Pizzaballa ringrazia Francesco: il perdono, "piccolo resto" da cui ripartire per la pace
di Pierbattista Pizzaballa
Beatissimo Padre, a nome dei Patriarchi, dei Vescovi degli Ordinari e di tutta la comunità cristiana della nostra regione, desidero esprimerLe il nostro più sincero ringraziamento, per la lettera che ci ha inviato il 7 ottobre scorso, per il bellissimo gesto di vicinanza e di affetto. Un grande grazie, perché Lei è l’unico leader mondiale che tiene presente la sofferenza di tutti, e ci ricorda la necessità di non perdere, anche in queste situazioni drammatiche, la nostra umanità.
Abbiamo accolto con gioia la Sua lettera, nella quale oltre ad esprimere la Sua vicinanza, ci dà anche preziose indicazioni per continuare a vivere in questa lunga notte, che sembra non finire mai, ma che sappiamo un giorno finirà.
La Sua lettera ha stimolato alcune riflessioni, che abbiamo condiviso tra molti di noi e che Le riporto, facendomi quindi, con la presente, portavoce del pensiero, della preoccupazione e della B speranza di vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli.
Con il 7 ottobre scorso, è passato un anno in cui la spirale di violenza, accesa dalla «miccia dell’odio», come Lei l’ha definita, ha precipitato nuovamente tutti i nostri Paesi in una guerra che sembra non avere fine, e che sta seminando morte e distruzione, non solo nelle strutture fisiche, ma anche nella vita delle persone, nelle relazioni ad ogni livello.
Il 7 ottobre è stato anche il giorno in cui tutte le nostre comunità si sono riunite in digiuno e preghiera, in unione con Lei, Santo Padre, per implorare il dono della pace per tutti i nostri popoli. Sono le nostre armi, le «armi dell’amore». Sono la nostra risposta alla sfiducia che sembra dilagare sempre di più, non solo nel cuore dei governanti, ma anche tra noi.
In questo tempo così doloroso, continueremo non solo a stare vicini al popolo santo, a tutti i tipi di sofferenza, ma anche a «lasciarci toccare il cuore», mettendo da parte le nostre priorità, per continuare a servire in tutte le forme possibili la nostra gente. In questo contesto di odio così radicato, infatti, c’è bisogno di empatia, di gesti e parole di amore che, anche se non cambiano il corso degli eventi, portano però conforto e consolazione, di cui tutti abbiamo estrema necessità. In questi mesi, sacerdoti, religiosi e religiose sono rimasti accanto alle comunità e alle persone provate, anche nei luoghi più pericolosi. Sono tanti i volontari e le volontarie delle nostre comunità che nonostante il pericolo non si sono risparmiati per aiutare i loro fratelli e sorelle.
Non ci arrenderemo agli eventi che sembrano allontanarci gli uni dagli altri, ma cercheremo sempre di essere assetati costruttori di pace e giustizia, senza cedere alla logica del male, che invece vuole dividere. Non nascondiamo che non è umanamente facile in queste circostanze essere capaci di amare i nostri nemici e pregare per quanti ci perseguitano (cfr. Mt 5, 44), ma non cessiamo di chiedere questo dono e questa libertà a Dio, nella preghiera. In questo siamo ispirati da tanti esempi di uomini e donne di ogni fede che in questi mesi, pur essendo stati colpiti personalmente dalla violenza e dalla morte, hanno avuto la forza interiore di non accondiscendere alla logica dell’odio, ma sono stati capaci di dire parole di perdono, e di porre gesti di comprensione e di speranza. Sono il «piccolo resto» dal quale ripartire.
Il dialogo tra noi credenti delle diverse fedi è stato ferito. Il sospetto sembra avere prevalso tra alcuni di noi. Ma ci impegneremo per riprendere le relazioni, per ricostruire la fiducia che sembra essersi incrinata, di fare sì che la fede sia luogo di incontro e non pretesto di divisione. Da questo momento difficile dovremo imparare a rendere le nostre relazioni in futuro ancora più forti e sincere, per costruire autentici e seri contesti di pace e rispetto.
Non cesseremo di farci portavoce dei tanti suoi richiami alla cessazione delle ostilità, come premessa obbligata per potere poi avviare reali e seri processi, che portino un giorno a nuovi e pacifici equilibri in Medio Oriente. Questa nostra regione, infatti, ha bisogno di guide con una nuova visione, di persone che siano capaci di dare espressione alla ricchezza e alla bellezza che qui ancora esistono e che la guerra non ha ancora del tutto sfigurato. L’idea che le strategie militari possano portare novità positive per la nostra regione è un’illusione. Come Lei ci ha giustamente ricordato: «La storia lo dimostra, eppure anni e anni di conflitti sembrano non avere insegnato nulla». La violenza, infatti, produrrà altra violenza, creerà nelle giovani generazioni altro odio, fomenterà ancora di più i vari fondamentalismi, che da troppo tempo tormentano e bloccano la nostra regione.
Abbiamo invece bisogno di sviluppo, di investire in formazione, di educare alla pace, di dare ai nostri giovani un contesto di vita sereno, sul quale possano fondare la loro speranza, qui, in queste nostre terre martoriate, ma che sono pur sempre il Luogo «di cui più parlano le Scritture», e nel quale affondano le nostre radici.
Nonostante i tanti nostri limiti, cercheremo, insomma, di essere una voce serena, ferma e libera dei piccoli che non hanno voce. Ci impegneremo a non abbandonare nessuno di quanti busseranno alle nostre porte e di farci prossimi a tutti coloro che oggi sono nel dolore, nel bisogno e soli.
Sappiamo di non essere soli e che Lei è con tutti coloro che «soffrono per la follia della guerra». Porteremo a tutti i nostri fedeli e a tutte le persone che incontreremo la Sua parola di pace, di vicinanza e di consolazione.
Grazie Santo Padre!
Nella preghiera continuiamo a implorare la pace, confidando nell’opera di Dio, Signore del tempo e della storia.
Con l’intercessione della Vergine Santissima, affidiamo a Dio tutte le Sue intenzioni e il suo prezioso ministero al servizio della Chiesa universale, di cui Lei è Pastore Supremo.
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