A Natale, i capolavori dei Musei Vaticani in mostra a Castel Gandolfo
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
È l’evento che ricapitola il senso di ogni cosa e su cui si fonda la speranza a cui è dedicato l’ormai prossimo Giubileo. La nascita di Gesù è al centro di una delle due mostre che, in occasione delle festività natalizie e dell’apertura dell’Anno Santo, sono ospitate nel Palazzo Papale di Castel Gandolfo.
Un dipinto quattrocentesco del Ghirlandaio rappresentante l’“Adorazione del Bambino” e altre quattro Natività di Maestri del XV secolo, tutti provenienti dalla Pinacoteca Vaticana, costituiscono il nucleo della prima esposizione. La seconda ha invece per protagonista un altro capolavoro dei Musei Vaticani che eccezionalmente giunge nella cittadina dei Castelli Romani: si tratta di uno degli arazzi ideati da Raffaello per la Cappella Sistina, dedicato alla Lapidazione di Santo Stefano.
L'iconografia della Natività
La mostra “Natività. Ghirlandaio e altri Maestri del Quattrocento” è curata da Fabrizio Biferali, responsabile del Reparto per l’arte dei secoli XV-XVI.
Narrata nei Vangeli di Matteo e Luca, la Natività a partire dal IV secolo fu fonte di ispirazione per l'arte con iconografie differenti a seconda delle epoche: la presenza della Vergine Maria, spiega il curatore, divenne costante a partire dal Concilio di Efeso che nel V secolo stabilì definitivamente che la Madonna fosse Theotokos, ovvero la «Madre di Dio». Con il tardo Medioevo invece, conseguentemente al culto promosso dai francescani in Europa, vengono introdotte la figura di Giuseppe, santo e sposo della Vergine e, nella seconda parte del Duecento, le scene dell'Annuncio ai pastori e l'Adorazione dei magi.
"Nel Quattrocento - prosegue Biferali - si afferma anche l'iconografia delle rovine classiche sullo sfondo: un'allusione al passaggio dal vecchio mondo pagano alla Rivelazione che trova uno spartiacque nell'episodio della Natività".
Il capolavoro proveniente da un armadio
L’Adorazione del Bambino dipinta dal fiorentino Domenico Bigordi, detto il Ghirlandaio è una preziosa e raffinata tavola di dimensioni ridotte (cm 45x42), eseguita a tempera e oro intorno al 1492 per un armadio ormai smembrato che si trovava nella sagrestia del duomo di Pisa ed era destinato forse a contenere reliquie. L’opera di qualità pittorica elevatissima rivela la peculiare attenzione dell’autore alla resa minuta dei dettagli e la sua sensibilità filologica nei confronti dell’antico. "Ghirlandaio - prosegue il curatore - si rifa a moduli e a tematiche di origine medievale: il fondo oro dà conto di questo suo tentativo di ritornare anche dal punto di vista tecnico ad un mondo sorpassato".
Le quattro Natività
Le altre quattro splendide Natività quattrocentesche sono tutti scomparti di predella dipinti a tempera su tavola e realizzate da maestri diversi: il pittore e miniatore fiorentino Zanobi Strozzi, i senesi Giovanni di Paolo e Sano di Pietro ed infine il marchigiano Ludovico Urbani. L’Adorazione dei Magi, dipinta da quest’ultimo in una tavoletta di formato orizzonatale stretto, è offerta al visitatore in tutto il suo splendore cromatico grazie al restauro eseguito nel 2022 dal Laboratorio Restauro Dipinti e Materiali lignei dei Musei Vaticani con il sostegno del New York Chapter dei Patrons of the Arts in the Vatican Museums.
L'arazzo ideato per la Cappella Sistina
Nella Sala dei Papi del Palazzo Papale di Castel Gandolfo è invece allestita la mostra “La Lapidazione di Santo Stefano. Un arazzo di Raffaello per la Cappella Sistina” curata da Alessandra Rodolfo, responsabile del Reparto arazzi e tessuti dei Musei Vaticani.
Il grande pittore e il rinomato arazziere
L'esposizione è dedicata ad uno dei capolavori della celeberrima serie di arazzi degli Atti degli Apostoli, realizzata tra il 1515 ed il 1521 su commissione di Leone X per ornare la parte inferiore delle pareti della Cappella Sistina. Il Pontefice, ricorda Alessandra Rodolfo, “si rivolse a uno dei più grandi pittori di tutti i tempi, Raffaello Sanzio, e al più esperto e rinomato arazziere del momento, il brussellese Pieter Van Aelst, divenuto da quel momento tappezziere del Papa”.
I cartoni di Raffaello
Il grande urbinate, coadiuvato dagli allievi, ideò i cartoni, “un vero e proprio ciclo monumentale dipinto su carta con le storie di Pietro e Paolo da tradurre in grandi e magnifici arazzi. Spediti i cartoni a Bruxelles, in pochi anni il Van Aelst realizzò le preziose tappezzerie”.
Quel memorabile 26 dicembre 1519
“Il 26 dicembre 1519, nel giorno di Santo Stefano, - prosegue Alessandra Rodolfo - sette dei dieci arazzi giunti a Roma furono esposti in occasione della messa nella Cappella Sistina”. L’emozione suscitata circa cinquecento anni fa si rinnova oggi al cospetto del pregiato panno esposto nel Palazzo Papale di Castel Gandolfo: “L'effetto della Cappella Sistina parata dai magnifici arazzi dovette essere straordinario”, osserva la responsabile del Reparto arazzi dei Musei Vaticani, citando lo stupore e l’ammirazione di tutti i convenuti descritti nel diario dell’allora maestro delle cerimonie Paride de Grassi. “La raffinatissima manifattura e il ricco e innovativo repertorio iconografico prodotto dal genio di Raffaello fece giudicare l’opera da tutti superiore, per bellezza, a qualsiasi altra cosa al mondo”.
L’arazzo, valorizzato nell’allestimento e nell’illuminazione dell’esposizione, illustra il martirio del diacono Stefano, primo a sacrificare la vita per Cristo. Convulsi e contorti i movimenti dei carnefici attorno al protomartire inginocchiato con lo rivolto sguardo al cielo. In primo piano, sulla destra, è raffigurato Saulo di Tarso, che dopo la conversione prenderà il nome di Paolo. "Ammirando la disposizione articolata e geniale di Raffaello, la raffinatezza dorata del ricamo della veste del santo, il messaggio religioso che ne fuoriesce è potente", conclude Alessandra Rodolfo, "non possiamo che essere d'accordo con l'ammirazione e lo stupore dei fortunati che parteciparono alla Messa del 26 dicembre 1519"
L’accesso a tutte le mostre in corso al Palazzo Papale di Castel Gandolfo è incluso nel biglietto d’ingresso, insieme al Giardino del Moro e al Giardino Segreto.
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