Pezzi: la visita di Zuppi a Mosca barlume di pace, ma non si vede la fine del tunnel
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Il Sinodo e il Giubileo, poi la visita del cardinale Zuppi a Mosca, quindi la guerra e la speranza mai sopita della pace, seppure oggi non sembra esserci “disponibilità o un vero desiderio di pace” ma prevalgano “altri interessi”. Nella pausa dei lavori sinodali prossimi alla conclusione, monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo metropolita della Madre di Dio a Mosca, è ospite degli studi dei media vaticani con i quali commenta come l’assise sulla sinodalità sia stata percepita nel Paese in cui presta servizio dal 2007. Giudica poi positivamente la recente visita del presidente della Conferenza Episcopale italiana nella capitale russa quale emissario di pace del Papa, e annuncia le iniziative per il Giubileo. A cominciare dal pellegrinaggio di una icona della Vergine Salus Populi Romani nelle quattro diocesi cattoliche russe. Un dono che Pezzi riceve questa mattina direttamente dalle mani di Papa Francesco.
Arcivescovo Pezzi, lei da Mosca è qui a Roma dal 2 ottobre per i lavori del Sinodo di cui è membro. E proprio del Sinodo volevo chiederle quale percezione c’è stata e c’è in Russia, nella Chiesa cattolica e anche nella Chiesa ortodossa e, più in generale, nella società?
Nell’ambito della Chiesa c’è stata una percezione, secondo me, molto buona. Abbiamo fatto un percorso sinodale nella nostra Chiesa locale, anche nelle altre diocesi, che ha portato a una serie - per noi - numerosa di incontri un po’ a tutti i livelli, che coinvolgevano sacerdoti, religiosi, consacrati, fedeli laici. Due i vantaggi che abbiamo sperimentato da questo percorso. Il primo riguarda la metodologia: con i dovuti aggiustamenti, la conversazione nello Spirito ha dato ottimi risultati, soprattutto in termini di disponibilità all’ascolto. Quindi evitando di reagire, di saltarsi addosso l’uno all’altro senza lasciar finire di parlare, cosa abbastanza normale quando si discute. Questo ha permesso un maggiore ascolto e una maggiore capacità propositiva. Il secondo vantaggio è stato individuare domande reali e concrete per la nostra Chiesa locale che saranno il contenuto degli incontri dell’anno pastorale che, iniziati a settembre, andranno avanti fino a maggio. L’idea, poi, è di collegare questo percorso a un’assemblea sinodale che terremo a inizio settembre 2025.
Accennava alla metodologia che è una delle novità di questa doppia sessione del Sinodo sulla sinodalità. Ovvero il dialogo tra diverse anime, diverse persone e personalità della Chiesa provenienti da mondi differenti e anche con delegati di altre confessioni. Questo che impatto ha avuto nel dialogo ecumenico e in particolare con la Chiesa ortodossa, peraltro costitutivamente sinodale?
L’impatto è stato in parte di curiosità e in parte, non dico di dubbio, ma di perplessità. Anche questo, però, ha avuto vantaggi interessanti. Personalmente ho deciso l’anno scorso di mandare una lettera alla Chiesa ortodossa russa, ad altre confessioni cristiane e anche a musulmani ed ebrei, chiedendo se c’era qualcosa di simile nella loro storia e se avevano un contributo da portare. Questo si è tradotto in alcuni incontri in cui abbiamo dialogato su cosa sia il Sinodo. La sinodalità è un’espressione nuova anche nell’ambito della cristianità ortodossa, però è emerso l’aspetto della collegialità, intesa come richiamo a una conoscenza di tipo comunionale. Quindi il contributo della comunità, del giudicare assieme, del discutere insieme che è imparagonabile rispetto al lavoro che potrebbe fare ogni singolo. L’altro aspetto è che ogni autorità all’interno di questa comunione, si concepisce non come qualcosa di esterno, ma di organico ed espressivo della comunione. Questa consapevolezza aiuta molto a smontare ogni forma di autoritarismo.
Possiamo parlare quindi di un modello di democrazia all’interno della Chiesa?
No, direi proprio di no, perché nella Chiesa non avviene mai uno sviluppo con categorie mondane, ma sempre con categorie intra-ecclesiali. Ora la categoria intra-ecclesiale per democrazia è esattamente la comunione. Anche se essa è una forma della democrazia, ne raccoglie solamente determinati aspetti.
Questa comunione nella Chiesa può essere d’esempio anche per la società e la politica?
Penso di sì. Gesù ha introdotto non solo una modalità di vivere l’incontro con Lui, ma anche una modalità di governare che non è né democrazia né monarchia, è esattamente un’amicizia o, in termini ecclesiali, una comunione.
