Ucraina, il vescovo di Kharkiv: la guerra è il male, la fede ci conforta come un abbraccio
Svitlana Dukhovic - Città del Vaticano
“La mia diocesi è molto grande, si estende su un territorio di 196 mila km² e gran parte di questo è già occupato dalle truppe russe”, dice monsignor Pavlo Honcharuk, vescovo della diocesi latina di Kharkiv-Zaporizhia, dove in molte parti passa la linea del fronte. Un'area che comprende sette delle venticinque regioni dell’Ucraina (“oblast”). La curia diocesana si trova a Kharkiv e la concattedrale è a Zaporizhia, dove risiede il vescovo ausiliare Jan Sobilo, due città chiave nel conflitto che dura ormai da più di cento giorni. “Nelle zone occupate non ci sono i nostri sacerdoti - spiega il presule - mentre per quelli che si trovano nelle parti che non sono occupate la missione più importante è quella di stare con le persone, comunicare e pregare con loro. Questo è il servizio che si aspettano dalla Chiesa”.
La situazione umanitaria a gli aiuti
“Nelle zone, dove si combatte, racconta monsignor Honcharuk, la situazione umanitaria è molto tragica, perché è molto pericoloso andarci e portare cibo o medicine. Si rischia di morire, e quindi pochissime persone riescono ad arrivarci”. Nei luoghi poco più distanti dalla linea del fronte, a 10-20 km, si sta un po’ meglio, come ad esempio a Kharkiv, dove ultimamente tante persone sono ritornate. “C’è già tanta gente in città - dice il presule - ma il problema è che molte persone hanno perso la casa. Tanti sono senza lavoro: alcune aziende sono state completamente distrutte, sono stati bruciati o danneggiati anche i mercati, dove lavorava tanta gente. Molte persone non hanno nemmeno soldi per comprarsi il pane, hanno bisogno di vestiti, scarpe, cibo, medicine e alloggio, hanno bisogno anche di comprensione e di sostegno. Quindi, ci sono tanti bisogni”.
Ad aiutare queste persone ci sono diverse organizzazioni umanitarie e anche la Chiesa. La diocesi di Kharkiv-Zaporizhia lo fa grazie agli aiuti che provengono dalla Polonia e dalle parrocchie dell’Ucraina dell’ovest. Attraverso la Caritas diocesana vengono distribuiti cibo, medicine e tanto altro. Arrivano tanti volontari per dare una mano e portare le provviste ai chi ne ha bisogno anche nei paesini vicini. Partecipa anche la polizia locale: gli agenti prendono gli aiuti dalla Caritas e li portano direttamente a casa di chi si trova in maggiore difficoltà.
Una guerra già conosciuta
Con i suoi 44 anni, monsignor Pavlo Honcharuk è tra i vescovi cattolici più giovani del mondo. È stato nominato ordinario di Kharkiv-Zaporizhia a gennaio del 2020 e due anni dopo la sua ordinazione, in Ucraina è iniziata la guerra su larga scala. Tra i suoi servizi, prima di diventare vescovo, c’è stato anche quello di cappellano militare. “Quella esperienza, sicuramente, adesso mi aiuta - sottolinea - perché quando sono iniziati i combattimenti, le esplosioni e tutto il resto, lo shock non era cosi forte da farmi deragliare. Potevo svolgere normalmente i miei impegni, prendere decisioni e servire le persone, quindi non avevo bisogno di un processo di adattamento alla nuova situazione, in cui c’è una minaccia, ci sono esplosioni, dove la morte è molto vicina. Tutto ciò lo avevo già vissuto prima come cappellano”. La stessa esperienza ha insegnato al presule anche a comunicare con i militari, che sono tanti nella regione di Kharkiv. “Ci sono tante persone qui che stanno vivendo lo stress - continua - e da cappellano ho imparato come aiutarle: a cosa prestare attenzione, cosa dire, quando dirgli qualcosa di più forte e quando semplicemente abbracciarle... Ho imparato cosa dovevo fare e, soprattutto, cosa non fare, perché si può aiutare molto, evitando di fare le cose sbagliate. Pertanto, penso che Dio nella sua Provvidenza, in qualche modo, mi abbia preparato a questo”.
