A Roma, un convegno sugli edifici di culto e il ruolo degli artisti
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Due giorni di analisi e riflessioni sul passato con uno sguardo rivolto al futuro. Si è svolto il 13 e 14 febbraio a Roma, per iniziativa di due atenei pontifici, il Convegno internazionale "L'edificio di culto e gli artisti. Bilanci e prospettive a 25 anni dal primo giubileo degli artisti (2000-2025)". I Pontefici hanno presto sentito l'esigenza di chiamare al dialogo gli artisti che si pongono di fronte alla creazione di opere d'arte sacra o alla progettazione delle chiese. Obiettivo dell'incontro, patrocinato dal Dicastero per l'Evangelizzazione, è stato quindi quello di fare un bilancio - in occasione del Giubileo loro dedicato - su come architetti, pittori, scultori abbiano saputo rispondere a queste sollecitazioni. Allo stesso tempo si sono discusse le prospettive dell'arte e dell'architettura sacra, senza perdere di vista quanto espresso dalla Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium del Concilio Vaticano II e cioè "conservare la sana tradizione e aprire nondimeno la via ad un legittimo progresso", nella convinzione che, per citare le parole di Benedetto XVI, "la tradizione è una realtà viva, include perciò in se stessa il principio dello sviluppo, del progresso. Come a dire che il fiume della tradizione porta in sé sempre la sua sorgente e tende verso la foce".
Il professor Ottavio Bucarelli, docente di Archeologia ed Epigrafia cristiana presso la Pontificia Università Gregoriana, dove dirige il Dipartimento dei beni culturali della Chiesa, ci ha spiegato che le ragioni di questo convegno, “sono state quelle di voler fare un focus, un punto della situazione a 25 anni dal primo Giubileo degli artisti indetto da Papa san Giovanni Paolo II. È stato un momento di riflessione su quanto si è fatto sul rapporto tra la Chiesa e gli artisti -aggiunge il professore- tra ciò che i Pontefici hanno detto e dicono circa l'arte e il rapporto con la Chiesa e quanto oggi noi abbiamo sotto i nostri occhi, in particolare all'interno delle chiese che frequentiamo la domenica o nei giorni feriali". "Il convegno è stato pensato e realizzato - spiega ancora - attraverso la collaborazione sinergica di due università, il Dipartimento dei beni culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana e l'Istituto di liturgia della Pontificia Università della Santa Croce attraverso il gruppo di ricerca interuniversitario e interdisciplinare "Sacro Contemporaneo", gruppo di docenti di diverse università pontificie e statali. Queste due giornate sono state quindi il primo risultato di questa collaborazione”.
Bilanci e prospettive
Il Convegno è stato diviso in due sezioni, una dedicata ai bilanci e una alle prospettive, durante le quali si sono susseguite numerose relazioni e comunicazioni di relatori di caratura internazionale, tra docenti, ricercatori e artisti. In particolare, sottolinea Bucarelli “nella sezione dei bilanci è stata condotta un'analisi sulla città e sulle chiese di Roma, costruite in questi ultimi 25 anni e come esse abbiano più o meno superato la cosiddetta prova del tempo, cioè come le comunità abbiano recepito le nuove chiese, e se entrando negli edifici di culto, di fronte ad architetture talvolta inedite, con opere d'arte anche complicate da interpretare, i fedeli si siano sentiti a loro agio”, osserva il professore.
Nella sezione che riguarda le prospettive è stata effettuata invece una rassegna di tutto l'orbe cristiano, dall'Occidente all'Oriente, sulle chiese realizzate nell’ultimo venticinquennio, dove troviamo esempi non riconducibili a un'iconografia o ad un'architettura che noi pensiamo classica, e dove molte sono state le sperimentazioni. "Abbiamo riflettuto sulla libertà dell'artista e sulle esigenze dello spazio sacro", chiosa Bucarelli. "Già Giovanni Paolo II e poi i suoi successori, Benedetto XVI e Papa Francesco, hanno invocato un dialogo con gli artisti che però non sempre ha dato quei frutti sperati dalla Chiesa stessa".
