Il ricordo di don Roberto, tra le "croci sporche" di tanti scartati
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
"C’è una famiglia lassù in Valtellina, nel paese di Regoledo, che piange un figlio, un fratello, uno zio, un nipote, un cugino, un amico. A loro va il nostro pensiero speciale e la nostra preghiera: Mamma Ida, papà Bruno, i fratelli Mario, Caterina, Enrico. Ci sono molte famiglie a Gravedona, a Lipomo, a Como e in tutta la diocesi che piangono un padre, un amico, un fratello". Inizia così la lettera di don Roberto Secchi, che accompagna il giorno dell'ultimo saluto a don Roberto Malgesini, il "prete di strada" ucciso a Como, per il quale si celebrano nel pomeriggio di oggi le esequie in forma privata, con la cerimonia trasmessa sul canale Youtube del settimanale della Diocesi comasca.
"Ci sono - scrive don Roberto Secchi - i poveri, i dimenticati, gli 'sbagliati' che hanno perso quella spalla su cui piangere, una delle poche rimaste, capace di fargli sentire il calore di quella umanità di cui tutti avvertiamo un grande bisogno. Molte voci si rincorrono in queste ore, slogan e definizioni su don Roberto, per noi amici il “Malge”, ma non dobbiamo dimenticare che Lui è stato ucciso proprio nel giorno in cui si faceva memoria di Maria ai piedi della croce, uno dei giorni di maggior solitudine e silenzio del Vangelo e non poteva essere diversamente perché don Roberto ha passato l’intera vita ai piedi delle croci di tanti uomini e donne piagati nel corpo e nello spirito. Lui ci ricorda che la croce non si ostenta, non è un trofeo, perché la croce si porta o si abbraccia e lui di croci sporche e scomode ne ha abbracciate per tutti gli anni del suo sacerdozio. I poveri non li ha giudicati, criticati o usati, non si è allontanato, si è piegato ogni santo giorno, nel nascondimento e nell’umiltà e si è preso cura degli “scomodi” e dei più fragili".
Don Roberto Malgesini, scrive ancora l'amico. "è definito prete degli ultimi, a me piace di più dire il prete dei primi, perché lui aveva capito che gli ultimi della fila per il mondo, sono e saranno sempre i primi davanti a Dio. Servo in vita, servo in morte, servo per amore. Chi lo ha conosciuto sa che di fronte ai riflettori della vicenda, e di qualunque uso strumentale se no voglia fare, si sarebbe defilato, avrebbe sorriso, alzato le spalle, e con le mani incrociate dietro la schiena, avrebbe ripreso ad andare in quei luoghi e in quelle strade dove i tanti crocifissi dalla storia e della vita chiedono ascolto, comprensione e dignità, e alla domanda: “Perché lo fai?”, la sua risposta continua ad essere ancora la stessa: “Lì c’è Gesù”. Oggi - sottolinea don Roberto Secchi - fa notizia la sua morte ma più forte è l’eco dell’amore che sta risuonando. Chi parla solo dell’albero abbattuto non si accorge che il segno più grande di questi giorni è la foresta di bene e di accoglienza che lui aveva seminato in questi anni, e che ora sta germogliando. E questa città di Como, e l’intera Chiesa sembrano essersi risvegliate dalle piccole o grandi malvagità, ed improvvisamente un fascio di luce ci permette di vedere sporgere i primi rami che ci toccano con la delicatezza del “Malge” e ci ricordano le parole dette da Gesù, il vero samaritano: “Va e anche tu fa lo stesso!”. Eh si “Malge”, mi sembra di vederti e di sentirti dire: “Su, che problema c’è? Vai e fai lo stesso, lì c’è Gesù”. Sarò, saremo capaci?".
Ultimo aggiornamento 19.09.2020 ore 7.47
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