La Porta Santa, il perdono e il ritorno
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
Un richiamo a Cristo per mezzo del quale l’umanità è redenta, un monito ad entrare in una casa accogliente, ma anche a farsi piccoli oltrepassando un ingresso di ridotte dimensioni. Evoca questo la Porta Santa, elemento caratteristico dell’anno giubilare. Aprendone i battenti nella Basilica Vaticana il Vescovo di Roma invita la comunità ecclesiale ad accedere nella casa di Dio.
Gesù è la Porta
Particolarmente significativo è il fatto che dalla Porta Santa si possa solo entrare e non uscire. Attraversarla vuol dire infatti esprimere la volontà di entrare nel cuore di Cristo, in sintonia con i suoi sentimenti, per ricevere l’abbraccio misericordioso del Padre. È Gesù stesso al versetto 9 del capitolo 10 del Vangelo di Giovanni a dire “Io sono la Porta, se uno entra attraverso di me sarà salvo”.
Un percorso straordinario
Il rito dell’apertura della Porta Santa di San Pietro segna l’inizio del Giubileo che offre ai fedeli un “percorso straordinario” per la loro anima. Una Porta Santa è presente anche nelle altre basiliche maggiori romane e in varie chiese, che per tradizione sono meta di pellegrinaggi e offrono per concessione papale la possibilità di lucrare l'indulgenza.
La prima Porta Santa
Fu probabilmente nel 1423 che, per la prima volta nella storia dei giubilei, Papa Martino V aprì una Porta Santa a Roma. Era quella della Basilica di San Giovanni in Laterano. Una Porta Santa, la più antica, esisteva già precedentemente al primo Giubileo della storia, indetto da Papa Bonifacio VIII nel 1300: si tratta di quella posta sulla parete sinistra della Basilica di Collemaggio a L’Aquila. È legata alla Perdonanza istituita nel 1294 da Celestino V: ancora oggi viene aperta per una sola giornata, tra la sera del 28 agosto e quella del 29.
Le origini della Porta Santa di San Pietro
Difficile stabilire con precisione l’origine della presenza di una Porta Santa nella Basilica di San Pietro. “Esiste da diversi secoli”, spiega Pietro Zander, responsabile della sezione Necropoli e Beni Artistici della Fabbrica di San Pietro in Vaticano. “Se ne attesta la presenza già nell'antica Basilica costantiniana e medievale. Con ogni verosimiglianza fu realizzata da Papa Sisto IV Della Rovere per il Giubileo del 1475 e si trovava esattamente nello stesso luogo in cui è collocata l'attuale Porta: era ed è una porta più piccola rispetto alle altre e immetteva nella navata laterale destra dell'antica Basilica in prossimità del luogo dove c'era l'oratorio di Giovanni VII, decorato da mosaici antichissimi e molto venerato perchè custodiva in antico la reliquia del Volto Santo”.
Gli stemmi dei Papi
L’apertura della Porta Santa di San Pietro avviene esclusivamente in corrispondenza dei Giubilei, cadenzati inizialmente ogni 50 anni, successivamente, dal 1475 in poi, ogni 25. I 30 Anni Santi celebrati complessivamente nella storia, compresi i 6 straordinari, ultimo dei quali quello della Misericordia nel 2015-16, sono ricordati dagli stemmi dei Papi che si alternano alle scene istoriate sui battenti dell’attuale Porta Santa. Quest’ultima, alta 3,60 metri e larga 2,15, è un opera in bronzo, relativamente recente, dello scultore toscano Vico Consorti. Fu eseguita, sotto la guida del teologo Manlio Savelli, nella fonderia Marinelli di Firenze per il Giubileo del 1950. Sostituì, dopo duecento anni, gli antichi battenti lignei, inaugurati il 24 dicembre 1749 da papa Benedetto XIV.
