Vescovi dell’India: serve una legislazione per i migranti interni
Isabella Piro - Città del Vaticano
Accelerare e rafforzare il più possibile, attraverso un’apposita legislazione, la protezione dei lavoratori migranti interni, tra le prime e principali vittime del Covid-19. Lo chiede, a gran voce, la Conferenza episcopale indiana (Cbci), attraverso le parole di padre Padre Jaison Vadassery, segretario della Commissione per i migranti. Nello specifico, i vescovi invitano all’attuazione effettiva di una normativa del 1979 dedicata proprio ai lavoratori migranti interstatali, ricordando che molti di essi stanno ora ritornando nelle aree urbane, dopo essere stati in quarantena nei loro villaggi d’origine. La legge del ’79 garantisce, infatti, il salario minimo, l’orario di lavoro e la salute del lavoratore, secondo parametri stabiliti dal governo, in un’ottica di responsabilità e di trasparenza. "Abbiamo assistito alla sofferenza dei lavoratori migranti durante l'esodo di massa che ha avuto luogo nel lockdown, mentre il Paese stava lottando contro la pandemia - spiega padre Vadassery, citato dall’agenzia Eglise d’Asie – La crisi sanitaria ha messo in luce la necessità immediata di rafforzare la tutela di queste persone, poiché il loro esodo è diventato una vera e propria crisi umanitaria”. Molti lavoratori migranti, infatti, “hanno dovuto percorrere a piedi diverse centinaia di km, lungo le strade e le ferrovie, per raggiungere i loro Stati d’origine”.
Un esodo che ha provocato vittime
E le vittime non si contano: a maggio, ad esempio, nel distretto di Aurangabad, nello Stato del Maharashtra, almeno 16 migranti sono rimasti uccisi al passaggio di un treno merci, ed altri 100 sono morti in incidenti stradali in tutto il Paese. Impiegati principalmente nei cantieri edili, nelle fabbriche e nelle fornaci di mattoni, e in settori come il lavoro domestico, il tessile, i trasporti e l'agricoltura, i lavoratori migranti provengono per lo più dagli Stati meno sviluppati dell’India, ad esempio Bihar, Chhattisgarh, Jharkhand, Odisha, Rajasthan e Uttar Pradesh. Private dei diritti fondamentali come l'assistenza abitativa, gli aiuti alimentari, le strutture sanitarie, l'accesso all'istruzione e ai servizi bancari, queste persone lavorano in condizioni precarie, senza alcuna sicurezza sociale o protezione legale.
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