Notre-Dame de Paris, dove le pietre raccontano la bellezza della fede
Delphine Allaire - Città del Vaticano
Alla vigilia della riapertura di Notre-Dame de Paris, la cattedrale ammiraglia di Parigi restaurata dopo l’incendio del Lunedì Santo, il 15 aprile 2019, la riflessione filosofica sull’identità stessa di questo gioiello medievale si lega al necessario intreccio tra cultura e patrimonio. A cinque anni dalla tragedia, l’abilità materiale, tecnica e artistica ha permesso di riaprire in poco tempo la secolare cattedrale dove ogni pietra ha un’anima. Ma questa restaurazione ha un significato più profondo, come afferma ai media vaticani il filosofo e pensatore, Roger Pouivet, professore emerito dell’Università della Lorena, autore nel marzo 2022 del volume Sul modo di esistere di Notre-Dame. Filosofia dell'arte, religione e restauro (Editions du Cerf): “Al di là di un restauro materiale, si tratta di una vera e propria questione ontologica”.
Riuscire a mantenere l'essenza spirituale di un luogo, attraverso un sapiente dialogo tra fede e architettura, è una sfida ricorrente nei processi di restauro del patrimonio?
Un'opera d'arte come Notre-Dame è caratterizzata dal suo significato. Quando visitiamo la cattedrale è in gioco l'intelligibilità della fede, cioè quello che possiamo capire del cristianesimo. Affinché Notre-Dame rimanga la stessa, i visitatori devono trovarsi di fronte allo stesso significato e alla stessa spiritualità di un tempo. Un restauro materialmente realizzato bene permette di farlo, ma non basta. È necessario che, per i visitatori, rimanga costante una determinata idea di ciò che vedranno e un discorso adeguato e appropriato sul ruolo della cattedrale. Questo per far sì che Notre-Dame funzioni per quello che è: un luogo progettato per aiutarci a capire qualcosa della fede attraverso la sua stessa forma, le statue, i dipinti e le vetrate che contiene. Non è solo una questione di restauro materiale, ma anche di ontologia.
Come raggiungere la giusta dose di patrimonializzazione, necessaria e auspicabile, affinché questa non dissolva l’esistenza spirituale del luogo?
È molto difficile, perché bisogna fare tutto insieme. Da un lato, il restauro di Notre-Dame riguarda il ripristino di una grande attrazione turistica internazionale a Parigi, una sorta di patrimonio nazionale con cui la Francia e i francesi si identificano. Ma tutto questo è un po' al di fuori di ciò che Notre-Dame è, o meglio, è qualcosa che si aggiunge e che potrebbe impedire a Notre-Dame di rimanere ciò che è: una cattedrale di fede. Deve essere possibile restaurare un monumento nazionale, ma senza trasformare la cattedrale in un fac-simile o in un monumento al turismo internazionale. Questo è il rischio del restauro, ma in questo caso è stato ampiamente evitato. Non era un risultato scontato e possiamo sperare che, una volta terminate le grandi cerimonie, Notre-Dame torni a essere qualcosa di diverso da un monumento, una parte del nostro patrimonio o un'attrazione turistica.
Questa emozione, che riguarda puramente il patrimonio artistico, e lo spirito di comunione che ne è derivato negli ultimi cinque anni, testimoniano, secondo lei, il segno di unità e di unione che la cattedrale incarna?
Certo, l'entusiasmo che circonda Notre-Dame e l'emozione reale e internazionale provata da chi l'ha vista bruciare sono una prova di qualcosa. È perfettamente normale il gran parlare sulla fine di questo restauro e del suo successo dal punto di vista della storia dell'arte. Ma c'è sempre il rischio che il restauro trasformi una cattedrale in un monumento. Quindi dobbiamo anche sottolineare la dimensione strettamente religiosa, l'anima dell'edificio. Notre-Dame è diversa dal Louvre e dalla Reggia di Versailles.
Come possiamo vedere il restauro alla luce di un ripristino spirituale? Molte persone vedono l'incendio, il restauro e la riapertura come un segno innegabile di fede. Come può realizzarsi tale visione e come può essere perpetuata spiritualmente?