Eseguita in soli nove mesi
“La commissione - ricorda Pietro Zander - risale al 1949. Consorti, senese nato nel 1902 e morto nel 1979, la eseguì in soli nove mesi, il tempo di una gestazione, lo stesso tempo che ha impiegato Michelangelo per fare la Pietà di San Pietro. Era stato indetto un Concorso Internazionale per la realizzazione delle tre Porte della Basilica che avrebbero dovuto sostituire quelle preesistenti di modesta fattura. Tale iniziativa era stata presa sulla base del lascito testamentario del principe Giorgio di Baviera, sacerdote e canonico onorario di San Pietro”, morto nel 1943.
Consorti partecipò e superò il primo grado della prova giungendo, tra i 12 finalisti alla seconda selezione del concorso che ebbe luogo il 31 maggio 1948. “I dodici - prosegue il responsabile dei Beni Artistici della Fabbrica di San Pietro in Vaticano - furono premiati con una medaglia d'oro, ma non si selezionò ancora un vincitore. Tra i premiati c'era anche Giacomo Manzù, considerato da monsignor Arthur Wynen e da altri prelati, anch'essi membri della commissione , “troppo moderno per San Pietro”.
“Negli anni successivi e tra queste due fasi del concorso per le porte di San Pietro si inserisce la realizzazione”, extra concorso, della Porta Santa. A commissionarla - puntualizza Zander - fu Ludovic Kaas: era il segretario economo della Fabbrica di San Pietro ed era anche il segretario della Commissione. Fuori concorso Kaas scelse Vico Consorti”, passato alla storia come “Vico dell’uscio” per aver eseguito ben cinque portali bronzei, “e gli affidò la realizzazione della Porta Santa in Vaticano. Il contratto è del 1 marzo del 1949 e per il 15 dicembre i due battenti dovevano conclusi”.
Le decorazioni delle formelle
Fu Kaas a suggerire i soggetti forgiati nel bronzo delle formelle e tratti dalla Bibbia: raffigurano, secondo canoni estetici derivanti dall’arte del Trecento e Quattrocento toscano, la storia umana bisognosa del perdono divino. Nell’ultima formella, l’unica smontabile perché nelle intenzioni originarie era destinata ad essere sostituita ad ogni Giubileo, il prelato è rappresentato con una candela in mano mentre assiste all’apertura dell’Anno Santo da parte di Papa Pio XII il 24 dicembre 1949.
L’anno del gran perdono e del gran ritorno
Ispiratrice dell’intero progetto iconografico fu la preghiera di Pacelli pubblicata su L'Osservatore Umano del 1 gennaio del 1949: "Che l'Anno Santo sia per tutti un anno di purificazione e di santificazione, di vita interiore e di riparazione, l'anno del gran ritorno e del gran perdono”.
Le scene bibliche
Nei sedici pannelli sui due battenti in bronzo Consorti racconta per immagini accompagnate da didascalie, episodi biblici che affrontano i temi del peccato dell'uomo e il perdono divino. Dalla fuga scomposta dei progenitori e degli animali dal Paradiso terrestre alla quiete intima dell’Annunciazione in cui Maria con il suo “sì” ricorda che Dio non è un rivale, ma il vero e unico amico dell’uomo.
Dal Battesimo di Cristo che si immerge nella nostra storia per risollevarla, al gesto drammatico del pastore che tende la mano per recuperare la pecora smarrita caduta nel burrone. Dall’abbraccio benedicente del Padre che restituisce dignità al figlio perduto e tornato a casa, al paralitico guarito nel corpo, ma prima ancora nell’anima. Un perdono sempre possibile se si è pronti a riconoscere di aver sbagliato strada come nel caso della donna che con le lacrime e i capelli, bagna e asciuga i piedi di Cristo. Un perdono senza limiti che richiede conversione e pentimento: abbandonare il modo di pensare degli uomini e abbracciare quello di Dio. È l’esperienza fatta da Pietro dopo il triplice rinnegamento nei momenti drammatici della Passione di Cristo o dal Buon Ladrone a cui in punto di morte è annunciata la salvezza: “Oggi sarai con me in Paradiso”.