Affrontare le domande difficili
Di fronte a tanta sofferenza e dolore, nella guerra sorgono tante domande, molte delle quali sono rivolte anche a Dio. “Dalla mia esperienza di conversazione con la gente - confida monsignor Honcharuk - posso dire che, quando una persona crede fortemente in Dio e ha una relazione con Lui, non sorgono le domande 'Perché? Di chi è la colpa? Siamo così grandi peccatori? Ci sono anche altri peccatori… Dov'è Dio? Dove sta guardando?'. Chi ha fede capisce dov'è la causa: è il peccato, e l'uomo attraverso il peccato permette al potere delle tenebre di ottenerne l’accesso. Quando facciamo il male, permettiamo al diavolo di venire e toglierci la vita. La fede in Dio fornisce una solida base che aiuta a sopportare il pesante fardello dell'ingiustizia e a sopravvivere non solo durante la guerra, ma nella vita in generale. E quello che possiamo testimoniare qui insieme ai sacerdoti: la fede in Dio, la presenza di Dio, dove è molto, molto necessaria, dà forza per resistere a qualsiasi colpo. Perché non possiamo spiegare tutto e persino la spiegazione non riduce il peso. Ma quando Dio dà forza al mio cuore, allora questo peso si può sopportare”.
Il vescovo racconta che qualche volta la gente comunque si avvicina da lui con quelle domande. In questi casi, dice lui, ci vuole l’ascolto e la compassione. Qualcuno forse ha perso una persona cara, qualcuno ha visto o ha vissuto cose terribili... “A volte devi solo abbracciare questa persona, lasciarla piangere, sfogarsi, perché c’è tanto dolore", continua il presule. "E le rivolgo queste parole: 'Il Signore è accanto a te, ora puoi rivolgerti a Lui, ti abbraccerà, ti darà forza...' Е qui di solito succede un miracolo: la persona si mette a piangere e poi dice: 'Grazie, mi sento meglio'. Quindi, in queste situazioni è difficile cercare delle spiegazioni teologiche eccetera, perché il dolore è molto grande,. Ma il Signore è molto vicino a noi e ci abbraccia, basta solo leggere e riconoscere questa presenza di Dio”.
La paura e la voglia di vivere
Alla domanda “Lei ha paura?” il giovane vescovo di Kharkiv-Zaporizha risponde: “Certo che ne ho. C’è la paura, c’è tanto pericolo, ma c'è una piena consapevolezza della missione, delle responsabilità e dei compiti. Rimaniamo qui e continuiamo a lavorare e servire. Anche i militari hanno paura, ma devono difendere”. Tutti vogliono vivere, afferma, indipendentemente dal fatto che siano più grandi o più giovani. Tutti stanno vivendo la stessa minaccia, sperimentando la stessa sofferenza, ognuno a modo suo, ognuno con un diverso livello di resistenza psicologica.
La preghiera della Chiesa
Il 31 maggio scorso Papa Francesco ha presieduto la preghiera per la pace nel mondo, alla quale ha partecipato anche la comunità ucraina di Roma. Questa preghiera, come i gesti e le parole del Santo Padre, con i quali esprime la vicinanza al popolo che soffre, sono molto apprezzati sia dai cattolici, che da tutto il popolo in Ucraina.
“La preghiera della Chiesa universale - afferma il vescovo Pavlo Honcharuk - è la preghiera di Gesù Cristo. Attraverso la preghiera ci si avvicina a Dio e Dio si fa più vicino a noi, cioè siamo più immersi in Lui, e in Lui è tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Quindi la consapevolezza del fatto che tutta la Chiesa prega ci invita a renderci conto che siamo coinvolti in qualcosa di molto grande, cioè della ricchezza che è racchiusa nel corpo mistico di Gesù Cristo. Lui è qui, non siamo soli, Lui è vicino e tutta la Chiesa sta pregando. Questa è unità. È difficile per me trovare le parole giuste per esprimere questo, ma questo sostegno aumenta la fede che alla fine consente a Dio di dare la grazia che dona forza, pace, forte coraggio interiore. Il significato di questa preghiera universale della Chiesa è molto così profondo”.
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