Vita consacrata: a Collevalenza, Convegno sui nuovi linguaggi per i giovani
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Provengono da tutt’Italia e si riuniscono oggi alla Casa del Pellegrino presso il Santuario Amore Misericordioso di Collevalenza, in Umbria, i 150 partecipanti al Convegno organizzato dalla Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism) sul tema: “Educarsi ai nuovi linguaggi”. Fino a venerdì, l’evento propone una riflessione su come “ripensare” le proposte formative per i giovani e per le giovani “che bussano alla porta della vita consacrata” in un tempo in cui anche i linguaggi cambiano velocemente. A spiegarlo a Vatican News è don Beppe Roggia, coordinatore per il Cism dell’Area di animazione della vita consacrata, tra gli organizzatori del Convegno. “Siamo preoccupati perché - e lo mettono in rilievo anche l’Instrumentum laboris del Sinodo dei giovani e il documento finale - c’è una difficoltà da parte di noi adulti, pure nella vita consacrata, ad utilizzare un linguaggio che possa essere recepito dai giovani; e noi possiamo recepire il linguaggio e la modalità di esprimersi dei giovani stessi, non solo nel significato materiale delle parole, ma nel dare valore e pregnanza alle parole che usiamo”. “Quindi pensare a una formazione di vita consacrata, un’animazione della vocazione per i giovani - prosegue il salesiano - esige che effettivamente noi ci poniamo a un livello di comprensione, mettendoci in relazione” (Ascolta l'intervista a don Beppe Roggia).
Nuove modalità di presentazione
Difficoltà di comprensione si riscontrano nel “presentare anche solo i consigli evangelici”, non nasconde don Roggia: “la sostanza è quella di sempre, ma la modalità di presentarli - osserva - non può essere quella che andava bene 30-40 anni fa, perché non viene più recepita nella dimensione più profonda e rischia di vedersi solo in una dimensione formale, esteriore. Ad esempio, prendiamo il voto di obbedienza: dovrebbe essere presentato - aggiunge l’organizzatore del Convegno - come voto di appartenenza, voto di libertà dell’appartenenza a Dio prima di tutto e poi a un Istituto e a un carisma. La stessa cosa ad esempio per la povertà, che dovrebbe essere presentata come voto di condivisione, e per la castità come voto di nuzialità”.
La Parola di Dio non cambia
“Ci rendiamo conto che le parole cambiano, i linguaggi cambiano, però c’è una Parola sostanziale che non cambia, che è quella di Dio. Questa è la prima dimensione del Convegno. Il secondo momento forte è che, se i linguaggi cambiano, se la modalità dei media e dei social network è presente in un determinato modo, c’è però la realtà che è la relazione tra le persone, tra una persona e l’altra, tra il formatore e il formando, tra un giovane e l’animatore o l’animatrice vocazionale. Ed è questa relazione che in fin dei conti deve essere sostanziata e deve rimanere forte”.
Compagni di strada
D’altra parte i giovani che hanno appena abbracciato la vita consacrata o stanno per abbracciarla “chiedono e sentono l’esigenza di essere accompagnati, ma non vogliono un tipo di accompagnamento - precisa il salesiano - che sia eccessivamente direttivo: vogliono piuttosto dei compagni di strada. Difatti, il documento conclusivo del Sinodo dei giovani presenta l’icona di Emmaus, perché è Gesù che si accompagna con i discepoli e apre loro la mente e il cuore per comprendere”.
Vicinanza libera e non dipendenza dai media
Parlando di vita consacrata in un recente messaggio alla Conferenza spagnola dei religiosi, il Papa ha esortato a “lavorare nell’evangelizzazione dei giovani perché si aprano alla chiamata del Signore”. “La prima cosa è - riflette don Roggia - fare strada con loro: ciò porta naturalmente ad aprire il cuore e a porsi delle domande. E dalle grandi domande della vita si arriva ad accompagnare a un orientamento, fino a una scelta di uno stato di vita, di qualsiasi vocazione che è quella che corrisponde maggiormente a sé. Al Convegno poi ci si chiede anche che tipo di relazione si debba avere con i media e con i social network in modo tale che sia davvero una vicinanza libera e non una dipendenza. Perché una delle grandi problematiche oggi, anche nella vita consacrata e sacerdotale, è una forma di dipendenza molto forte da questi mezzi, con gravi situazioni e conseguenze per la vita personale di ciascuno, che va - conclude don Roggia - dalla superficialità ad altre forme molto preoccupanti”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui