150 anni di Guglielmo Marconi: restaurata la Trasmittente Vaticana
Michele Raviart - Città del Vaticano
Guglielmo Marconi, come anche Papa Pio XI che dopo la nascita dello Stato della Città del Vaticano chiamò l’inventore della telegrafia senza fili e premio Nobel per la fisica per costruire la Radio Vaticana, aveva una visione e non aveva paura di abbracciare le nuove tecnologie e come queste potessero essere utili «per la Chiesa e per l’evangelizzazione». In questo — ha ribadito monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionale della Segreteria di Stato, nel giorno in cui il Vaticano ricorda i 150 anni dalla nascita dell’inventore italiano — «la Radio Vaticana è uno dei grandi successi della Santa Sede in questo secolo».
Una pietra miliare del dialogo tra scienza e fede
Il luogo scelto per commemorare questo anniversario è lo spazio antistante la trasmittente vaticana all’interno delle Mura leonine, progettata e costruita da Marconi nel 1929 e prima sede della “Radio del Papa”. Un edificio, di cui oggi si inaugura la fine dei restauri iniziati nel 2017, che è «una pietra miliare del dialogo possibile tra scienza e fede», ha sottolineato Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione. Un luogo che testimonia anche «come la tecnologia possa essere utilizzata per scopi nobili e spirituali» o «per coltivare parole di pace in un mondo che sembra incapace di pronunciarle». Racconta, ha spiegato Ruffini, di «come Radio Vaticana sia stata e sia tuttora un ponte tra il Papa e milioni di fedeli portando il messaggio della Chiesa a ogni angolo della Terra, rendendo visibile la comunione che ci unisce». Lo testimoniano esperienze come quelle del padre missionario Pier Luigi Maccalli, rapito in Niger, che nelle onde della Radio Vaticana trovava il conforto di quel Vangelo che non aveva a portata di mano.
Marconi: poche parole e tanti fatti
L’edificio in cui per la prima il 12 febbraio 1931 il Papa parlò attraverso un microfono, ha continuato Ruffini, «ci spinge a immaginare, nell’era digitale, nuovi modi per portare avanti un progetto di comunicazione basato sull’unione». E di farlo «concretamente, tessendo grazie alle nuove tecnologie una rete che non si accontenta della connessione, ma cerca la condivisione; traducendo il messaggio evangelico nel mondo della multimedialità senza cancellare le storie e le culture di ogni Paese; offrendo la nostra rete come luogo di incontro vero fra le persone; testimoniando un modo diverso di vivere il nostro tempo. Umanizzando la tecnologia; fondandola sul dono più che sul consumo; sulla gratuità più che sul prezzo; sulla condivisione più che sull’ambizione egemonica, sull’unione come rimedio all’ambizione di dividersi dagli altri per poi imporsi uniformandoli». L’esempio in questo è proprio quello di Guglielmo Marconi, che immaginò nuove frontiere sempre un passo alla volta, dal telegrafo alla radio, «con poche parole e tanti fatti», come scrisse Albino Luciani prima di diventare Papa in un dialogo immaginario con il padre della radio raccolto nel libro Illustrissimi.
Costruire la pace e testimoniare il bene
Da quando il Papa si rivolse in latino a tutto il creato, ha sottolineato invece Massimiliano Menichetti, responsabile della testata Radio Vaticana-Vatican News, «servendo otto pontefici» in più di cinquanta lingue, tante sono state le sfide umanitarie e tecnologiche: «Mettere in contatto i prigionieri o i dispersi durante la seconda guerra mondiale oppure diffondere la parola di Dio in tanti paesi dove era vietato durante i totalitarismi, raccontare il Concilio, tutti i fatti con la lente della dottrina sociale della Chiesa, seguire i viaggi dei papi, costruire ponti ovunque, non lasciare nessuno da solo durante la pandemia di covid-19 o nei recenti conflitti come per esempio in Siria, Sud Sudan, Ucraina, Medio Oriente. Sempre cercando vie per costruire la pace, comunione, testimoniare il bene, rinnovando così il senso della missione affidatale e il senso del lavoro e dell’invenzione di Marconi». Il ringraziamento va quindi al «grande scienziato, faro e stimolo per le generazioni di ogni tempo, che ha permesso alla Chiesa di abitare il mondo delle onde e con la sua intuizione e studio continua a portarci nel futuro».
Trasmettere verso il futuro
«Marconi era un uomo di fede, che ha trasmesso a tutta la famiglia», ha ricordato invece il professor Guglielmo Giovanelli Marconi, nipote dello scienziato. «Era legatissimo a Pio XI , Papa che amava la scienza e con cui aveva un rapporto di amicizia», ha sottolineato, ribadendo che il nonno diceva spesso che la sua opera era «un dono di Dio» che attraverso l’invenzione della radio «metteva a disposizione dell’umanità». La costruzione della Palazzina Marconi corrisponde al periodo più lungo che il Nobel per la fisica passò a Roma, proprio per seguire i lavori personalmente. La posizione scelta, ha raccontato monsignor Lucio Adrián Ruiz, segretario del Dicastero per la comunicazione, era quella più elevata possibile rispetto alla città di Roma per poter trasmettere meglio. Inoltre la trasmittente non era collegata alla rete elettrica della Città del Vaticano e la corrente arrivava attraverso due generatori a olio. Oggi, dopo i lavori di ristrutturazione, non solo la Radio Vaticana continua a trasmettere le sue frequenze ma lo fa minimizzando gli impatti del campo elettromagnetico ed elettrico, con un risparmio delle emissioni di Co2 dell’80 per cento. È oggi, ha ricordato l’ingegnere Francesco Masci, direttore della Direzione tecnologica del Dicastero per la comunicazione, un laboratorio elettronico, un museo pronto ad accogliere studenti e appassionati. Una nuova sala conferenze intitolata proprio a Papa Pio XI ospiterà i broadcaster internazionali per discutere le regolamentazioni dello spazio elettromagnetico globale. È «un luogo di incontro e confronto, di innovazione e scoperta», ha spiegato Masci, «le cui nuove frontiere sono oltre il 5 G e il 6 G , le trasmissione fotoniche in campo libero attraverso la luce».
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