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Il convegno alla Gregoriana per i 40 anni del Trattato di Pace e Amicizia tra Argentina e Cile Il convegno alla Gregoriana per i 40 anni del Trattato di Pace e Amicizia tra Argentina e Cile

Parolin: il multilateralismo oggi è in crisi, cercare formule per raggiungere la pace

Ieri alla Gregoriana, il segretario di Stato ha partecipato al convegno “La mediazione papale come meccanismo per la promozione della pace”, per i 40 anni della firma del Trattato tra Argentina e Cile per il Canale di Beagle: “Bisogna riscoprire la fiducia reciproca e lavorare insieme per interessi comuni”. Presenti alcuni membri del gruppo che allora lavorò per la firma dell'intesa

Renato Martinez – Città del Vaticano

Con l’obiettivo di riflettere sul successo e sugli effetti duraturi della mediazione papale in un momento in cui quarant’anni fa Cile e Argentina si trovavano a un passo dalla guerra, si è svolto ieri pomeriggio, 25 novembre, alla Pontificia Università Gregoriana il convegno “La mediazione papale come meccanismo per la promozione della pace: 40 anni del Trattato di Pace e l’Amicizia Argentina-Cile”. L’evento ha fatto seguito all’Atto commemorativo svoltosi la mattina nel Palazzo Apostolico alla presenza di Papa Francesco, con le delegazioni dei due Paesi sudamericani, guidate rispettivamente dall’ambasciatore argentino Luis Pablo Beltramino e dal ministro degli Affari Esteri del Cile, Alberto van Klaveren. Entrambi nel pomeriggio erano presenti al convegno alla Gregoriana dove ha preso parte il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin. Presenti pure l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, alcuni membri del gruppo negoziale cileno del Trattato e diverse autorità civili e religiose di Cile e Argentina.

Proiettare nel futuro gli insegnamenti del passato

Nel suo intervento, Parolin ha ricordato l'importanza della mediazione della Santa Sede nella risoluzione dei conflitti, attraverso gli strumenti della diplomazia. Mediazione avvenuta silenziosamente in Paesi e in tempi diversi. Il cardinale ha proposto tre aspetti importanti nella risoluzione dei conflitti: la promozione del dialogo, l’esercizio del multilateralismo e la ricerca di strumenti che aiutino a raggiungere la pace. Poi, nel 40° anniversario della firma del “Trattato di Pace e Amicizia Argentina-Cile”, ha sottolineato che non si tratta solo di commemorare un evento, ma di proiettare nel presente e nel futuro gli insegnamenti che la firma di questo accordo ci offre.

Problemi globali, risposte globali

“La lezione attuale di questo evento è che è servito all’Argentina e al Cile per evitare una guerra e per stabilire una collaborazione”, ha sottolineato Parolin. “Abbiamo sentito come questa collaborazione si è diffusa in vari ambiti e continua ancora oggi. È un esempio per la soluzione dei conflitti, soprattutto nel nostro mondo dove essi si moltiplicano e in cui dobbiamo cercare formule che ci permettano di trovare soluzioni”. Il Trattato ha, dunque, “una dimensione presente e futura”, ha affermato il segretario di Stato, soffermandosi sul tema della “crisi” del multilateralismo. Oggi nel mondo ci sono tanti problemi globali che richiedono una soluzione globale, ma senza la collaborazione di tutti non si potrà trovare una soluzione, ha affermato. “Oggi il multilateralismo è in crisi, come ha detto Papa Francesco, le persone, gli Stati, si considerano avversari fino a diventare nemici”, ha affermato il cardinale Parolin. “Occorre invece superare questo atteggiamento e riscoprire la fiducia reciproca e lavorare insieme per interessi comuni. Oggi ci sono tanti problemi globali che devono essere risolti globalmente, se non c’è fiducia e collaborazione, se non c’è il multilateralismo, cioè la partecipazione di tutti, non si trova una soluzione”.

