Musei Vaticani, restaurate le vesti dei santi Pietro e Giovanni

I due abiti, una tunica e una dalmatica, di probabile manifattura copta egiziana, provengono dal tesoro del Sancta Sanctorum e saranno al centro del prossimo “Giovedì dei Musei”. Attribuiti dalla tradizione ai due apostoli, risalgono ai primi secoli del cristianesimo. Lo confermano analisi svolte dal Gabinetto di Ricerche Scientifiche dei Musei in occasione del restauro appena concluso

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

Fibre di lana, lino e ortica costituiscono la trama di due manufatti di altissimo pregio che la tradizione e la devozione identificano con le tuniche indossate dai Santi Pietro e Giovanni. Provengono dall’inestimabile Tesoro della Cappella Papale del Sancta Sanctorum che era custodito in cima alla Scala Santa del Pontificio Santuario in Piazza San Giovanni in Laterano. Oggi le preziose reliquie tornano ad offrirsi allo sguardo e alla venerazione di turisti e fedeli. Se ne parlerà nel prossimo “Giovedì dei Musei”, organizzato il 23 maggio alle 16 nella Sala Conferenze dei Musei Vaticani e visualizzabile anche in diretta streaming sul canale YouTube delle collezioni pontificie.

Due preziose reliquie

Il merito della rinnovata valorizzazione di questi straordinari reperti va ricondotto ad un accurato intervento conservativo condotto dal 2019 al 2024 dalla restauratrice Emanuela Pignataro del Laboratorio Arazzi e Tessuti dei Musei Vaticani Gabinetto di Ricerche Scientifiche con la direzione prima di Maria Serlupi e poi di Luca Pesante, che si sono avvicendati nella responsabilità del Reparto per le Arti Decorative dei Musei Vaticani.  Le analisi e le indagini svolte dal Gabinetto di Ricerche Scientifiche hanno permesso di implementare le informazioni relative alle due opere tessili.

Questi ultimi, di foggia orientale, sono stati riferiti da studi recenti con valide probabilità ad un passo della biografia di papa Gregorio Magno redatta nel IX secolo dal diacono Giovanni. Nel testo si documentava la presenza tra le reliquie del Laterano proprio di una tunica e di una dalmatica, appartenute rispettivamente a San Giovanni Evangelista e a San Pascasio.

Il restauro
Il restauro

Una tunica e una dalmatica

“La tradizione che attribuisce le due vesti a San Pietro e a San Giovanni – spiega a Radio Vaticana - Vatican News Luca Pesante - è relativamente recente: essa si deve a Wolfgang Fritz Volbach, grande studioso di arte paleocristiana e medievale che dal 1934 al 1946 fu direttore proprio del Museo Cristiano della Biblioteca Apostolica Vaticana. Volbach riferì le due vesti ad un passo della biografia di Papa Gregorio Magno, regnante dal 590 al 604, redatta nel IX secolo dal diacono Giovanni. Il documento attesta la presenza tra le reliquie del Laterano proprio di una tunica e di una dalmatica, appartenute rispettivamente a San Giovanni Evangelista e a San Pascasio. Secondo il biografo, la tunica dell’Evangelista, che all’epoca si custodiva sotto l’altare della basilica di San Giovanni, sarebbe da identificare con quella che lo stesso Papa Gregorio aveva richiesto nel 592 al monastero siracusano di Santa Lucia affinché la inviasse a Roma come reliquia”.

 A quando risalgono esattamente le due vesti?

Le analisi scientifiche eseguite dall’Università degli Studi della Tuscia, in occasione dei recenti restauri (Carbonio 14), hanno datato la tunica di San Pietro entro un periodo compreso tra la seconda metà del VI e la prima metà del VII secolo d.C., mentre la dalmatica di San Giovanni tra fine I secolo e seconda metà del II d.C..

Il restauro della tunica di san Giovanni
Il restauro della tunica di san Giovanni

Nonostante non siano realmente appartenute a Pietro e Giovanni, queste vesti però state oggetto di particolare devozione da parte dei fedeli attraverso i secoli. C’è traccia di questa venerazione?

