In Camerun un'oasi dalla guerra, tra accoglienza e fraternità
Francesca Sabatinelli - Ngalan (Camerun)
“Per la prima volta quest’anno le nostre alunne anglofone saranno presenti agli esami”. Suor Perpetual Ndupuechi, preside dell’Istituto Tecnico Femminile Santa Rosa Venerini” di Ngalan, sobborgo di Ebolowa, nella regione Sud del Camerun, parla fiera delle sue allieve provenienti dalle regioni del nordovest e del sudovest del Paese, le uniche due delle dieci in totale dove si parla l’inglese e che, ormai da anni, sono devastate da una drammatica guerra dettata dalla volontà dei ribelli separatisti di voler trasformare le due regioni in uno stato autonomo, in risposta a quella che viene ritenuta la marginalizzazione creata dalla maggioranza francofona. “Le ragazze che sono qui - spiega suor Perpetual - sono fuggite dalla guerra, per questo abbiamo aperto la sezione anglofona, per accogliere, per aiutare”, una possibilità concretizzatasi grazie soprattutto all’aiuto economico del Gruppo India, la onlus fondata nel 1980 dal gesuita padre Mario Pesce e che, in diverse parti del mondo, si pone al fianco delle persone con interventi nell'ambito sanitario, educativo e nella formazione professionale.
Indipendenza e futuro
Nato nel 1993, l’Istituto tecnico femminile delle suore Maestre Pie Venerini di Ngalan, nel 2016 è stato riconosciuto ufficialmente dal ministero dell’Istruzione del Camerun. “Oggi abbiamo 163 allieve - prosegue la religiosa - dai 10 fino ai 23-24 anni”, che qui affrontano una istruzione completa, dalle materie classiche a quelle professionali, come taglio e cucito, disegno tecnico, economia sociale e domestica, fondamentali per chi, come molte di queste giovani, si è lasciata alle spalle difficili situazioni di vita, una maternità in solitudine, l’allontanamento dalla famiglia, la povertà estrema. Un’occasione importante per queste ragazze per poter ambire ad una indipendenza e ad un futuro migliore. “Quello che sono oggi lo devo all’Istituto - spiega Lorraine Nyangon, ex allieva e oggi insegnante - se sono diventata sarta è grazie al Venerini che oggi è frequentato anche da mia figlia e ne sono fiera, perché è l’istruzione migliore per le giovani ragazze, perché è qui che si insegna come è giusto vivere e come evitare, ad esempio, la prostituzione”.
L’ex lebbrosario di Ngalan
A pochi passi di distanza dall’Istituto, in una realtà completamente diversa, si incontrano altre persone che non nascondono la loro riconoscenza alle Maestre Pie Venerini. Sono ex malati che, ancora oggi, vivono in quello che fino a qualche anno fa era, a pieno titolo, un lebbrosario ma che, ormai da cinque anni, non presenta più nuovi casi. Questo luogo, perduta la dimensione di luogo segregativo, si è trasformato in un vero e proprio villaggio - sempre seguito dalle religiose - abitato da ex pazienti e dai loro familiari, tutti arrivati qui nel tempo, vittime dello stigma sociale. E oggi, senza nascondere le memorie del passato - a partire dai segni lasciati sui corpi di chi è stato malato - si apre a chiunque abbia bisogno di un aiuto sanitario. Il suo dispensario offre consulenza tre volte a settimana a coloro che ne hanno necessità. “Curiamo tutti - spiega l’infermiera Eloise - ora che la lebbra, almeno qui, è praticamente debellata, noi ci facciamo carico di qualunque malattia”, la principale delle quali è la malaria. Nei casi più gravi, sui quali non basta intervenire con semplici consulti, si fa riferimento a strutture più all’avanguardia. “Le prime cure però – conclude Eloise – le prestiamo noi, che ci facciamo carico di qualunque malattia e accogliamo chiunque sia malato, senza distinzione di razza o di età”.
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