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Una delle religiose del Buon Pastore con un neonato nel dispensario di Beirut Una delle religiose del Buon Pastore con un neonato nel dispensario di Beirut  (© Cristian Gennari-GSIF)

Le suore del Buon Pastore a Beirut, vicine ai malati sotto le bombe

Il Dispensario St. Antoine gestito dalle religiose nella zona di Roueisset-Jjdeideh continua a garantire visite d’urgenza e distribuzione di medicinali alla popolazione di una vasta area della capitale libanese, anche a rischio della vita. Suor Hanan Youssef: le persone dormono sui marciapiedi, in una città paralizzata cristiani e musulmani si aiutano fra loro con grande solidarietà

Marco Guerra - Città del Vaticano

In Libano è sempre più drammatica la condizione delle popolazioni sfollate per i bombardamenti e in generale per tutti i civili. In questa cornice si complica anche lo svolgimento dell’assistenza sanitaria e sociale fornita dalle realtà cristiane. In particolare, nella capitale Beirut le persone rimaste senza casa si sommano alle migliaia di rifugiati siriani che da anni hanno cercato accoglienza nel Paese.

L'attività di assistenza sanitaria nel dispensario delle suore del Buon Pastore a Beirut
L'attività di assistenza sanitaria nel dispensario delle suore del Buon Pastore a Beirut

Suor Youssef: rischiamo la vita ogni giorno

Uno spaccato di questa difficile situazione sociale viene offerto dalla testimonianza dalle suore della Congregazione di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore, che gestiscono il Dispensario sanitario St. Antoine nella zona di Roueisset-Jjdeideh a Beirut. Il servizio offerto alla popolazione è stato completamente stravolto con l’inizio dei bombardament, racconta Suor Hanan Youssef direttrice del dispensario: “Ci troviamo in una zona a maggioranza sciita, la comunità presa di mira dai bombardamenti, e questo ci preoccupa molto, c’è molta tensione”. Il personale sanitario e i medici quotidianamente rischiano la loro vita per venire a lavorare, così come i pazienti che - prosegue la religiosa - sono costretti a raggiungerci perché non c’è nessun altro centro sanitario che possa dare loro farmaci o fare visite mediche di urgenza”. Suor Youssef sottolinea che ora è possibile seguire solo le emergenze e la distribuzione di farmaci, tutto il resto è fermo per il momento, per esempio le vaccinazioni infantili: "Siamo sommersi da persone che chiedono visite d’emergenza e medicinali”.

Ascolta l'intervista suor Youssef

Beirut è paralizzata

In questi giorni cresce anche la necessità di supporto psicologico per i bambini e le donne, perché, spiega ancora la direttrice del dispensario, “vivono in spazi grandi dove dormono tutti insieme”. La loro vita è completamente cambiata e anche se sono fuggiti dalle zone colpite, hanno una paura terribile di essere bombardati”. “Hanno anche bisogno di prodotti per l’igiene personale perché mancano” aggiunge la religiosa, che poi descrive la vita quotidiana degli abitanti di Beirut. “La capitale libanese sta vivendo qualcosa di mai visto. Ci sono molti rifugiati siriani che non hanno nessun posto dove andare, quindi rimangono nelle strade. Il clima è molto teso, ci sono conflitti tra libanesi e siriani, tra siriani e polizia. Le persone dormono sui marciapiedi, la spazzatura è sparpagliata ovunque”. Suor Hanan Youssef parla di una città “paralizzata”, dove “la gente esce solo per le emergenze per paura degli attacchi aerei”.

Lo sforzo delle comunità cristiane

A rischio della propria vita i cristiani sono in prima linea nell’accoglienza e questo contribuisce a tenere unito il tessuto sociale del libano. La direttrice del centro sanitario St. Antoine racconta che la comunità sciita si rifugia nelle zone cristiane, si sentono più al sicuro dai bombardamenti. Ad esempio “al dispensario c’è un medico che è stato accolto nella casa di un’altra dottoressa perché ha dato la sua casa alla suo amico musulmano sciita e tutta la sua famiglia”. Tutto questo “mantiene l’unità sociale, i cristiani sono sempre una comunità che dona enormemente, esprimono una solidarietà esemplare”. Suor Youssef riferisce anche dei villaggi cristiani nel sud del Libano colpiti dai bombardamenti, qui molte famiglie hanno quella che la religiosa definisce “una esperienza di conflitto continuo con Israele”, quindi “molte di queste comunità hanno un'altra casa e, proprio lì, la chiesa libanese non si è arresa”. “Esiste sempre una piccola comunità cristiana - evidenzia la religiosa - che continua a garantire una presenza cristiana nella zona dove il conflitto è più forte”.

La presenza cristiana nelle zone di guerra

“La comunità cristiana e la chiesa libanese hanno sempre avuto una presenza particolare nel sud del libano, alla frontiera con Israele”, ricorda la direttrice del dispensario, “ovviamente, molti sono andati via perché hanno paura dei bombardamenti”. Ma ci sono coloro che sono sempre rimasti nelle loro case e hanno deciso di non andarsene, soprattutto le persone della chiesa, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, hanno deciso di rimanere, in solidarietà con la popolazione che è lì e rimane. “Lo fanno soprattutto per lasciare un messaggio di pace e speranza - conclude suor Youssef - che un giorno nuovo arriverà, che un giorno la pace e la capacità di convivere insieme tornerà in questa Terra Santa”.

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14 ottobre 2024, 13:51