava. Viveva lo spirito di perdono e di riconciliazione. Molti gli spunti di riflessione a conclusione anche di questo ultimo Panel come l'approfondimento della teologia dei laici e della nuova evangelizzazione, la chiamata quindi a portare Dio nel mondo offrendo gratuitamente un messaggio di salvezza e testimoniando una vita coerente alla fede e un atteggiamento costruttivo anche in mezzo alle tante contraddizioni del nostro tempo.
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