Dobbiamo sottolineare il significato di Notre-Dame e ciò che la fa funzionare dal punto di vista estetico. Non è semplicemente un'architettura di successo, ma ha un significato religioso che i visitatori devono comprendere. Deve anche essere, in un certo senso, la restaurazione della fede e della vita cristiana. È un'architettura che può continuare a essere ciò che è solo a una condizione propriamente religiosa, e persino teologica.
Qual è la condizione teologica di Notre-Dame?
Dal punto di vista teologico, la cattedrale riveste una notevole importanza. Uno storico dell'arte tedesco dell'inizio del XX secolo, Erwin Panofsky, eminente iconologo, ha scritto un libro intitolato “Architettura gotica e pensiero scolastico”. In esso parla di Notre-Dame e dimostra che le grandi cattedrali gotiche hanno la stessa funzione del pensiero scolastico, cioè del modo in cui la teologia, a partire dall'XI e XII secolo e per due o tre secoli successivi, si è costituita attraverso la Summa e, ad esempio, la Summa Theologica di San Tommaso. In un certo senso, Notre-Dame è una sorta di summa teologica architettonica sotto forma di edificio. È fatta di pietra piuttosto che di parole latine. Non si rivolge esattamente allo stesso modo a chi la visita e a chi legge la Summa Theologica, ma ha la stessa funzione di rendere intelligibile la fede. Questa funzione deve tornare con il restauro. Il restauro di Notre-Dame sarà un momento importante per la fede.
Come si spiega la trascendenza spesso emanata dalle pietre?
L'elevazione spirituale non può essere separata dalla vita materiale. Essa per noi ha senso nelle cose materiali. Potremmo quasi fare un'analogia con San Tommaso, su ciò che siamo e la cattedrale: siamo esseri materiali, ma abbiamo qualcosa che è ragione, che è spirituale, che non può essere ridotta alla materia. La cattedrale è una cosa fisica e materiale, e per restaurarla bisogna tagliare di nuovo le pietre - una cosa materiale - ma c'è qualcosa di più da riportare: la spiritualità che è propriamente umana. Gli esseri umani sono corpi, ma sono corpi con un'anima, un'anima razionale, un'anima spirituale. La cattedrale funziona esattamente come un essere umano, sia come cosa materiale che muore, sia come essere non completamente riducibile o non interamente riducibile alla sua materia. In un certo senso, si potrebbe dire che anche Notre-Dame ha un'anima immortale, ma che deve essere riportata in vita attraverso un restauro materiale.
E l'evangelizzazione attraverso la bellezza? Quella della cattedrale può toccare anche i cuori resistenti alla fede...
Possiamo sperare che l'apprezzamento estetico di Notre-Dame sia o possa essere fonte di un'elevazione verso una bellezza spirituale e non semplicemente materiale. Questa è la parte più difficile. Evitare che Notre-Dame si riduca a ciò che sono stati altri monumenti architettonici come le Piramidi o il Partenone, mecche del turismo internazionale di cui si è perso l'essenziale. Tutto ciò che rimane è la testimonianza di qualcosa in cui un tempo si credeva e che è stata l'occasione per la costruzione di monumenti esteticamente e architettonicamente impressionanti. C'è il rischio che Notre-Dame, una volta restaurata - e lo era già un po' prima - diventi semplicemente uno di quegli hot spot turistici internazionali. Cosa possiamo fare per renderla diversa? Ripristinare la sua dimensione spirituale, cioè far sì che abbia ancora un significato per chi vi entra, qualcosa di diverso da una semplice visita turistica tra il Louvre e Versailles. Notre-Dame è un importante luogo di fede. Nulla di tutto ciò dipende dalle cerimonie inaugurali di questo fine settimana. Non si tratta di quel momento, ma piuttosto del modo in cui questa cattedrale restaurata continuerà ad avere un'autentica funzione religiosa o se diventerà sempre più un monumento o un'attrazione turistica. Da questo punto di vista, l'8 dicembre non è così decisivo come gli anni a venire. Dobbiamo aspettare cinquant'anni per sapere se il restauro è stato un successo. Dovremo aspettare per scoprire cosa succederà a Notre-Dame dopo il completamento del restauro fisico.
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