Fides: nel 2021 uccisi nel mondo 22 missionari
Isabella Piro – Città del Vaticano
Sono amare le ultime pagine del 2021, anno che si avvia alla conclusione con il triste bilancio di 22 missionari uccisi in tutto il mondo: si tratta – si legge nel dossier realizzato dall’Agenzia Fides – di 13 sacerdoti, 1 religioso, 2 religiose e 6 laici. Il numero più elevato di uccisioni si registra in Africa, dove sono stati assassinati 11 missionari (7 sacerdoti, 2 religiose, 2 laici). Seguono l’America, con 7 missionari uccisi (4 sacerdoti, 1 religioso, 2 laici), quindi l’Asia, dove sono stati assassinati 3 missionari (1 sacerdote, 2 laici), e l’Europa, dove è stato ucciso 1 sacerdote. Come negli ultimi anni, dunque, Africa e America si confermano in testa a questa drammatica classifica che, dal 2000 al 2020, ha visto 536 missionari uccisi in tutto il mondo.
Testimonianze di fede in contesti di violenza e degrado
Gli evangelizzatori scomparsi non erano impegnati in opere eclatanti, ma stavano semplicemente dando testimonianza della loro fede in contesti di violenza, di disuguaglianza sociale, di sfruttamento, di degrado morale e ambientale. Magari erano semplici parroci e sono stati sequestrati, torturati e uccisi da criminali senza scrupoli avidi di denaro, o messi a tacere perché la loro voce risultava scomoda ai potenti di turno. Sacerdoti impegnati nelle opere sociali ed uccisi a scopo di rapina, come ad Haiti, o morti per mano di chi stavano aiutando, come accaduto in Venezuela, dove un religioso è stato assassinato dai ladri nella stessa scuola in cui insegnava ai giovani a costruirsi un futuro; religiose braccate e uccise a sangue freddo dai banditi in Sud Sudan, come suor Mary Daniel Abut e suor Regina Roba, della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù.
In aumento gli omicidi dei laici
Tra i missionari uccisi ci sono anche tutti i cattolici impegnati in qualche modo nell’attività pastorale, morti in modo violento, non espressamente “in odio alla fede”. In aumento il numero dei laici assassinati, catechisti e non solo, anche negli scontri armati tra le comunità: è accaduto in Sud Sudan, dove la diocesi di Tombura-Yambi è insanguinata da una guerra civile senza quartiere che imperversa da anni in tutto il territorio nazionale. Ed è accaduto in Messico dove è stato ucciso a colpi di pistola l’italiano Michele Colosio, 42 anni, coordinatore di progetti per l’istruzione dei ragazzi delle zone rurali più povere. “Dobbiamo donare, dobbiamo aiutare – diceva - dobbiamo unirci come popolo di fratelli, senza distinzione di lingue, confini e colore della pelle”. Tragica anche la morte, in Perù, di Nadia de Munari, missionaria laica italiana dell'Operazione Mato Grosso, aggredita con un machete durante un furto e morta il 24 aprile.
L’uccisione di padre Olivier Maire
Violento, poi, lo scenario del Myanmar, dove il conflitto civile ha assunto la forma di "atrocità straziante e orribile", come l'ha definito il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale. Almeno 35 i civili cattolici uccisi il 24 dicembre nel villaggio di Mo So, tra i quali donne e bambini. Stavano fuggendo in seguito a un’offensiva dell’esercito e i loro corpi sono stati bruciati. In Europa, difficile dimenticare l’uccisione, in Francia, di padre Olivier Maire, superiore provinciale della Compagnia di Maria (Monfortani), assassinato il 9 agosto da un cittadino ruandese di cui si prendeva cura da tempo.
“I cristiani non possono tenere il Signore per se stessi”
“Come cristiani non possiamo tenere il Signore per noi stessi – ha scritto Papa Francesco nel messaggio per la Giornata missionaria mondiale di quest’anno - la missione evangelizzatrice della Chiesa esprime la sua valenza integrale e pubblica nella trasformazione del mondo e nella custodia del creato”. Un mandato che i missionari uccisi hanno portato avanti fino alla fine, consapevoli del fatto che non potevano non testimoniare il Vangelo con la forza della loro vita donata per amore, lottando ogni giorno, pacificamente, contro la prepotenza, la violenza e la guerra.
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