Parlando dell’azione della Chiesa, in mezzo ai lavori del Sinodo si è incastonato il secondo viaggio del cardinale Matteo Zuppi a Mosca. Seconda parte di una missione iniziata l’anno scorso affidatagli dal Papa. Quindi un nuovo ritorno con nuovi incontri con autorità politiche ed ecclesiali. Come giudica questa visita di Zuppi in Russia e, secondo lei, quali frutti ha portato e può ancora portare?
Giudico questa visita molto buona. Il primo frutto a cui ci richiama anche continuamente Papa Francesco è quello di costruire ponti, di tenere sempre le porte aperte. E questo è molto importante perché fa vedere nell’altro un bene, qualcosa di positivo, non un nemico o un concorrente. Ora in momenti di conflitto questa inversione di prospettiva, potremmo dire rivoluzione di prospettiva a 180 gradi, è quanto di più necessario ci sia. Ecco, la visita di Zuppi è andata in questa direzione già nella prima occasione. Nel secondo viaggio, l’ha confermata.
I frutti che tutti si aspettano molto concreti sono quelli di cui si è parlato. Non ne conosco i dettagli ma riguardano sostanzialmente il filone umanitario, lo scambio di prigionieri e di soldati e il tentativo di regolarizzare la situazione di un certo numero di minori che dovrebbero trovarsi in Russia e che provengono dall’Ucraina. È sempre tutto un po’ al condizionale perché lo status di questi bambini è differente visto dalle due posizioni. Quindi, come dicevo, l’importanza di vedere nell’altro non un concorrente ma un bene permette, appunto, di arrivare alla concretizzazione di “trattative”.
Quindi una dimensione umanitaria che però può essere un passo avanti verso la pace, obiettivo che sembra sempre più lontano…
Devo essere sincero: non ho l’impressione che ci sia disponibilità o un vero desiderio di pace, mi pare che altri interessi siano prevalenti. Ora, in una situazione simile, tenere le porte aperte assomiglia molto a un miracolo, a qualcosa che sostiene la speranza. Perché quando non si intravede ancora la fine del tunnel, quello che può muovere nel buio è la certezza che c’è la fine del tunnel, che c’è la luce, ma bisogna avere anche la pazienza di camminare un po’ a tentoni. Questo genere di visite va in questa direzione. Certamente la prospettiva è la luce, cioè la pace, ma è difficile vedere nel buio dei barlumi. Azioni come la visita di Zuppi sono barlumi, passi verso la pace. Quando sarà e come, per me è realmente difficile oggi vederlo e dirlo.
Ha pronunciato una parola chiave, la speranza, al centro di tutto il Giubileo. Il Sinodo infatti sta per finire, ma tra due mesi esatti si aprirà il Giubileo sul tema Pellegrini di speranza. Quali aspettative ci sono per l’Anno Santo, ma anche concretamente quali iniziative la Chiesa in Russia sta avviando o ha già avviato anche per comprendere e vivere meglio il Giubileo?
All’inizio parlavo di un'Assemblea sinodale che ci sarà nella nostra diocesi a inizio settembre prossimo. È uno dei quattro eventi giubilari che con gli altri vescovi abbiamo deciso di fare in ogni diocesi cattolica. In Russia abbiamo quattro diocesi e ci saranno quattro eventi sinodali. Ognuno di questi eventi è legato a un tema e a un’immagine della Madonna. In ciascuno di essi ci sarà, in forme differenti, un pellegrinaggio. Siccome la possibilità per i pellegrini russi di venire a Roma sarà alquanto limitata, tutto ciò ci permetterà sul territorio di svolgere almeno un certo numero di iniziative e soprattutto di non concentrarle su un punto, Mosca. Abbiamo deciso di allargare, di arrivare a più fedeli possibili sparsi su un territorio così grande.
L’altra grande iniziativa, secondo me molto bella, è che abbiamo chiesto al Santo Padre Francesco di avere in dono una copia autentica della Salus Populi Romani. Questa icona andrà in molte delle nostre parrocchie portando un messaggio di speranza. Quindi la prima pellegrina della speranza per noi è la Madonna stessa, Lei che ha accolto Dio che si faceva uomo e lo ha mostrato al mondo. Questo avverrà in concomitanza dei diversi eventi e in ogni diocesi per un periodo di tre mesi. In tutti i luoghi in cui si fermerà sarà occasione di preghiera e di lucrare l’indulgenza. L’icona è pronta e io domattina (oggi, 25 ottobre ndr) avrò la fortuna di ricevere questa effigie benedetta dal Papa per la nostra Chiesa.
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