Mons. Gabriele Caccia Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ONU Mons. Gabriele Caccia Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ONU 

Caccia: necessario uno strumento multilaterale per i crimini contro l'umanità

L'osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite è intervenuto durante una sessione dei lavori dell'assemblea generale a New York: la mancanza di una chiara definizione di genere comprometterebbe gli sforzi "per prevenire e perseguire quei crimini che colpiscono in modo sproporzionato le donne, come lo stupro, la schiavitù sessuale e la prostituzione forzata"

Marco Valletta - Città del Vaticano

Il tema dei crimini contro l’umanità ha visto l’intervento dell'arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, durante i lavori della Sesta commissione dell'assemblea generale. Nell’evidenziare da parte del diritto internazionale il riconoscimento avvenuto già da tempo dei crimini contro l'umanità come crimini internazionali, il presule ha manifestato la necessità della creazione di uno "strumento universale" finalizzato a facilitare la cooperazione internazionale per la prevenzione e la sanzione di quegli atti che non rispettano la dignità umana.

No alla modifica delle definizioni già concordate 

È inoltre necessario, secondo il rappresentante vaticano, che la definizione di tali atti sia profondamente radicata nel diritto internazionale consuetudinario. Pertanto, nella definizione di tali crimini, la Commissione "non dovrebbe allontanarsi dalle norme consuetudinarie esistenti". Aggiungere o modificare le definizioni già concordate di tali crimini, come contenute nello Statuto della Corte Penale Internazionale (CPI), "non solo ostacolerebbe il consenso, ma comprometterebbe - ha osservato monsignor Caccia - anche l'efficacia del nuovo strumento". Alla luce di ciò il nunzio ha espresso preoccupazione per l’omissione della definizione di genere contenuta nell'articolo 7 dello Statuto della CPI, nel progetto della Commissione di Diritto Internazionale.

A rischio la prevenzione dei crimini che riguardano le donne

Né la prassi degli Stati né l’opinio iuris supportano, ha proseguito sul punto, "una definizione di genere diversa da quella presente nello Statuto di Roma" e la "mancanza di una chiara definizione di genere, radicata nella realtà biologica dei due sessi, comprometterebbe - per monsignor Caccia - i nostri sforzi per prevenire e perseguire quei crimini che colpiscono in modo sproporzionato le donne, come lo stupro, la schiavitù sessuale e la prostituzione forzata. Allo stesso modo - ha ribadito - la Santa Sede non può accettare alcuna modifica alla definizione di gravidanza forzata contenuta nell'articolo 7 dello Statuto della CPI".

Sostenere la dignità delle vittime 

Nel concludere il suo intervento, il rappresentante vaticano ha affermato che per prevenire e punire i crimini contro l'umanità è necessario rispettare la sovranità degli Stati, seguendo il principio di complementarità. Le nuove convenzioni dovrebbero basarsi sui precedenti consolidati, garantendo che gli Stati perseguano i crimini internamente e cooperino nell'estradizione e nell'assistenza alle vittime. Inoltre, ha detto, "devono essere rispettati i principi della giustizia penale, come il diritto al giusto processo e l'immunità dei funzionari pubblici stranieri. Gli Stati che hanno abolito la pena di morte dovrebbero avere il diritto di non estradare colpevoli potenzialmente soggetti a essa". Inoltre, le persone "non dovrebbero essere espulse in luoghi dove rischiano crimini contro l'umanità o torture". Il nuovo strumento, ha terminato il presule, dovrebbe sostenere la dignità delle vittime, sancendo per legge il loro diritto a ricevere risarcimento e assistenza per i danni subiti e per facilitare la loro reintegrazione nella società, oltre che incoraggiare la collaborazione internazionale per garantire tale supporto, soprattutto nei luoghi dove le risorse potrebbero essere limitate".

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15 ottobre 2024, 12:10