Diritto al cibo, la Santa Sede lotta contro privazione e spreco alimentare
Gianmarco Murroni - Città del Vaticano
Un invito a ripensare i nostri sistemi alimentari in una prospettiva solidale, superando la logica dello sfruttamento selvaggio del creato e orientando meglio il nostro impegno a coltivare e custodire l’ambiente e le sue risorse. Con l’obiettivo di garantire la sicurezza alimentare e camminare verso una nutrizione sufficiente e sana per tutti. Di fronte alle numerose crisi alimentari che affliggono diverse aree del pianeta e alla persistente disparità di accesso a cibo nutriente e in quantità sufficienti, la Missione Permanente della Santa Sede presso la FAO, l’IFAD e il PAM e il Forum di Roma delle Organizzazioni Non Governative d’ispirazione cattolica si sono riunite per un’iniziativa che intende favorire un cambio di prospettiva e proporre un modello alimentare diverso, che si fondi sui principi di una ecologia integrale, cruciale per affrontare le sfide globali in maniera sistemica.
Diritto al cibo
“Diritto al cibo, tra privazione e spreco. È tempo di agire”, è il titolo del seminario di studio tenutosi oggi, giovedì 10 ottobre, presso il Palazzo della FAO a Roma. Tra i partecipanti all’evento, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali; monsignor Robert J. Vitillo, già segretario generale dell’International Catholic Migration Commission, consulente del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; la professoressa Simona Beretta, ordinaria di Politica Economica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e Maurizio Martina, vicedirettore generale della FAO. “È importantissimo discutere e ragionare insieme con tanti attori importanti riguardo la lotta contro la fame nel mondo e la sicurezza alimentare, per ricordare a tutti che la fame è una grande tragedia globale e una drammatica urgenza, che va rimessa al centro dell’attenzione delle istituzioni, ma anche dei singoli cittadini”, spiega proprio Martina.
Responsabilità collettiva
Per il vicedirettore della FAO, “il mondo vive di contraddizioni: non dobbiamo pensare che la lotta alla fame nel mondo sia solo una questione che riguarda i grandi della terra. C’è una responsabilità collettiva che passa anche dalle nostre vite, dai nostri atti concreti ogni giorno. La risposta a questi grandi problemi passa anche da un cambio degli atteggiamenti dei singoli”. Una delle questioni più importanti è la lotta allo spreco alimentare che attraversa le nostre case: “Sulle nostre tavole sprechiamo più del 30% di quello che compriamo ogni giorno. È una cifra colossale, già ridurre questi numeri significherebbe creare un nuovo equilibrio sostenibile. Questa responsabilità ci riguarda direttamente”.
Meno armi e più cibo
Oggi sono tanti i Paesi classificati dalla FAO in emergenza nutrizionale: “I fronti più drammatici sono sicuramente la Striscia di Gaza, lo Yemen, Haiti, il Sud Sudan, buona parte del Corno d’Africa - ricorda Martina - Il continente africano rimane il territorio più colpito, insieme ad alcune aree dell’Asia. Situazioni problematiche si vivono anche in America Latina”. E nel corso degli anni sono tanti anche gli appelli lanciati da Papa Francesco, che svariate volte ha ribadito il concetto che servirebbero meno armi e più cibo. “Papa Francesco fa bene ad alzare la sua voce mettendo in luce questa enorme contraddizione, quello che possiamo dire noi umilmente è che non ci sarà mai pace se non si combatte la fame del mondo”.
Le necessità
L’educazione alimentare, soprattutto nei Paesi più sviluppati, deve portare le nuove generazioni, ma in generale tutti, a sprecare meno. “Noi possiamo produrre meglio, sprecando meno. Questo atteggiamento deve essere migliorato sia dai singoli cittadini quando consumano, sia dalle imprese, sia dai governi che possono mettere in atto politiche che aiutino da una parte a educare meglio, dall’altra creare le infrastrutture necessarie per compiere questa trasformazione più sostenibile dei sistemi agroalimentari”. Le necessità sono chiare: “Abbiamo bisogno di gestire meglio gli input che utilizziamo per trasformare il cibo; abbiamo bisogno di costruire nuovi livelli di sostenibilità integrale, come dice anche Papa Francesco; abbiamo bisogno di introdurre elementi di giustizia nei mercati spesso distorti, dove il reddito dei piccoli agricoltori viene schiacciato a vantaggio delle grandi imprese”.
Nuovi equilibri
Costruire dei nuovi equilibri, dunque, è possibile: “Ci sono anche esempi positivi, dove imprese di ogni dimensione ci danno una mano e fanno crescere esperienze virtuose utili a tutti. Noi dobbiamo espandere queste buone pratiche, prendere il meglio dei tanti esempi positivi e amplificarne la portata, anche per dare concretamente un messaggio di speranza che si traduce in fatti reali che migliorano la vita delle persone”. Anche se gli obiettivi dell’Onu, al momento, sono ancora lontani: “L’obiettivo 2 dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite indica l’obiettivo fame 0 entro 6 anni; noi siamo fuori da questo orizzonte. Numeri alla mano, la situazione si è aggravata negli ultimi anni. Abbiamo bisogno di accelerare le iniziative per provare a recuperare il terreno perduto. Dobbiamo chiedere agli Stati di incrementare le risorse nella lotta alla fame, altrimenti abbiamo fallito”.
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