Natale in Iraq: un Paese in attesa del Bambino Gesù e di Francesco
Amedeo Lomonaco - Città del Vaticano
Pregare perchè siamo figli della speranza. È l'accorata esortazione che rinnova, in questo tempo di Natale scosso dalla pandemia, il vescovo ausiliare del Patriarcato di Babilonia dei Caldei, monsignor Shlemon Warduni. In questi giorni lo sguardo deve essere rivolto verso il Salvatore, verso il Bambino Gesù che dona gioia al mondo intero. In Iraq, aggiunge monsignor Warduni, il dono più atteso è quello di una pace autentica.
R. - Le luci sono sempre la salvezza che il nostro Signore ci ha dato. È diventato uomo come noi e, per questo, dobbiamo ringraziare il Signore. Dobbiamo chiedere sempre il perdono del Signore. Ma dall’altra parte ci sono tante cose negative. Prima di tutto il coronavirus. E ci sono delle cose che ci fanno male: nazioni che vogliono veramente prendere cose negative e c'è gente che vuole la guerra senza ricordare Dio che ci ha salvati e che ci ha portati in questo mondo per riportarci a Lui dopo la morte
Monsignor Warduni, quando parla di cose negative si riferisce all'ideologia terroristica che ancora purtroppo, come uno spettro, aleggia in Iraq. Gruppi e persone che vogliono ancora la guerra …
R. - Ci sono alcune nazioni che parlano della guerra, dei propri interessi. Ci sono anche partiti che invece di costruire la nazione, sostengono ideologie contro l'uomo. Il fatto che ci siano persone che vogliono la guerra è una cosa terribile. Siamo tutti tristi per queste notizie. E chiediamo al Bambino Gesù per mezzo di sua madre Maria, nostra Madre, di mettere una grazia speciale nel cuore di tutta la gente.
All’attesa per la nascita di Gesù si aggiunge quest'anno un'altra attesa…
R. - Per l'arrivo di Papa Francesco nel nostro Paese. Speriamo che questo sia una grazia per tutti quanti. Non solo per l’Iraq, ma per tutto il Medio Oriente. Io mi meraviglio tante volte per il fatto che il Signore ha dato tante cose belle al Medio Oriente. E, purtroppo, non cerchiamo di usufruire di queste grazie che il Signore, il buon Dio, ci ha dato e ci dà. Preghiamo, con la speranza, perché siamo figli della speranza.
Come la Chiesa e il Paese si stanno preparando per questo viaggio apostolico di Papa Francesco in Iraq dal 5 al 8 marzo prossimi?
R. - È una cosa gioiosa che mette gioia e speranza nel cuore di tutti gli iracheni: anche i non cristiani cercano e chiedono che questa visita possa essere una speranza di gioia, di pace per tutto il Medio Oriente. Questa, penso, è la speranza che ci porterà il Santo Padre. Tutti quanti noi, parlando della visita del Papa, parliamo della speranza.
Parliamo anche di un'altra buona notizia: il parlamento iracheno ha deciso che il Santo Natale è da quest'anno un giorno festivo per tutto il Paese…
R. - Noi abbiamo chiesto questo da tanto tempo. Ricordo quando andavamo dal presidente e dal primo ministro. Sempre chiedevamo che il Natale potesse essere un giorno di festa. E finalmente il Signore ha messo la grazia nel cuore di questi politici di oggi. Noi vogliamo che tutti quanti ci avviciniamo a Dio nostro Signore che ama l'uomo e che ha mandato suo Figlio per dare la vita a tutti gli uomini.
Dunque un giorno di festa per i cristiani, ma anche - possiamo dire - un giorno nel segno del dialogo interreligioso, un giorno di incontro.
R. - Certamente, questo dialogo è veramente una gioia per tutti quanti perché il mondo ha bisogno di "essere uno". Ha bisogno di questo dialogo e, quindi, se i nostri cuori sono così felici, questo è per tutti quanti.
Buon Natale monsignor Warduni…
R. - Altrettanto e buon anno nuovo. Speriamo che il 2021 sarà una grazia grandissima. Preghiamo il Signore di darci la pace e che ci lasci il diavolo. Noi vogliamo il nostro Dio che ci ha salvati ed è venuto per dare la vita per tutti gli uomini in tutto il mondo.
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