I 42 anni del Centro Astalli: servire i migranti per integrarli
Michele Raviart - Città del Vaticano
Accompagnare, servire, difendere. Con queste parole, nel 1980, l’allora Preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Pedro Arrupe, affidava ai suoi confratelli l’istituzione del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), che opera in 57 Paesi del mondo e a Roma nei locali del Centro Astalli. Per ricordarne la fondazione, nel giorno della nascita di padre Arrupe, il 14 novembre, è stata celebrata una Messa nella Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, storica sede del noviziato dei gesuiti. “Il seme gettato da padre Arrupe dura da più di 40 anni”, sottolinea padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, “ma la situazione dei migranti e dei rifugiati è ancora molto delicata. I diritti non sono garantiti e le persone non sono ancora tutelate e soprattutto ormai sono 100 milioni nel mondo le persone che scappano da guerre e persecuzioni”.
La Messa presieduta da padre Lombardi
A presiedere la celebrazione eucaristica è stato padre Federico Lombardi che, da Provinciale dei gesuiti d’Italia, assegnò gli attuali locali del Centro Astalli al JRS. Nella sua omelia, Lombardi, ha ricordato il santo gesuita Giuseppe Pignatelli, la cui memoria è celebrata il 15 novembre dalla Chiesa. San Giuseppe visse nel periodo in cui la Compagnia di Gesù venne sciolta, lui, così come gli altri confratelli, fu espulso dalla Spagna nel 1767. Rimase per mesi sulla nave insieme agli altri gesuiti, faticando a trovare un approdo, prima nello Stato Pontificio, poi in Corsica a causa dei mancati accordi tra gli Stati coinvolti. Una vicenda che non può non far pensare a quanto vivono molti migranti, che rimangono giorni in nave in attesa di poter sbarcare in Europa.
La priorità è salvare le persone
“L'unica regola centrale è quella della tutela delle persone che devono essere salvate in mare e accolte nel Paese di arrivo che per loro, appunto, è questa Europa, l’Europa dei diritti, che deve continuare ad essere questa terra in cui vengono tutelate le persone che scappano da situazioni in cui la democrazia non viene garantita”, ribadisce padre Ripamonti. “Il fenomeno migratorio è strutturale”, spiega, e "purtroppo ci stiamo abituando a tutte le guerre che sono nel mondo e che determinano ogni giorno queste persone che scappano”.
Una realtà strutturale
Africa subsahariana, Siria, Afghanistan e da ultimo l’Ucraina. Questi i luoghi da cui provengono la maggior parte delle persone a causa di crisi che a volte durano da decenni. “Bisogna fare i conti con questa realtà", continua il presidente del Centro Astalli, e “bisogna strutturare allo stesso modo sia i salvataggi che l'accoglienza ma, soprattutto, l'integrazione di queste persone, perché sempre più è importante che le persone si integrino nei nuovi Paesi di arrivo e si crei una comunità in cui tutti si sentano partecipi”.
Il lavoro del Centro Astalli
In questo senso, e a partire dall’appello all’accoglienza di Papa Francesco, che visitò il Centro Astalli nel 2013, negli ultimi otto anni sono state 450 le persone migranti ricevute dal Centro, accolte da altri istituti religiosi o famigliari, di 41 nazionalità diverse, sempre nel segno delle parole di padre Arrupe. “Accompagnare queste persone vuol dire essere compagni di strada e lo abbiamo fatto in tutte le emergenze, da ultima questa degli ucraini che sono stati inseriti nei vari centri di accoglienza anche in giro per l'Italia”, ribadisce padre Ripamonti. Servire, spiega, significa “non servirsi delle persone migranti, ma mettersi al loro servizio e a quello dei loro bisogni”, mentre difendere, vuol dire "fare advocacy, tutelare queste persone e i loro diritti”.
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