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Il Papa durante un'udienza con i nunzi apostolici nel 2019 (foto d'archivio) Il Papa durante un'udienza con i nunzi apostolici nel 2019 (foto d'archivio)

Sognando una pace mondiale: un libro spiega i fondamenti della diplomazia vaticana

"I legati pontifici” è il titolo del saggio di don Pino Esposito che legge la storia dei delegati pontifici con la lente della “diplomazia collegiale”. La prefazione è del sostituto Peña Parra

Andrea Tornielli

Dopo Diplomatici con il Vangelo (Pieraldo Editore, 2018), corposo volume dedicato alle biografie dei Segretari di Stato, don Pino Esposito torna ad occuparsi di diplomazia vaticana con il libro I legati pontifici (Gambini editore). Il saggio legge la storia dei delegati del Papa sotto la lente della “diplomazia collegiale”. Una rilettura delle relazioni internazionali che fa emergere, nella corresponsabilità tra il Papa e i suoi diretti rappresentanti nel mondo, il fondamento della Chiesa come comunione.

Pubblicato nel settembre scorso, il libro ricostruisce con minuziosità l’evoluzione di questo istituto giuridico, dagli emissari papali nei primi concili ecumenici, passando dalla canonistica medievale fino agli ambasciatori moderni e alla diplomazia contemporanea. L’autore, attraverso lo studio delle forme, delle funzioni e dei titoli legatizi, dimostra come questa figura si sia progressivamente conformata a un modello maggiormente partecipativo, culminando nell’adozione del principio “ognuno… è un chiamato, un invitato”, paradigma che trova compiuta espressione a partire dal Concilio Vaticano II. Questo sviluppo rispecchia la crescente consapevolezza della dimensione collegiale all’interno della Chiesa. Nei “legati” si riconoscono i collaboratori del Vescovo di Roma nell’esercizio della cura pastorale e la promozione dell’unità ecclesiale. Questa dinamica ben restituisce l’importanza della corresponsabilità nel bilanciamento volto a equilibrare centro e periferia della e nella Chiesa.

La copertina del libro di don Pino Esposito
La copertina del libro di don Pino Esposito

L’analisi degli appellativi di dignità ‘filiale’ e 'fraterna’, quali “filius noster”, con cui per secoli i Papi si sono rivolti ai propri rappresentanti diplomatici, rivela sfumature di vicinanza impensate nel contesto dell’attuale politica internazionale. Toni simili trovano corrispondenze nelle nunziature di oggi, definite, in modo sempre più ricorrente, “casa del Papa”. Questa espressione, come sottolineato da Esposito nel capitolo conclusivo, coniuga il concetto giuridico di rappresentanza a un simbolismo dell’abitazione, sviluppando connotazioni famigliari e accoglienti. In linea con il pontificato di Francesco, essa sottintende l’incongruità della nozione stessa di “affari esteri” o di straniero nella prospettiva della Chiesa.

La descrizione del patrimonio diplomatico della Chiesa, dettagliata in questo libro, racchiude un potenziale rimasto in larga misura inutilizzato nel contesto geopolitico contemporaneo. Di antica data ma di straordinaria attualità, affinato nel corso di quasi due millenni, questo patrimonio fa intravvedere il sogno della pace mondiale. È possibile immaginare una diversa gestione dei conflitti di portata globale, come quelli in corso in Ucraina e a Gaza, finora basati unicamente sulla logica della vittoria di una parte sull’altra? La parola “diplomazia”, ridotta come è, nel tempo in cui viviamo, quasi a un eufemismo dispregiativo, dovrebbe ritrovare la sua ragion d’essere. Quanto bisogno c’è di creatività diplomatica! Quanto ci sarebbe bisogno oggi di “oneste trattative” per arrivare ad “onorevoli compromessi”, per usare le parole che Papa Francesco ha rivolto alle autorità del Lussemburgo. È dunque quanto mai utile ripercorrere, scorrendo questo saggio di Esposito, la poliedrica storia della diplomazia pontificia, alla ricerca di modelli di politica internazionale alternativi. Quarant’anni fa la creatività diplomatica di san Giovanni Paolo II e del suo inviato, il cardinale Antonio Samorè, riuscirono a fermare una guerra ormai imminente fra Argentina e Cile. Perché non è possibile anche oggi ripetere quel “miracolo” che salvò tante vite umane, evitò devastazioni, il lutto di tante famiglie?

È indicativo al riguardo leggere la prefazione del sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Edgar Peña Parra, che riflette su un principio evangelico della diplomazia vaticana: l’unità di cuore e di anima, come espresso in Atti 4,32. Mentre la postfazione del vescovo San Marco Argentano – Scalea, Stefano Rega, inquadra l’intero progetto editoriale nella pastorale dell’“oltre”, nel compito cristiano di inoltrarci nella parte opposta, di andare incontro allo straniero come nostra “altra riva”, Atti 4,32. Tendere la mano, costruire ponti, saper rinunciare a qualcosa per un bene più grande, pensare alle giovani generazioni del proprio Paese alle quali la guerra ruba il futuro. Di questo ha estrema necessità il nostro mondo a un passo dal baratro. E lo studio della storia, come insegna Papa Francesco, può aiutarci a trovare vie impensate per aprire spiragli di pace.

 

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28 novembre 2024, 10:00