Meeting, Scholz: mettere l’individualità al servizio del bene comune
Luca Collodi e Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Da poco aperto il Meeting di Rimini per l’Amicizia tra i Popoli, promosso da Comunione e Liberazione, è entrato subito nel vivo con l’intervento del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella. Seguiranno, fino al 25 agosto, decine di incontri, confronti e spettacoli che metteranno al centro le tematiche del momento, soprattutto le speranze forti o affievolite che i giovani nutrono per il proprio futuro. Intervistato da Radio Vaticana-Vatican News, Bernhard Scholz, presidente della Fondazione del Meeting sottolinea che quest’anno da Rimini deve partire un messaggio di responsabilità, condivisione e dialogo:
Quali sono gli obiettivi della edizione del Meeting di Rimini 2021?
Il Meeting di Rimini vuole dare spazio a una ripartenza, che ha cuore i giovani, che riflette sulle sfide del nostro tempo, mettendo anche al centro la responsabilità di ciascuno, come dice il titolo, “Il coraggio di dire io”, che vuol dire assunzione di responsabilità, condivisione, dialogo, perché senza questo coraggio rimaniamo appiattiti, presi dalle nostre angosce, dalle nostre paure e questo coraggio viene sollecitato soprattutto dall'esperienza del desiderio di bene che ognuno sente dentro di sé tutti e poi, in modo particolare, dall’esperienza della fede.
Quanto è importante per la società l’io della persona, la presenza della persona attiva?
Non c'è socialità senza una persona che ha una coscienza di sé, che sa quanto è desiderosa di relazioni, quanto sono importanti le relazioni per la propria vita e quanto la propria vita si realizza sostenendo l’altro, relazionandosi con lui anche nei momenti difficili. Questa reciprocità è il cuore di qualsiasi società e questo Meeting spero possa contribuire a riscoprire questa dinamica che un po' si è persa. In queste settimane spesso ci si è chiesti da dove nasce questo coraggio. Spesso viene confuso con uno sforzo moralistico, titanico, muscolare. Invece questo coraggio nasce dalla semplicità di riconoscere il proprio desiderio di bene, il bisogno dell'altro, le esigenze più profonde che sentiamo dentro di noi, che ci aprono, ci creano una sana curiosità e rendono la nostra vita stessa condivisa con quelle degli altri. E’ la semplicità la forza di questo coraggio.
Un coraggio che, come ha detto Papa Francesco nel messaggio rivolto al Meeting di quest'anno, arriva da Cristo?
Certo, un messaggio molto bello, molto confortante, che ci farà riflettere molto anche negli incontri di questo Meeting. Il coraggio è proprio un incontro con Cristo, che ci dice che siamo voluti, che siamo amati, che la nostra vita non è un caso, che la nostra vita ha un disegno, è nelle mani di Dio. E questo ci dà un’ultima fiducia, un’ultima certezza, che ci rende capaci di guardare in faccia alla realtà così come si presenta senza dover sfuggire, senza dover evadere, cercando di leggere i segni che Dio ci fa percepire attraverso la realtà che ci mette davanti. Questo è fondamentale per la vita dei cristiani oggi, che spesso sono impauriti o dubbiosi su come affrontare la modernità che si presenta anche con tante domande, con tante incertezze, mentre la certezza di Fede ci permette di guardare tutto, di vivere tutto come un’occasione di portare Cristo in questo mondo.
Quest'anno nel Meeting ponete una sorta di contrapposizione tra un io ripiegato sui propri bisogni e un io aperto agli altri. Questa può essere un po' la chiave del Meeting?
Sì, la chiave di lettura del Meeting è proprio questa. Vorremmo però sottolineare che un noi, come spesso viene chiesto, una maggiore collaborazione, una maggiore condivisione, non può nascere da appelli, non può nascere dai congiuntivi, dai condizionali, “bisognerebbe”, “sarebbe utile”, ma nasce da persone che sono profondamente se stessi, aperti alla relazione, costruttori di relazioni, perché il noi non nasce in modo astratto o ideologico, ma nasce quando ci sono persone che prendono iniziativa in base alle certezze di vita che vivono e spero che il Meeting possa comunicare, soprattutto testimoniare, attraverso i tanti incontri, perché ci sono tantissimi testimoni in tutto il mondo, possa proprio rendere presente quanto sia gratificante per ognuno, quanto sia grande il beneficio di ognuno quando si apre, quando si lancia con un'ultima fiducia nell’agone della vita.
Vi proponete un'impresa titanica, cioè quella di risvegliare le coscienze nel mondo in ambito religioso, ma anche politico sociale ed economico. Oggi è una vera scommessa, questa?
Sì, lo facciamo, partendo dalle domande che si pongono: qual è il bene dei giovani oggi e come possibile realizzare un’economia che serve veramente? Qual è la politica utile per il bene comune? Queste domande le poniamo con insistenza, cercando di evitare approcci ideologici, evitare scorciatoie, ma mettendo tutti noi e i nostri ospiti di fronte alle questioni reali che si pongono e questo in 42 anni ha sempre portato a dialoghi interessanti, perché non lo facciamo per creare contrapposizioni, ma proprio il contrario, non vogliamo enfatizzare le differenze, ma vogliono far convergere la buona volontà di tutte le buone intenzioni, le scoperte, le conoscenze, le esperienze virtuose. Questo dà anche una libertà nell'incontro, ognuno sa che non si deve nascondere, può mettere in gioco anche le sue domande, le criticità che incontra, i problemi, perché c'è qualcosa che è al centro, che non è il “hai ragione tu o ho ragione io”, ma qual è il bene al quale tutti possiamo contribuire.
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