Vie di fratellanza a Sarajevo, Vukšić: la pace è un obbligo
Amedeo Lomonaco e Marie Duhamel - Città del Vaticano
“La fede - si legge nel “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato il 4 febbraio del 2019 da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar - porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani - uguali per la Sua Misericordia -, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere”. La via della fratellanza è percorribile anche quando sono da risanare profonde e laceranti ferite provocate da violenze e guerre. Questa è la strada con cui Sarajevo vuole incrociare il proprio presente e il futuro, sottolinea monsignor Tomo Vukšić, nuovo arcivescovo della capitale della Bosnia ed Erzegovina, dove i segni dei combattimenti lasciati negli anni novanta sono ancora evidenti:
Soffermiamoci sullo scenario attuale: è ancora fragile l’equilibrio dopo la fine della guerra nel 1995?
Non è fragile come negli anni novanta, però certamente molte ferite non sono state curate e molte questioni non sono state risolte. E dunque si sente ancora questa fragilità, soprattutto in prossimità delle elezioni, che sono in programma ad autunno di quest’anno. Già è iniziata una polemica che si sente un po' dappertutto. C’è l’intenzione, anche da parte delle forze internazionali, di riformare le leggi e soprattutto quelle elettorali. Ci sono però delle resistenze sia qui sia nell’ambito internazionale. Quindi si sente ancora una certa fragilità.
Ci sono ferite da rimarginare. Come deve essere analizzato il passato per costruire una coesistenza pacifica?
Il passato di queste zone non è certamente da invidiare. Soltanto nel secolo scorso, in queste terre, sono state combattute cinque guerre: due conflitti cosiddetti “balcanici”, due guerre mondiali e quella degli anni novanta. È un passato molto crudele con molti morti, molti profughi e molto male seminato in questa terra. Costruire un diverso mondo, la pace, la fratellanza e la tolleranza su quel passato non è facile. Però certamente è un programma, un obbligo, una via che porta verso un mondo migliore, verso valori che noi cristiani dobbiamo portare anche in queste zone.
La secolarizzazione, l’islamizzazione della società la partenza di molti giovani sono oggi alcune delle cruciali sfide per il presente e il futuro della Bosnia ed Erzegovina…
La secolarizzazione si sente dappertutto. È una questione legata al nostro tempo, soprattutto in questa parte del mondo, che è quella europea. L’emigrazione è in massa perché mancano posti di lavoro e c’è la corruzione. C’è anche incertezza giuridica: non sono risolte questioni relative alle relazioni tra diverse etnie e popoli. I loro diritti, sia quelli personali sia quelli collettivi, non sono sempre protetti. Anzi, molte volte questi diritti, soprattutto dei cattolici, vengono anche soppressi. A causa di leggi ingiuste, molta gente semplicemente emigra. Per quanto riguarda l’islamizzazione della società, questa è una questione demografica: molti croati, più della metà di quelli che c’erano prima dell’ultima guerra, non vivono più in queste terre. Molti emigrano. Secondo l’ultimo censimento, la Bosnia ed Erzegovina è il terzo Paese in Europa, dopo l’Albania e il Kosovo, con una maggioranza assoluta di musulmani.
In questo scenario, dal punto di vista demografico così delineato, come concretamente la Chiesa opera per la fratellanza?
La fratellanza è un valore portato da Gesù ed è un valore cristiano da portare in questo mondo. In qualsiasi regione del mondo e in qualsiasi situazione è un orgoglio predicare la fratellanza, promuoverla e viverla per quanto possibile. È vero che, in società come la nostra, la pratica della fratellanza non è tanto facile come in diversi Paesi più sviluppati o “monoetnici”. Anche se non so se sia possibile parlare, nel caso di qualche Stato, di società monoetnica. Il mondo è diventato multietnico dappertutto.
Può essere non sempre facile realizzare la fratellanza. Ci sono, anche in Bosnia ed Erzegovina, dei frutti tangibili nati nel segno della fratellanza?
Ci sono molti esempi di fratellanza vissuti. Purtroppo questi esempi positivi, spesso, non risultano interessanti per i media che, invece, sono piuttosto orientati verso gli scandali. Però, anche in questa parte del mondo, sempre come anche oggi ci sono bellissimi esempi. Ed anche durante la guerra c’erano bellissimi esempi di aiuto e di fratellanza tra persone con fedi diverse o di popoli diversi. Sono umani e, spesso, praticano questa umanità.
Quale è il suo programma, gli obiettivi per i prossimi anni?
Uno degli obiettivi è proprio questo: promuovere la fratellanza, l’amicizia, la tolleranza, la collaborazione, la pace, il dialogo interreligioso e l’ecumenismo perché, in queste terre, vivono anche molti ortodossi. Questi obiettivi si riferiscono al livello della società. A livello della diocesi, l’obiettivo principale è quello di tentare una sistemazione della riorganizzazione diocesana: usciti da quella maledetta guerra, siamo rimasti senza molti fedeli e, non poche delle nostre parrocchie, sono praticamente deserte. Bisogna riorganizzare le cose. Grazie a Dio, abbiamo da poco terminato il nostro Sinodo diocesano: adesso dobbiamo preparare le conclusioni con le decisioni finali e tentare di metterle in pratica.
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