Libano, Ordine di Malta: sosteniamo la popolazione stremata dalla povertà
Delphine Allaire - Città del Vaticano
In un Paese imprigionato in una crisi multidimensionale, attività caritative come quelle del Sovrano Ordine di Malta sono essenziali per la sopravvivenza della popolazione. Le cifre della sofferenza del Libano non lasciano indifferenti, quando a registrarsi è un 80% di povertà, un 30% di disoccupazione, i prezzi aumentati di 15 volte negli ultimi dieci anni. A questo si aggiunge il fatto che un quarto della popolazione totale è costituito da rifugiati siriani - il rapporto pro capite più alto al mondo – e che, al confine meridionale, è in atto un'escalation del conflitto con Israele. Come confermato da un rapporto della Banca Mondiale di un mese fa, dal 2019 il Paese sta vivendo una delle peggiori crisi al mondo dalla metà del XIX secolo.
Un angolo di sofferenza in attesa di speranza
Si tratta di una situazione alla quale la Santa Sede, attenta a questa storica terra di pace e pluralismo, guarda con gravità. Marwan Sehnaoui, presidente dell'Associazione libanese dei Cavalieri di Malta, saluta in questi giorni, dal 23 al 27 giugno, il ritorno del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, dopo la sua ultima breve visita del 4 settembre 2020, all'indomani dell'esplosione nel porto di Beirut. "Il nostro Paese - spiega Sehnaoui - sta perdendo la sua identità e ha già perso gran parte della sua sovranità. È importante che la Santa Sede possa essere testimone del lavoro dell'Ordine di Malta in Libano. La visita del cardinale in questa Terra Santa, dove la sofferenza è onnipresente, è molto toccante".
Sicurezza alimentare, una priorità per l'Ordine
Restituire la dignità a molti libanesi è la missione dell’Ordine di Malta in Libano nei settori sociale, sanitario e alimentare. In un contesto di impoverimento diffuso e di svalutazione della moneta locale, la lira libanese, l'Ordine di Malta ha dato priorità al settore alimentare. Alla fine del 2020, il Sovrano Ordine ha lanciato sei centri agro-umanitari. "Dopo la guerra, il Libano ha privilegiato le importazioni, invece di ristrutturare il proprio settore agricolo. Di conseguenza, molte famiglie contadine hanno abbandonato l'agricoltura, anche se il Libano è fondamentalmente un Paese agricolo", spiega Oumayma Farah, delegata allo sviluppo dell'Ordine di Malta locale. L’associazione libanese ha iniziato il suo progetto con 350 piccoli agricoltori. Oggi questi centri, donati dalle congregazioni religiose per un periodo di 20 anni, sono presenti in tutto il Paese. "Attraverso i nostri servizi, copriamo circa il 70% dei terreni agricoli libanesi", aggiunge Farah.
Sopravvivenza grazie a donazioni e sostegno internazionale
L'attenzione ai problemi alimentari e sanitari - con la visita del cardinale Parolin, mercoledì 25 giugno, ai centri medici e sociali gestiti dall'Ordine - fa parte dell'approccio globale allo sviluppo umano, essenziale per la graduale riabilitazione economica che lo Stato non è in grado di fornire. Per Oumayma Farah, l'obiettivo è quello di supplire alle carenze dello Stato, ma senza sostituirsi ad esso. "Non cerchiamo - spiega Farah - di svolgere il ruolo dello Stato, ma di mantenere la popolazione, la maggior parte della quale proviene dalla classe media. Oggi la classe media non esiste più in Libano, lo Stato ha fallito ed è ancora in bancarotta. Grazie alle ong e alla comunità internazionale abbiamo avuto il sostegno dei governi tedesco, francese, monegasco e ungherese. Viviamo di donazioni”.
Trovare una soluzione istituzionale
L'opera caritatevole dell'Ordine, che trae origine dai Cavalieri dell'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, che un tempo soccorrevano i pellegrini in Terra Santa, non è solo umanitaria ma anche religiosa, nel rendere gloria a Dio attraverso questo servizio ai più deboli, come ha indicato lunedì 24 giugno il segretario di Stato vaticano durante la messa per San Giovanni Battista, celebrata nella chiesa di San Giuseppe a Beirut. Il cardinale Parolin, che nel calendario dei suoi appuntamenti ha gli incontri con il primo ministro uscente Najib Mikati e con il presidente del parlamento Nabih Berri, ha rilevato nell'omelia l'assenza di un'importante voce cristiana nel Paese: quella del presidente, carica tradizionalmente ricoperta da un maronita, secondo la divisione confessionale del potere nel Paese dei Cedri. "Questa assenza - sono state le parole di Parolin - pesa molto in questo grave momento per il Medio Oriente”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui