Via Crucis, quando accogliere e “la festa della Resurrezione”
di Igor Traboni
È talmente grande la loro famiglia - 3 figli naturali, 9 nipoti, 5 persone non autosufficienti e altre due con gravi difficoltà psichiche — che Paolo e Tiziana Ramonda saranno alla Via Crucis di Roma solo con una piccola rappresentanza di quel loro modo di vivere che è la peculiarità della Comunità Papa Giovanni XXIII di cui peraltro Paolo è presidente. «Ma con noi - precisa subito - assieme a due figli e a due nipoti ci saranno soprattutto i tanti Simone di Cirene sparsi per il mondo. Perché ci ha sempre colpito quel brano della Passione dove si dice che costrinsero un certo Simone di Cirene a portare la croce. Presero cioè uno qualunque, uno della campagna, del popolo. E ci sembra una figura oggi molto attuale se pensiamo alle famiglie, alle donne e ai bambini dell’Ucraina che devono portare la croce, oppure gli anziani che tante croci hanno portato nelle case di riposo durante la pandemia, oppure ai profughi nel mare: sono tutti dei Simone di Cirene. E allora, questo portare la croce nella Via Crucis di Roma assieme a tanti che soffrono, ci fa capire anche la scelta che ha fatto Cristo di salvarci attraverso l’esperienza della sua vita, passione, morte e resurrezione. Cristo è venuto a portare la croce con noi ma lo ha fatto con uno squarcio di luce, di speranza e di vita eterna».
Proprio la speranza, tra i diversi aspetti, è quello che i coniugi Ramonda e i loro figli porteranno nella loro testimonianza e che illustrano così: «È una speranza data dalla condivisione, dal non lasciare soffrire più nessuno da solo. In fin dei conti anche l’esperienza delle nostre case-famiglia è proprio questa: dare accoglienza a chi ne ha bisogno per vari motivi, e quindi fare famiglia con loro. Solo così si potrà veramente sperimentare la festa della Resurrezione, che vuol dire anche stare insieme, e insieme affrontare tutte le situazioni della vita, per scoprire che è veramente bella e che è meraviglioso come ci ha fatti Dio». E lo dicono chiaramente nella loro meditazione: «Non meritiamo tanta benedizione di vita», quando tutto attorno sembra dire il contrario, proprio come accadde a Gesù nella sesta stazione, flagellato e coronato di spine.
Ma c’è un’altra sottolineatura che arriva da Paolo Ramonda e che riguarda la sua esperienza personale — vissuta in quella cascina in Piemonte dove abita con tutta la sua grande famiglia da oltre 40 anni e da dove in pulmino muoverà verso Roma anche in una sorta di divertente pellegrinaggio — e quella di tutte le famiglie della Comunità Papa Giovanni xxiii: «Per noi questo appuntamento con il Papa è importantissimo perché il Venerdì Santo è sempre stato un momento forte, perché tutta la nostra vita, ogni giorno della settimana e ogni settimana dell’anno, è questo rivivere la Passione, ad esempio con tanti bambini gravemente disabili che diventano nostri familiari. E poi avremo la gioia di stare con tante altre famiglie e con la Chiesa tutta, una gioia grande perché ci sentiamo veramente parte di questo popolo di Dio che guarda l’umanità intera per camminare insieme».
La riflessione dei coniugi fa perno anche sul focalizzare il concetto di famiglia, oggi tanto vituperato: «Il nostro fondatore don Oreste Benzi diceva che la famiglia è il luogo pensato da Dio soprattutto per l’accoglienza dei poveri, ma anche per la vita di tutti. E allora la nostra presenza a Roma vuole essere un segno del fatto che la famiglia, se ci vogliamo bene e se camminiamo insieme, rimane il luogo adatto per la nostra umanità e per crescere».
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