Papa Wojtyla, Krajewski: 20 anni fa il mondo si è fermato e ha pianto
Don Marek Weresa - Città del Vaticano
“Parlava prima da solo con Dio, poi quando usciva mostrava a tutti Dio ed è per questo che le sue parole erano così toccanti, cambiavano la nostra vita”. A 20 anni dalla sua scomparsa, il cardinale Konrad Krajewski ricorda ai media vaticani un aspetto di Giovanni Paolo II col quale ebbe modo di familiarizzare negli anni in cui il futuro elemosiniere del Papa viveva le sue giornate a servizio del cerimoniale pontificio. Papa Wojtyla, rammenta il porporato, era un uomo che quando andava a presiedere una liturgia, ancor prima dell'inizio della celebrazione, in sacrestia, si immergeva nella preghiera, quasi assente a ciò che lo circondava. “In questo suo non essere presente, si stava incontrando con Dio”, osserva il cardinale Krajewski. “Non sapevo che la santità fosse questo. Per me è stato normale, perché per sette anni, più volte alla settimana, ho visto il Santo Padre proprio così”.
2 aprile, silenzio assoluto
L’elemosiniere pontificio era presente la sera della morte del Papa polacco. Quando è tornato a casa, nella notte tra il 2 e il 3 aprile, ha notato che “il mondo si era fermato”, “il mondo si era inginocchiato a Piazza S. Pietro”: Tutte le strade erano piene di gente eppure ovunque c'era un silenzio assoluto. Non c'era nessuno nei negozi o nei ristoranti. Tutti si erano raccolti in preghiera". Anche grazie ai media, che hanno seguito da vicino tutto l’arco del pontificato, si è percepita bene quella sensazione di paralisi collettiva. “Probabilmente per la prima volta nella storia delle morti dei Papi abbiamo vissuto in questo modo”, nota il cardinale Krajewski, che poi si spinge in avanti, al momento in cui, caduta la grande tensione associata alla scomparsa di Karol Wojtyla, cominciano a emergere altri pensieri. “Era una cosa palpabile. Ci chiedevamo perché non fossimo come Giovanni Paolo II. Perché lui fosse santo e noi, che gli eravamo così vicini, invece non lo fossimo”.
Il Vangelo vissuto radicalmente
I ricordi dell’elemosiniere del Papa tornano al periodo del suo lavoro come cerimoniere. Giovanni Paolo II, sostiene, “ha vissuto i quattro Vangeli”. “La sua logica di lavoro, di condotta, di risoluzione di tutti i problemi, del mondo e personali, era - spiega - secondo i quattro Vangeli, cioè sine glossa”, senza aggiunte. In qualche modo, osserva il porporato, “quando aggiungiamo un commento al Vangelo, lo annacquiamo”, mentre “è molto radicale vivere secondo i quattro Vangeli”. Quando, prosegue il cardinale Krajewski, una persona si fa umile mettendosi completamente al servizio di Dio e dell'uomo, allora è veramente grande. Ecco perché Giovanni Paolo II è un santo.
L’eredità 20 anni dopo
Alla domanda su quale dovrebbe essere il messaggio più importante lasciato da Papa Wojtyla oggi, a distanza di 20 anni, l’elemosiniere pontificio ribadisce che è quello di vivere il Vangelo in pienezza. “Lui - ripete - ha vissuto secondo la logica del Vangelo e ha risolto il mondo con la logica del Vangelo”, e anche gli attacchi subiti in vita e dopo morte rientrano nella logica di Gesù che disse: ‘Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi’ (Gv 15,10). “Questo accade se viviamo secondo la verità di Dio”.
"Continua a radunarci insieme"
Nell'intervista il cardinale Krajewski ricorda gli inizi della Messa che viene celebrata presso la tomba di San Giovanni Paolo II. Durante la prima Eucaristia nelle Grotte Vaticane - che custodiscono la tomba di San Pietro - di giovedì, giorno dell'istituzione dei sacramenti dell'Eucaristia e del sacerdozio, durante l'omelia sono state lette le volontà del Santo Padre, che chiedeva Messe e preghiera. E così, da quel giovedì, si sono celebrate Messe. prima nelle Grotte e poi, dopo la beatificazione, all'altare di S. Sebastiano nella Basilica di San Pietro.
Queste Messe, ad eccezione del Giovedì Santo, vengono celebrate ininterrottamente da 20 anni. L’elemosiniere pontificio ha aggiunto che, sebbene ci siano tombe di diversi santi nella Basilica Vaticana, l'unico “culto potente e significativo” di questo tipo, in forma “visibile”, lo riceve San Giovanni Paolo II. C’è un folto gruppo di polacchi che vivono a Roma, ma anche coloro che vengono come pellegrini nella Città Eterna, soprattutto ora nell'Anno Giubilare, che si riunisce ogni settimana presso la tomba del Papa polacco. Nella concelebrazione ci sono sempre diverse decine di presbiteri, recentemente se ne sono contati oltre 100. Inoltre, grazie alla Radio Vaticana, e in Polonia alle stazioni radio cattoliche, i polacchi possono connettersi spiritualmente. Per il cardinale Krajewski questo “è un segno di unità, è un essere insieme. Giovanni Paolo II continua a radunarci”.
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