Vescovi europei: il crollo del muro di Berlino segno di riscatto e rinascita
Federico Piana – Città del Vaticano
“Un evento epocale che ha permesso la ripresa della storia unitaria europea”. Per monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina e primo vice-presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali d’Europa (Comece), la caduta del muro di Berlino del 9 novembre 1989 rappresenta il simbolo plastico dell’archiviazione definitiva della dolorosa fase post-bellica e la nascita di nuovi spazi di dialogo e collaborazione tra nazioni desiderose di riscatto e rinascita profonda. Quel momento ha segnato anche la lenta caduta delle ideologie dominanti nel ‘900. Un vero e proprio collasso, assicura monsignor Crociata.
Lei sostiene però che le differenze e le distanze tra Paesi non sono crollate del tutto con l’abbattimento del muro di Berlino. Perché?
R. - Ancora oggi siamo impegnati in un cammino per l’unificazione che superi ideologie e differenze che proprio quella divisione ha generato. La separazione così lunga tra i due blocchi non è stata indolore. E non si risana brevemente perché i processi storici sono molto lenti. Ma la strada è certamente quella giusta nonostante le molte difficoltà.
Nel comunicato per commemorare la caduta del muro di Berlino, i vescovi della Comece hanno invitato tutti gli europei a lavorare insieme per la libertà e l’unità tramite un “rinnovato processo di dialogo che trascenda mentalità e culture”. Questo nuovo processo di dialogo è iniziato?
R. - Sì ed è bene avviato. Alcuni problemi però sono legati alle distanze e alle differenze che debbono essere tenute presenti e non accantonate. Nei due blocchi europei del post-muro ci sono due percorsi di cammino diversi di riconversione. E questo richiede davvero una dose maggiore di dialogo. C’è una legittima attesa da parte dei Paesi dell’Europa orientale per una considerazione maggiore nei confronti delle loro ferite e delle loro esigenze: cosa che i Paesi dell’Europa occidentale non stanno facendo abbastanza. Il dialogo è davvero un’esigenza forte e la Chiesa può aiutare molto diventando un solido punto di riferimento.
Molti osservatori internazionali, in questi mesi, hanno più volte ripetuto che l’Europa corre il rischio della rinascita di nuovi muri innalzati da populismi e nazionalismi che stanno imperversando in molte nazioni. Secondo lei, è una analisi attendibile?
R. - Dopo la caduta del muro fisico di Berlino non sono caduti del tutto i muri simbolici, invisibili, che sono di diversa natura e non riguardano solo est ed ovest. Pensiamo solo alle divisioni che attraversano il nord ed il sud dell’Europa oppure sono presenti all’interno degli stessi Paesi europei: mi riferisco ai muri delle differenze economiche e sociali e a quelli che riguardano gli stranieri, gli immigrati.
Un nuovo muro di Berlino potrebbe tornare?
R. - Non credo. Certo, la storia è nelle nostre mani, dobbiamo lavorare affinché queste differenze vengano superate. I Paesi dell’est europeo hanno bisogno non di essere condannati ma di essere ascoltati per andare incontro alle loro esigenze maturate per ragioni storiche e sociali che, ripeto, noi forse non conosciamo. Deve esserci uno sforzo decisivo per scongiurare che qualcuno possa sognare di ricostruire nuove, funeste, divisioni.
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