Verso la Giornata mondiale dei bambini: davanti al miracolo della vita
di Antonio Tarallo
Una vita che nasce è un mistero tutto da esplorare: in un attimo, dopo tanta attesa, un bambino si affaccia al mondo; poi crescerà e andrà a scuola; vivrà amarezze e soddisfazioni, speranze, sogni, delusioni; lavorerà e sarà magari anche lui, lei, un domani, padre o madre. Tutto questo nasce in un solo attimo, nell’istante in cui il bambino si distacca dal grembo materno, anzi, per essere precisi, dal momento in cui viene tagliato il cordone ombelicale che lo aveva legato fino a poco tempo prima alla madre. In una sola parola: è questo il miracolo della vita.
Il viaggio alla scoperta del mondo dei più piccoli che L’Osservatore Romano propone in vista della prima Giornata mondiale dei bambini — indetta da Papa Francesco per il 25 e 26 maggio di quest’anno — comincia da qui: da dove tutto ha inizio. Per cercare di comprendere meglio questo prodigioso evento siamo entrati nel luogo eletto a far sì che tale “miracolo” si compia: un reparto ospedaliero di ostetricia.
Roma, Policlinico universitario “Agostino Gemelli”, reparto di ostetricia e patologia ostetrica, un polo d’eccellenza, un punto di riferimento per tutto il Centro e il Sud Italia: sono circa 4200 le nascite registrate in un anno, 1500 i ricoveri per gravidanza a rischio, 10 mila le entrate al pronto soccorso.
Già di prima mattina tutto è pronto per ricevere donne e uomini che da lì a poco saranno madri e padri. «Accogliere è il verbo più importante. Le donne che si rivolgono a noi per partorire devono sentirsi prima di tutto accolte», spiega Rosanna Miccoli, coordinatrice infermieristica della sala parto del Policlinico “Gemelli”: «Il momento del parto è assai delicato e reca sempre con sé un certo timore. È un momento bellissimo ma che allo stesso tempo incute paura. Andrà tutto bene? Ci saranno problemi durante il parto? Queste sono le domande che la maggior parte delle donne si pongono quando entrano qui. Far nascere un bambino per un’ostetrica — sottolinea la dottoressa — vuol dire affrontare sempre un momento di grande emozione e, allo stesso tempo, di grande responsabilità: l’ostetrica è consapevole di aiutare un bimbo a venire al mondo e sa anche di far nascere una nuova famiglia, di far nascere, cioè, assieme al bambino, un nuovo ruolo che è quello di mamma, di papà».
Sono tante le storie che si intrecciano ed è affascinante sentirle raccontare da donne che a loro volta sono madri. Il plurale è d’obbligo perché un nuovo parto è sempre un lavoro di équipe. Roberta Di Battista, dirigente del Servizio infermieristico tecnico riabilitativo aziendale, ha assistito a tante nascite e ci spiega che «ogni parto è unico, ogni situazione è diversa dalle altre», perché «ogni vita è unica». Ed è così che ogni donna ha dietro di sé la sua storia, così come ci descrive Serena Imperatori, coordinatrice infermieristica dell’Unità di patologia ostetrica, la quale tiene a precisare che, «oltre ai parti in cui le condizioni di salute della madre o del bambino non presentano problemi, ce ne sono molti che invece comportano situazioni complesse, difficili». Non sono poche le madri che soffrono di malattie oncologiche o di cardiopatie, per esempio. Davanti a queste delicate situazioni tuttavia il miracolo della vita prende il sopravvento: «Nella grande maggioranza dei casi il tutto si conclude bene», spiega il professor Antonio Lanzone, direttore dell’Unità operativa complessa di ostetricia e patologia ostetrica della stessa struttura sanitaria romana. Lanzone si sorprende come ogni volta che si presentino situazioni del genere ogni madre pensi «unicamente alla vita del nascituro, anteponendo sempre la vita del figlio alla propria».
Ultimo caso eclatante è quello di una donna con il cuore privo del ventricolo destro, la porzione di muscolo cardiaco che spinge il sangue verso i polmoni per ossigenarsi. Per questa particolare patologia, all’età di 4 anni era stata sottoposta a un’unica operazione per ricostruire un sistema di circolazione alternativo, detto di Fontan, che porta il sangue dalle vene cave direttamente ai polmoni, senza passare per il cuore. Quella bambina è divenuta da poco madre di due gemellini. Nel mondo si contano solo quattro casi di parto gemellare da mamma con il cuore univentricolare e circolazione di Fontan.
Davanti a una simile storia e alle innumerevoli che un reparto del genere può raccontare, si rimane in silenzio, in uno stupore contemplativo che tanto ricorda la meraviglia che si legge nello sguardo di un bambino. Un verbo semplice, naturale, quello del “nascere”, eppure dietro a esso un significato vastissimo — come ci ricorda Lanzone — perché «racchiude la storia dell’umanità: miliardi di volte l’uomo e la donna hanno deciso di nascere, di continuare a nascere, di rinascere ognuno nella propria vita. E questo nascere è l’emblema di tutto un percorso che vuol dire accogliere fino in fondo la sfida della vita con le sue insicurezze e, dunque, con la sua bellezza», conclude il medico.
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