Pio XII Pio XII

Democrazia e manipolazione delle masse: quelle parole profetiche di Pio XII

Un convegno a Roma sull’attualità del messaggio natalizio del 1944 di Papa Pacelli, diffuso in un mondo ancora squassato dalla tragedia della guerra e considerato una forma di "battesimo" della democrazia

Andrea Tornielli

Ottant’anni fa, il 24 dicembre 1944, Pio xii pronunciava un radiomessaggio natalizio «ai popoli del mondo intero» riflettendo sul tema della democrazia, che è stato oggetto di un convegno organizzato dal Comitato Papa Pacelli e presieduto dal cardinale Dominique Mamberti. Tra i relatori, anche Luca Carboni, dell’Archivio Apostolico Vaticano. Quel radiomessaggio, diffuso in un mondo ancora squassato dalla tragedia della guerra, rappresenta la prima ufficializzazione del personalismo cristiano di Jacques Maritain applicato alla politica, postulando la centralità della responsabilità e della partecipazione di ogni cittadino alla conduzione della cosa pubblica.

Tanti gli spunti di attualità di quel testo magisteriale considerato una forma di "battesimo" della democrazia: dal principio fondante della dignità dell’uomo all’unità di tutto il genere umano; dal fermo e deciso "no" alla guerra di aggressione come soluzione legittima delle controversie internazionali (Papa Pacelli gridò in quella occasione: "Guerra alla guerra!"), all’auspicio che si formi "un organo per il mantenimento della pace", investito "per comune consenso di suprema autorità" (le Nazioni Unite).

Tra i passaggi profetici del testo di Pio XII, che aveva ben presenti gli esiti nefasti del totalitarismo, c’è sicuramente la distinzione tra popolo e "massa": "Il popolo vive e si muove per vita propria; la massa è per sé inerte, e non può essere mossa che dal di fuori. La massa... aspetta l’impulso dal di fuori, facile trastullo nelle mani di chiunque ne sfrutti gl’istinti o le impressioni, pronta a seguire, a volta a volta, oggi questa, domani quell’altra bandiera". Il Papa osservava che della massa "abilmente maneggiata ed usata" può servirsi pure lo Stato. La massa manipolata diventa "nemica capitale della vera democrazia e del suo ideale di libertà e di uguaglianza".

Il rischio della manipolazione del consenso è in effetti quantomai attuale. Oggi, più che in passato, sembra talvolta che a prevalere nelle decisioni politiche non sia la forza degli argomenti migliori e dei programmi, ma siano piuttosto i rancori, i risentimenti, l’istinto. L’obiettivo principale non è più quello di migliorare le condizioni sociali di tutti ma piuttosto quello di rendere le società competitive, presentando le riforme come necessarie per non «rimanere indietro».

Le applicazioni dell’ingegneria genetica, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, la corsa al riarmo - per fare soltanto alcuni esempi - incombono come una necessità strutturale per rimanere competitivi. Eppure, come notava Giovanni Paolo II nell'enciclica Centesimus Annus, «una democrazia senza valori si converte facilmente al totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia».

Come non pensare, guardando alla situazione odierna, ai rischi legati alla manipolazione delle informazioni in rete, alle fake news, alla profilazione per fini commerciali degli "individui consumatori"? Come non pensare al venir meno nel loro radicamento popolare di quelli che la Dottrina sociale della Chiesa definisce "corpi intermedi", cioè alle associazioni, ai partiti, a tutto ciò che nasce dal basso perché le persone si organizzano per rispondere ai bisogni della società? Perché la democrazia si realizzi, oltre alla promozione dei singoli, è fondamentale il ruolo della società e dunque sono indispensabili luoghi e strutture di partecipazione e corresponsabilità. È necessario ascoltare, dialogare, confrontarsi. È necessario aprire gli occhi per evitare che le democrazie si trasformino in oligarchie, con il potere esercitato a chi detiene immensi capitali.

Ricevendo nel 2016 in Vaticano il Premio Carlo Magno, Papa Francesco ha rievocato una frase illuminante di uno dei padri fondatori dell’Europa, Konrad Adenauer: "Il futuro dell’Occidente non è tanto minacciato dalla tensione politica, quanto dal pericolo della massificazione, della uniformità del pensiero e del sentimento; in breve, da tutto il sistema di vita, dalla fuga dalla responsabilità, con l’unica preoccupazione per il proprio io".

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10 dicembre 2024, 16:35