"La trappola del virus". In un libro, l'effetto della pandemia sui più emarginati
Marco Guerra – Città del Vaticano
Come è stata affrontata la pandemia da persone che, già in condizioni normali, non vedono riconosciuti i propri diritti e in particolare da richiedenti asilo e rifugiati? Parte da questo punto di osservazione il volume ‘La trappola del virus. Diritti, emarginazione e migranti ai tempi della pandemia’, scritto dal presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti, e dalla politologa Chiara Tintori.
La presentazione e il contesto sociale
Il libro, che nasce con la formula del dialogo tra i due autori alla luce dell’esperienza quotidiana di incontro con i migranti forzati, viene presentato oggi pomeriggio alle ore 17.30 sul profilo Facebook e il canale YouTube del Centro Astalli (Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati). Oltre agli autori, interverranno on line il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei; Gherardo Colombo, presidente onorario di ResQ - People Saving People e Massimo Giannini, direttore de La Stampa.
Il testo inizia con una panoramica delle emarginazioni prima della pandemia e poi si concentra sui mesi della primavera 2020, per raccontare come il Centro Astalli ha fatto fronte al lockdown, garantendo alcuni servizi essenziali per coloro che, da invisibili, erano diventati i pochi abitanti visibili delle nostre città. E’ durante quel periodo che alla mensa del Centro, dove storicamente si aiutano rifugiati e richiedenti asilo, si rivolgono anche italiani ridotti, dalle difficoltà odierne, in situazioni di povertà e disagio. Tutti vengono quindi accumunati dall’essere "ultimi", una situazione che ha messo in evidenza le falle, che ha concentrato gli sforzi nel rispondere all’emergenza sanitaria alla quale tante risorse sono state riservate nel tentativo di limitarne le conseguenze sociali.
Ripamonti: quanti invisibili nei luoghi che frequentiamo
“Abbiamo scelto come titolo la ‘La trappola’ perché il tema dell’integrazione dei migranti e degli emarginati era già difficile prima, con la pandemia si è creata una situazione molto precaria, che rischia di non creare delle vie d’uscita che portino ad una soluzione”, spiega a Vatican News padre Camillo Ripamonti. “Quando imperversava lo slogan #iorestoacasa, non si è pensato a quella parte di popolazione che una casa non ce l’ha”, prosegue Ripamonti, “e questo mette in evidenza come noi trattiamo da invisibili tante persone che vivono nei luoghi che frequentiamo”.
Serve un cambiamento culturale
O ci salviamo tutti insieme, o periamo tutti insieme: attingendo a questo assunto, che Papa Francesco a suo modo ha ripetuto e continua a ripetere in relazione alla pnademia globale, padre Ripamonti ricorda con le parole dello stesso Pontefice, che siamo tutti sulla stessa barca, “ma il rischio è - precisa - che su questa barca non siamo tutti uguali se non scegliamo per il futuro delle regole e un modo di gestire il quotidiano che tenga conto delle persone più svantaggiate, e che ,con fraternità, ci renda responsabili gli uni degli altri”. Volgendo lo sguardo ancora al futuro, il presidente del Centro Astalli ricorda infine che qualsiasi ricetta per combattere la povertà non può basarsi solo sull’elemento economico come via per risolvere i problemi, “esiste un problema culturale che dobbiamo affrontare - coonclude - la cultura dello scarto deve lasciare posto alla cultura dell’inclusione e della fraternità”.
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