Porta Santa di San Paolo, Harvey: c'è speranza anche in questo tempo ferito
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
"Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore. Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme”. Le parole del salmista e il suono del corno hanno accompagnato il rito di apertura dell’ultima Porta Santa, nella Basilica papale di San Paolo fuori le Mura, presieduto oggi, domenica 5 gennaio, dal cardinale arciprete James Michael Harvey. La sequenza di istanti e immagini si è legata a quanto già vissuto, in questo scorcio iniziale del Giubileo della Speranza, a San Pietro, nel carcere di Rebibbia, a San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore. Lo sguardo dei fedeli, prima di addentrarsi nella Basilica che custodisce le spoglie dell’Apostolo delle Genti, si è rivolto verso la croce sulla cima del timpano della facciata mosaicata. Sotto questo simbolo di vita che supera morte e peccato sono riportati due vocaboli in latino: “Spes unica”. Parole che ricordano all’uomo una certezza: Cristo è la speranza, la Porta per entrare nel Regno di Dio.
L’apertura della Porta Santa
Nella Basilica di San Paolo, che sorge sulla via Ostiense nel quartiere omonimo vicino alla riva sinistra del Tevere e a pochi chilometri dal luogo dove l’Apostolo subì il martirio, il rito di apertura della Porta Santa è stato scandito dalla preghiera. Il cardinale Harvey si è avvicinato alla Porta, sulla destra della facciata, realizzata in bronzo con bassorilievi raffiguranti episodi significativi della vita di San Paolo. Ha quindi aperto i battenti in un silenzio orante da parte dei fedeli. Il suono delle campane della Basilica ha preceduto i momenti successivi. Il cardinale Harvey ha varcato la soglia mentre è risuonato l’inno del Giubileo. La processione, alla quale hanno partecipato anche i membri della comunità monastica di San Paolo fuori le Mura, si è avviata verso l’altare della Confessione. Il cardinale arciprete, insieme tra gli altri all’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione e organizzatore del Giubileo, ha percorso la navata della basilica. Alla celebrazione eucaristica hanno partecipato oltre 2800 persone.
Gioia e speranza
Fedeli e pellegrini hanno ascoltato il passo del Vangelo di Giovanni sull’incarnazione del Verbo che “venne ad abitare in mezzo a noi”. Nell’omelia l’arciprete della basilica di San Paolo fuori le Mura si è soffermato sull'apertura della Porta Santa, “un atto tanto semplice quanto suggestivo”. “Abbiamo varcato la soglia del tempio sacro con immensa gioia, perché in modo emblematico abbiamo varcato la porta della speranza”. Il binomio che ha delineato il rito liturgico presieduto nella basilica, distrutta da un incendio nel XIX secolo, è stato ritmato da due parole centrali dell’Anno Santo: gioia e speranza. “La gioia - ha detto il cardinale Harvey - perché è nato il Salvatore, la speranza perché Cristo è la nostra speranza”.
Perdono e misericordia
La gioia, “il sentimento giusto anche per il dono della Redenzione in Gesù Cristo”, unisce i tempi vissuti, in questo frangente attuale, dalla Chiesa e dal popolo di Dio. La letizia per il periodo natalizio è infatti accompagnata quest’anno dal Giubileo, un cammino che trova nel perdono la stella per tutti i passi di ogni uomo. “L'apertura della Porta Santa - ha affermato il porporato nell’omelia - segna il passaggio salvifico aperto da Cristo, con la sua incarnazione, morte e risurrezione, chiamando tutti i membri della Chiesa a riconciliarsi con Dio e con il prossimo”. Varcare con fede la soglia della Porta Santa significa entrare “nel tempo della misericordia e del perdono”, affinché ad ogni persona “sia dischiusa la via della speranza che non delude”. “Quanto mai abbiamo bisogno adesso della speranza! In questo periodo post pandemia - ha affermato nell’omelia l’arciprete della basilica di San Paolo fuori le Mura - purtroppo ferito da tragedie, guerre e crisi di varia natura, la speranza, benché indubbiamente legata al futuro, la si sperimenta anche nel presente”.
Pellegrini di speranza
Del resto la speranza, come ha detto Papa Francesco all’udienza generale dello scorso 11 dicembre, “non è una parola vuota, o un nostro vago desiderio che le cose vadano per il meglio”. “La speranza - ha detto il cardinale Harvey, ricordando quanto affermato dal Pontefice - è una certezza, perché è fondata sulla fedeltà di Dio alle sue promesse”. Non si deve pensare che la speranza sia “una virtù passiva”, un tempo in cui ci si “limita ad attendere che le cose succedano”. È in realtà, come ha sottolineato Francesco, “una virtù sommamente attiva che aiuta a farle succedere”. Il Giubileo del 2025, come ogni Anno Santo, chiede di diventare pellegrini. Questo, ha osservato il cardinale Harvey, comporta “il sentirsi parte di una comunità che da duemila anni percorre le strade di questo mondo, proclamando la risurrezione del Signore Gesù”. La Chiesa invita ciascun pellegrino “a intraprendere un viaggio spirituale sulle orme della fede”. “La speranza cristiana - ha concluso il porporato - davvero ci sostiene nel nostro pellegrinaggio”. Il Natale, il Giubileo e il cammino dell’umanità attendono ora i passi dei pellegrini di speranza.
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