Nuovi adeguamenti
Con il Concilio Vaticano II, il modo di celebrare la messa è cambiato con un conseguente mutamento anche della distribuzione degli spazi, come ad esempio la posizione dell'altare, che ora non dà più le spalle ai fedeli ma permette al celebrante di guardare verso di loro, versum populum. "La progettazione delle nuove chiese si è dovuta adeguare a una diversa conformazione del presbiterio. Un altro problema è l'adeguamento delle chiese di antica fondazione, dove ancora oggi è necessario trovare una sintonia tra struttura, ovvero il corpo storico, e progetto di adeguamento contemporaneo che dovrebbe dialogare con quello che già esiste, introducendo nel corpo antico nuovi elementi in modo armonico in modo tale che il celebrante e la comunità percepiscano le novità come qualcosa di naturale e non come un elemento estraneo", spiega Bucarelli. "La difficoltà di queste operazioni, ma anche la bellezza della progettazione, dimostra quanto sia importante il dialogo tra Chiesa, artisti e architetti", continua lo studioso. "E soprattutto quanto sia importante la formazione, perché l'artista spesso proviene da un territorio che non ha sperimentato, nel suo portfolio, opere d'arte sacra o comunque adatte alla liturgia e lo stesso avviene con l'architetto, pertanto è necessario che siano condotti, portati per mano a capire le esigenze della Chiesa e della liturgia".
Tutto è cambiato, nulla è cambiato
Si è appena concluso il Giubileo degli artisti e ci si chiede cosa sia cambiato dopo 25 anni dal primo. “Con una battuta potrei dire tutto è cambiato, nulla è cambiato - asserisce Bucarelli - perché i Pontefici hanno sempre ribadito la volontà, a partire da san Giovanni Paolo II e ovviamente ancora prima con il famoso discorso di san Paolo VI nella Cappella Sistina, la volontà di riallacciare questo dialogo, questo rapporto con artisti, architetti pittori e scultori, che si era andato perdendo e quindi sfilacciato, a volte addirittura sparito. E che spesso non corrispondeva a ciò che la Chiesa desiderava". "In questo venticinquennio abbiamo avuto una continuità nel magistero, quindi nulla è cambiato, anzi c'è stata una rinnovata conferma di ciò che la Chiesa ha bisogno", aggiunge il direttore del Dipartimento dei beni culturali della Chiesa. " 'Tutto è cambiato' , invece, nel senso che è cambiata la percezione dello spazio sacro nella progettazione architettonica. È cambiata la realizzazione delle opere d'arte". "Lamentiamo spesso che nelle nuove costruzioni - precisa il professore della Gregoriana- nelle nuove parrocchie, che sono luoghi dove la comunità più da vicino sente e vede e vive la Chiesa e fa suoi gli spazi, manchino le immagini oppure siano rarefatte o ancora di difficile comprensione. Anche la stessa architettura a volte ci lascia un po’ stupiti perché non troviamo più un campanile, una facciata ampia, con delle porte di ingresso monumentali, che indichino la strada, mentre all'interno non troviamo più le navate ma ambienti unici; lo spazio del presbiterio oggi non è più segnato da una sezione alta ma da 'isole liturgiche'", osserva Bucarelli.
Luogo di incontro con Cristo
"Rispetto alla nuova edilizia sacra ci dobbiamo interrogare se quanto creato dall'arte sia ancora in grado di indicare il mistero, di indicare Cristo e quindi facilitare l'incontro con il mistero e far sentire la comunità all'interno della casa di Dio. Tutto questo ci dice che l'arte potrà essere segno di speranza se riuscirà a essere portatrice e relatrice o faciliterà comunque l'incontro con Cristo e indicandolo all'interno dell'edificio di culto e favorendo quindi una celebrazione liturgica insieme anche, non dimentichiamolo, allo spazio della preghiera e della devozione". "Negli edifici contemporanei - conclude Bucarelli - infatti, tale spazio è a volte messo un po' da parte a favore dell'unica e sola celebrazione liturgica. È molto importante che ci sia uno spazio dedicato alla preghiera, alla devozione. L'arte deve essere in grado di portare e comunicare la speranza, questa speranza che è il volto di Cristo. Una speranza che è il motto del Giubileo che stiamo vivendo".
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