La fortezza, virtù umana e dono dello Spirito per i nostri tempi
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Papa Francesco ha detto che il “Signore viene sempre a sostenerci nella nostra debolezza attraverso un dono speciale: il dono della fortezza”. Ci sono “dei momenti difficili e delle situazioni estreme in cui il dono della fortezza si manifesta in modo straordinario, esemplare. È il caso di coloro che si trovano ad affrontare esperienze particolarmente dure e dolorose, che sconvolgono la loro vita e quella dei loro cari” (Udienza generale, 14 maggio 2014).
Una virtù umana che assicura fermezza e costanza nel bene
La fortezza è, prima di tutto, una virtù umana, una delle quattro virtù cardinali che, “nelle difficoltà, - come spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica (1808) - assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni. Dà il coraggio di giungere fino alla rinuncia e al sacrificio della propria vita per difendere una giusta causa”.
Un dono di Dio per tutti quelli che lo chiedono
La fortezza non è caratteristica esclusiva di alcune persone, che compiono magari atti coraggiosi o eroici, proprio perché non è solo una virtù umana, ma è soprattutto un dono di Dio, uno dei sette doni dello Spirito Santo. Chiunque può riceverlo, se lo invoca. Così il Papa indica tutti quei martiri che “non hanno esitato a dare la propria vita, pur di rimanere fedeli al Signore e al suo Vangelo”: non erano super-uomini, ma persone come noi che hanno avuto dallo Spirito il dono della fortezza nel momento della morte. Francesco ricorda anche tutte le persone semplici che vivono una vita ordinaria con straordinario amore, compiendo nel silenzio quotidiani gesti eroici nelle piccole e grandi difficoltà dell’esistenza: “Fanno tutto questo perché c’è lo spirito di fortezza che li aiuta. Non conosciamo i loro nomi, ma sono i santi del quotidiano e vivono nascosti in mezzo a noi. Onorano la nostra Chiesa perché sono forti: forti nel portare avanti la loro vita, la loro famiglia, il loro lavoro, la loro fede”. È la testimonianza silenziosa dei martiri di ogni giorno che non comporta la morte, ma anch’essa "è un ‘perdere la vita’ per Cristo, compiendo il proprio dovere con amore, secondo la logica di Gesù, la logica del dono, del sacrificio” (Angelus, 23 giugno 2013).
Pazienza e perseveranza al servizio degli altri
È quell’eroismo semplice della quotidianità ben illustrato da una poesia di Giosuè Carducci, “T’amo, o pio bove”: si parla di un bue condotto ad arare i campi. La sua forza è possente, ma infonde in chi lo guarda sentimenti di pace e dolcezza. Il bue avanza sotto il giogo, paziente e lento: il frutto del suo lavoro è per altri. Alla fine i versi “E del grave occhio glauco entro l'austera / Dolcezza si rispecchia ampio e quieto / Il divino del pian silenzio verde” sembrano alludere al significato cristiano di una creatura che vive con pazienza e mitezza la propria vita, docile alla storia di Dio. È l’evangelica “hypomonè” - che spesso cita Papa Francesco - “quella pazienza che è portare sulle spalle le situazioni”, ma anche le persone affaticate e ferite dalla vita che Dio ci ha affidato, unite a noi dal giogo dell’amore (Discorso alla Federazione biblica cattolica, 19 giugno 2105).
Dio è la nostra forza
Nelle Sacre Scritture la forza è nell’immagine della roccia che è Dio: “Viva il Signore e benedetta la mia roccia, sia esaltato Dio, rupe della mia salvezza” (2Sam 22,47); “Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna” (Is 26,4); “Sii per me una roccia di rifugio, un luogo fortificato che mi salva. Perché mia rupe e mia fortezza tu sei” (Sal 31, 3-4). E così San Paolo vede il dono di Dio oltre la virtù umana che potrebbe farlo montare in superbia. Gesù stesso gli dice: “«Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte” (2Corinzi 12,7-10).
Nella prova, invochiamo dallo Spirito il dono della fortezza
Papa Francesco esorta a non farsi prendere dallo sconforto di fronte alle fatiche e alle prove della vita: “In questi casi, non perdiamoci d’animo, invochiamo lo Spirito Santo, perché con il dono della fortezza possa sollevare il nostro cuore e comunicare nuova forza ed entusiasmo alla nostra vita e alla nostra sequela di Gesù”. Infatti, “il Signore dà la forza, sempre, non ce la fa mancare. Il Signore non ci prova più di quello che noi possiamo tollerare. Lui è sempre con noi” (Udienza Generale del 14 maggio 2014). Come dice San Paolo: “Tutto posso in Colui che mi dà forza” (Fil 4,13).
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