Parolin: un limite l'assenza della Russia alla Conferenza in Svizzera, la pace si fa insieme
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Torna certamente soddisfatto, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, dalla Conferenza della scorsa settimana a Buergenstock, Lucerna (Svizzera), volta a individuare una soluzione di pace per l’Ucraina. Il porporato ha rappresentato al summit la Santa Sede invitata come osservatore. Nel pomeriggio di oggi a Palazzo Madama, sede del Senato, per l’evento Colloqui per la Pace organizzato dall’associazione “Avvocatura in Missione” con diversi parlamentari italiani, il porporato sottolinea con i giornalisti a margine dell’incontro che la Conferenza in Svizzera è stata “una cosa utile” ma con “il limite, rilevato da molti degli oratori, di non avere la presenza della Russia. La pace si fa sempre insieme”.
Una pace giusta e il principio della fraternità
“Ho sentito - e questo mi è piaciuto – da parte di molti: noi non siamo in guerra con la Russia, ma siamo qui per cercare una via di pace tra Russia e Ucraina”, evidenzia il cardinale, ribadendo l’importanza dell’aggettivo “giusta” abbinato alla parola pace: “Una pace giusta... cioè che si fonda sui principi del diritto internazionale e sulla stretta adesione alla Carta dell’Onu”. Insieme a questo, per Parolin, deve esserci “il principio della fraternità, principio metagiuridico ma che trova applicazioni concrete anche negli ordinamenti. Se non facciamo lo sforzo di sentirci fratelli in questo mondo, non riusciremo mai a superare le conflittualità”.
Mancanza di fiducia
Il “grande problema di oggi” per cui, secondo il segretario di Stato vaticano, “funzionano poco o per nulla gli organismi internazionali” è infatti “l’assoluta mancanza di fiducia reciproca”: “Non ci si fida più l’uno dell’altro ed è per questo che aumentano gli arsenali di armi convenzionali ma anche di armi atomiche. Ognuno vuole essere sicuro di proteggersi di fronte all’altro, al quale non si accorda più nessuna fiducia e capacità di avere rapporti fondati su pace e rispetto”.
Interessi economici dietro al commercio di armi
Dietro alle armi, poi, “ci sono grandi interessi economici in gioco”, afferma con chiarezza il cardinale, riprendendo le parole di Papa Francesco. Proprio quelle parole dinanzi alle quali sembrano sordi i governi e i partiti politici: quando sono i criteri di mercato a guidare gruppi e governi, “è logico che il Papa può giustamente invocare uno stop alla proliferazione delle armi ma certamente questo appello non sarà ascoltato”, commenta il cardinale. “Il Papa è comunque coraggioso perché continua ad insistere. È un tema su cui batte e ribatte e speriamo che un po’ alla volta riesca a far breccia”.
Invio di armi in Ucraina
Interpellato poi sul dibattito tra forze politiche in Italia sull’invio di armi in Ucraina, il segretario di Stato sottolinea che “l’unica maniera per risolvere questo problema è di mettersi insieme e cominciare a parlarsi senza condizioni, allora in quel momento si potrà fermare anche l’invio di armi”. Prima, però, c’è un passo da compiere che “è quello di riuscire ad avviare negoziati tra le due parti (Russia e Ucraina, ndr) anche in forma molto discreta e riservata. Che le due parti comincino a parlarsi”. Quindi sì, è contemplata anche la presenza del presidente russo Vladimir Putin ad un ipotetico tavolo di dialogo: “Certamente! La pace si fa in due, altrimenti se non c’è uno dei due non c’è la pace”.
Autonomia differenziata da attuare senza creare squilibri
Non manca nel colloquio con i giornalisti un riferimento all’autonomia differenziata, da oggi legge in Italia. Il cardinale – già intervenuto in passato sul tema – non entra nel dibattito: “Su tali questioni non dobbiamo pronunciarci, sono italiane, non abbiamo una competenza specifica per intervenire”. Quello che però ci tiene a rimarcare è che “è buono tutto quello che aiuta a far crescere la solidarietà”. L’auspicio è quindi che “l’autonomia differenziata sia attuata in maniera che non crei ulteriori squilibri, ulteriori differenziazioni, ulteriori sperequazioni tra una parte e l’altra dell’Italia”.
Viaggio in Libano
In ultimo Parolin conferma il suo viaggio in Libano che, come anticipato dai media libanesi, dovrebbe svolgersi a fine giugno. Non si tratta di una visita diplomatica, né di una missione per la pace in Terra Santa, alla luce anche delle recenti tensioni con Israele che sembrano spostare l’asse del conflitto in Medio Oriente. “Da tempo ero stato invitato dal locale Ordine di Malta ad andare a visitare le loro opere che sono di grande impatto sociale in una situazione di crisi totale. Quella libanese è una crisi a 360° e certamente lì si cercherà di lavorare un minimo anche per aiutare, come ha sempre fatto la diplomazia della Santa Sede, per aiutare a trovare una soluzione istituzionale”.
La speranza di frutti di pace
Un tema, quello del viaggio in Libano, ripreso da Parolin anche nel colloquio di poco successivo con i cronisti fuori da San Salvatore in Lauro, a pochi passi dal Senato, dove a fine serata ha partecipato a un evento con il cardinale Matteo Zuppi ed esponenti del governo. "Ogni situazione in cui c'è il pericolo che i conflitti si allarghino, si approfondiscano e incancreniscano non può che produrre grande inquietudine", ha detto Parolin in riferimento alle minacce di un'offensiva israeliana nel Paese dei Cedri. "La visita in Libano era prevista, non legata alla situazione politica ma avrà una dimensione diplomatica" ha aggiunto, esprimendo l'auspicio che la "settimana intensa" appena vissuta, con il Papa per la prima volta al G7 e il segretario di Stato alla Conferenza di Pace in Svizzera, "lasci qualcosa... Che la seminagione che è stata fatta porti frutto".
L'intervento al Senato
Nel suo intervento ai Colloqui per la pace nella Sala Koch di Palazzo Madama, Parolin aveva invece rivolto un appello a tutti i cristiani: “In questo tempo segnato dalla guerra, è urgente che prendano a cuore la causa della pace”. “Nei cieli di numerose nazioni si sono addensate le nuvole oscure delle guerre che impediscono ai popoli di vivere in armonia”, ha evidenziato il cardinale, "assistiamo al proliferare di nuove trincee nel nostro mondo e alla tendenza a irrigidirsi in posizioni ideologiche”; serve pertanto un impegno per “sensibilizzare coloro che amministrano la giustizia e la politica ad operare con coerenza, ispirandosi al Vangelo e ai principi etici”.
Bisogna partire dalle scuole, ha esortato il segretario di Stato, per formare i giovani “a una cultura dell’inclusione evitando di cedere alla tentazione della logica dello scarto e a pregiudizi e stereotipi che alimentano ostilità”. “Il nostro destino – ha detto ancora - non è la morte ma la vita, non l’odio ma la fraternità, non il conflitto ma l’armonia. La pace - è stato l'augurio conclusivo di Parolin – sia la stella che illumina e guida le sorti di tutta la terra. Cadano dalle nostre mani le armi che offendono Dio e ledono la dignità umana”.
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