Se si osservano bene le due vesti si notano lungo gli orli numerosissimi segni di tagli che rimandano all’uso diffuso nei secoli passati di prelevare piccoli frammenti di reliquie per la devozione pubblica e privata. Pertanto possiamo distinguere il nucleo di provenienza, il Sancta Sanctorum, come il luogo più significativo della devozione romana del Medioevo e dell’Età moderna: alcune reliquie e immagini, come quella Acheropita, ovvero non dipinta da mano umana, del Salvatore, posta sopra l’altare, era spesso portata in processione lungo le strade di Roma in occasione di eventi particolari; ma al tempo stesso ogni singola reliquia godeva di una devozione particolare legata alla sua sacra origine.

Il restauro
Il restauro

In che condizioni si trovavano le vesti prima del restauro?

La tunica di san Pietro era in pessime condizioni, anche a causa della sua composizione originaria; l’altra veste più solida e resistente ha necessitato di un restauro totalmente diverso.

Il restauro delle tuniche di Pietro e Giovanni
Il restauro delle tuniche di Pietro e Giovanni

Parlando con la restauratrice Emanuela Pignataro, scopriamo che le due vesti di probabile manifattura copta egiziana prima dell’intervento conservativo erano conservate sottovetro. Tale soluzione, non più idonea, ha reso necessario rimuovere i due reperti per conferire loro l’originale tridimensionalità. Gli stessi sono stati disinfestati e puliti accuratamente asportando il particolato depositatosi nel corso dei secoli. Infine è stato eseguito un meticoloso restauro di tipo conservativo, consolidando e reintegrando tutte le zone degradate. Oggi le tuniche si offrono allo sguardo in un aspetto più naturale e tridimensionale: saranno esposte nella Sala Degli Indirizzi di Pio IX, la prima sala che si incontra all’uscita della Cappella Sistina, accanto alla Cappella di San Pietro Martire nella quale sono conservati i reliquiari più preziosi del Sancta Sanctorum. Un luogo, quest’ultimo ricco di fascino e in cui arte, fede, storia e devozione si intrecciano.

Il quaderno dei restauri
Il quaderno dei restauri

“Il tesoro del Sancta Sanctorum – spiega ancora Luca Pesante - per secoli fu custodito nella cappella privata del palazzo che i Papi abitavano nel Medioevo, poi quasi completamente demolito nell’ambito dei lavori promossi da Sisto V tra il 1585 e il 1590. Tale cappella di antichissima origine, VIII secolo, dedicata a San Lorenzo, svolgeva la stessa funzione che in Età moderna svolse la Cappella Sistina in Vaticano. Qui si conservavano anche le teste degli Apostoli Pietro e Paolo che Papa Urbano V, morto ad Avignone nel 1370, fece trasportare sopra l’altare maggiore della Basilica di San Giovanni in Laterano. Nell’aprile del 1903 Papa Leone XIII concesse l’autorizzazione al gesuita francese Florian Jubaru di poter aprire l’antichissima cassa di cipresso risalente al IX secolo circa, ai tempi di Leone III, posta sotto l’altare della cappella, per uno studio su Sant’Agnese, della quale, tra le reliquie, si conservava la testa. Due anni dopo un altro gesuita, questa volta tedesco, Hartmann Grisar, poté di nuovo investigare il contenuto del tesoro del Sancta Sanctorum, scoprendo la reale straordinaria composizione di questo preziosissimo contenuto. Si trattava dell’insieme di reliquie più mirabile conservato nell’intera Europa, costituito da capolavori dell’arte bizantina, persiana, siriaca, copta… oltre che da reliquie della persona del Cristo stesso, degli Apostoli e dei primi martiri. Subito dopo le prime indagini e diffusasi rapidamente la notizia della scoperta, si innescò una feroce competizione tra le comunità scientifiche attive agli inizi del secolo a Roma, anche all’interno dei medesimi ordini religiosi. Per evitare scandali o contese con lo Stato Italiano come nel 1879 era accaduto con l’episodio dell’illecita compravendita dei Piatti di Castel Gandolfo, Papa Pio X fece trasportare nel 1905 i reliquiari all’interno della collezione del Museo Sacro della Biblioteca Apostolica Vaticana. Nel 1999 mediante un rescritto di San Giovanni Paolo II le collezioni storiche della Biblioteca passarono di competenza ai Musei Vaticani, che ancora oggi custodiscono il tesoro del Sancta Sanctorum”.

 

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20 maggio 2024, 12:21