Una soluzione pacifica anche nei momenti più bui

Da parte sua il ministro cileno van Klaveren ha affermato che il processo di mediazione di 40 anni fa “è un caso esemplare di tutte le virtù attribuite alla pratica diplomatica”: “La Santa Sede ha agito come agente imparziale e neutrale, ancorato ai valori della pace e del rispetto reciproco, offrendo uno spazio in cui entrambi i Paesi potessero trovare punti di convergenza e superare le loro differenze”. In questo senso, “la mediazione papale ha evidenziato il potere trasformativo della diplomazia, ricordandoci che, anche nei momenti più bui, è possibile trovare una soluzione pacifica e giusta. La solidità dei suoi risultati ne fa una delle mediazioni più riuscite portate avanti dalla Santa Sede nel corso del XX secolo”. Per il ministro, in “un contesto globale” caratterizzato da molteplici sfide, il messaggio di pace che emerge da questa trattativa è di grande attualità: “Invita tutti i Paesi, grandi e piccoli, a ricordare che la diplomazia è uno strumento potente e che la pace è un obiettivo raggiungibile quando c’è volontà politica e impegno da parte degli attori coinvolti”.

Un grande sforzo da parte della Santa Sede

Alla conferenza ha preso parte anche il diplomatico argentino Enrique Candioti, avvocato e membro del gruppo che lavorò al Trattato di Pace e Amicizia, il quale ha condiviso la testimonianza sui negoziati di quattro decenni fa. Ha raccontato quindi degli oltre 600 incontri tra le due delegazioni in Vaticano, in sei anni, della mediazione della Santa Sede e soprattutto dell’intervento di San Giovanni Paolo II. “Penso che sia un esempio di un grande sforzo da parte della Santa Sede con i due governi e le loro diplomazie per risolvere una questione che andava avanti da molto tempo e minacciava seriamente la pace e la stabilità nella regione”, ha affermato. “Celebrare questi 40 anni ricorda l’occasione quasi provvidenziale in cui il Papa, recentemente insediato, prese nelle sue mani la missione di riunire le parti e offrire la sua collaborazione per un accordo”.

Allo stesso modo, il diplomatico argentino ha sottolineato l’importanza storica della firma dell’accordo e l’eredità che lascia al nostro tempo: “È stato un negoziato difficile, duro, con battute d'arresto, ma alla fine ha prevalso la volontà di raggiungere una intesa in entrambi i Paesi e con l’aiuto della Santa Sede tutto si è concluso in modo soddisfacente”. Il trattato, ha rimarcato Candioti, “è vivo”, “ha portato molti frutti” ed è “una grande lezione storica”.

La vocazione alla pace

Da parte cilena, quale membro del gruppo negoziale del Trattato ha testimoniato l’ambasciatore Milenko Skoknic. Anche lui si è soffermato sulla eredità centrale dell’accordo, ovvero la vocazione alla pace dei Paesi nel mondo che è anche l’elemento centrale del lavoro della Santa Sede e della Chiesa cattolica. Dal 1978 al 1984, ha ricordato, “siamo entrati in un lunghissimo processo di mediazione. Nessuno ha perso la fiducia, anche se a volte era difficile continuare perché non c’erano progressi, ma sempre la fede del cardinale Samoré, di quelli che vennero dopo, del cardinale Cassaroli e degli altri, permeava lo spirito con cui dovevamo agire”.

Anche Skoknic ha sottolineato l’importanza del multilateralismo e del dialogo nella risoluzione dei conflitti, tenendo presente il bene comune delle persone e dei popoli. “La cosa più importante è imparare a distinguere e cedere altre cose. Se tutti entrano con la loro massima richiesta, la pace non sarà mai raggiunta. Non importa quanti sforzi verranno fatti, dobbiamo in qualche modo riconvertire gli spiriti e pensare al beneficio della pace tra i popoli e, da questo punto di vista, capire cosa possiamo ottenere e fare”.

 

 

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26 novembre 2024, 13:00