Un messaggio tanto bello quanto incredibile: Gesù viene incontro alla nostra incapacità di accoglierlo e ci consente di toccare la carne viva del suo corpo risorto, come fece con l’apostolo Tommaso. Effonde poi lo Spirito Santo sugli Apostoli perché a loro volta perdonino nel Suo nome i peccati “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”, scrive ai Galati san Paolo, rappresentato nella quindicesima formella nel momento della conversione sulla via di Damasco.
Le scene mai realizzate
Nel progetto originario erano previste alcune scene mai realizzate: sulla sesta e settima formella ad esempio avrebbero dovuto essere celebrati il primo Giubileo del 1300 e il Giubileo del 1950. Tali quadri furono poi sostituiti rispettivamente con le parabole evangeliche della pecorella smarrita e del figlio prodigo.
Il rito dell’abbattimento del muro
“Quando questa Porta fu realizzata - rammenta Zander - veniva utilizzata soltanto per il periodo del Giubileo, con la finalità di chiudere la Basilica durante la notte”. Il rito di avvio del Giubileo infatti non prevedeva l’apertura dei battenti della Porta, ma era tutto incentrato sul simbolo dell'abbattimento del muro. Il Papa batteva tre colpi di martello e la parete veniva giù, “calata su una sorta di piano reclinabile e trasportata via dai Sampietrini, ovvero gli operai della Fabbrica di San Pietro”. Il muro veniva nuovamente alzato alla fine del Giubileo ed era il Papa stesso con una cazzuola finemente decorata e la calce a sigillare simbolicamente i primi tre mattoni, uno dorato e due argentati.
La riforma di Paolo VI
Un’immagine rimasta nella storia è quella della notte di Natale 1974 quando ai tre colpi di martello battuti da Paolo VI, i Sampietrini azionarono il congegno e alcuni frammenti di muro caddero addosso al Pontefice. Fu forse anche questo accaduto a determinare la modifica del rito. Dal 1975 a chiusura dell’Anno Santo Montini volle valorizzare le due ante bronzee di Vico Consorti facendole collocare in modo permanente sui cardini della Basilica Vaticana.
Farsi piccoli
Da allora il Pontefice inaugura il Giubileo spalancando i due battenti di bronzo e attraversando per primo la Porta Santa. “Tutti conserviamo nella memoria l'immagine di San Giovanni Paolo II che spalanca la porta nel Giubileo del 2000, traghettando la Chiesa nel nuovo millennio”, osserva ancora Zander. “Varcare la Porta vuol dire farsi piccoli, vuol dire mettersi nella condizione di affidarsi alla misericordia di Dio per essere perdonati e quindi entrare con uno spirito nuovo nella Chiesa. La Porta si apre veramente Urbi et Orbi, a Roma e al mondo. È un concetto molto bello, rivolto a tutti, credenti e non credenti, che arrivano sulla Piazza San Pietro, accolti dal grande abbraccio della madre Chiesa simbolizzato dagli emicicli colonnati del Bernini, e giungono poi nel portico per entrare nella Porta Santa”.
Quest’ultima, terminato l’Anno Santo resta ben visibile nell’atrio esterno di san Pietro. Internamente alla Basilica invece un muro permane ancora sotto il mosaico di San Pietro disegnato da Ciro Ferri, allievo di Pietro da Cortona, nel XVII secolo: costituito da mattoni recanti lo stemma della Fabbrica di San Pietro, è contraddistinto da una parete bianca su cui spicca una croce dorata e viene demolito, senza particolari celebrazioni, qualche giorno prima della cerimonia di apertura del Giubileo. In tale occasione ha luogo la recognitio, ovvero l’estrazione dalla parete di uno scrigno, contenente il rogito della precedente chiusura della Porta, le chiavi, le monete e le medaglie pontificie.
Da secoli milioni di pellegrini ogni Anno Santo si recano a Roma. Portano con sé il travaglio della vita, gioie, dolori e preghiere a Dio, Signore della storia: significativa testimonianza di questo flusso di fedeli che hanno lasciato la comodità delle loro case mossi dal desiderio di una vita nuova e redenta nel Signore Risorto, sono i tanti graffiti incisi nella cornice marmorea che incornicia la Porta Santa della Basilica Vaticana.
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