Il pellegrinaggio dell’arcidiocesi di Napoli nel segno di Francesco
di Rosario Capomasi – Città del Vaticano
“Non c’è pellegrinaggio più arduo di quello che si compie dentro al proprio cuore”, perché solo “attraversando la soglia che ci separa dal fratello la nostra preghiera sarà esaudita”. È l’esortazione rivolta da cardinale arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia, alle decine di migliaia di fedeli della diocesi campana che hanno partecipato oggi, 22 marzo, al pellegrinaggio giubilare a Roma. Il porporato ha presieduto la celebrazione eucaristica sul sagrato della basilica Vaticana per i numerosi partenopei che fin dalle prime ore della mattina hanno festosamente invaso le vie adiacenti piazza San Pietro.
La gioia per il messaggio del Papa
Tanti i canti, gli inni religiosi che i pellegrini — incuranti della pioggia battente, via via attenuatasi fino a cessare del tutto poco prima dell’inizio della messa — hanno intonato sotto lo sventolìo di bandiere indicanti le parrocchie di provenienza. “Non c’è niente che possa fermare il nostro amore per Papa Francesco — ha detto Katia, 55 anni, di Ercolano —, soprattutto ora che sta affrontando i giorni difficili della malattia. Lo incoraggiamo e gli siamo vicini come lui è stato vicino a noi quando è venuto a trovarci dieci anni fa e nel 2019”. È stata infatti la visita pastorale del 21 marzo 2015 a rimanere maggiormente impressa nel cuore dei fedeli, che mantengono vivo il ricordo di quelle parole rivolte loro con particolare vigore: “Cari napoletani, largo alla speranza e non lasciatevi rubare la speranza!”. E nell’Anno Santo ad essa dedicato, Francesco non ha dimenticato questa parte del popolo di Dio, indirizzando ad essa e ad altre diocesi presenti un messaggio letto prima della celebrazione proprio dal cardinale Battaglia e accolto da scroscianti applausi.
Battaglia: “Chi non va incontro al fratello, rifiuta sé stesso”
Prendendo spunto dalla parabola evangelica del figliol prodigo, all’omelia il porporato ha sottolineato come spesso il cuore dell’uomo sia chiuso al perdono, imprigionato in “catenacci” che ci impediscono di aprirci al prossimo. Come i due protagonisti del passo evangelico, “siamo a volte incapaci di colmare la distanza che ci separa dal fratello”, vittime dell’orgoglio che fa anteporre l’interesse personale a quello degli altri. Ma, ha osservato il celebrante, in questa situazione in cui, di fronte al pentimento di chi ritorna chiedendo perdono fa da contraltare l’atteggiamento ostile del fratello “che si sente tradito”, il padre “è un punto fermo nel mare in tempesta, esprime amore che accoglie senza chiedere spiegazioni e senza giudicare sia chi torna, sia chi resta sulla soglia”. Questo perché, ha affermato Battaglia, egli sa che colui che rifiuta di andare incontro al fratello, rifiuta in realtà di andare incontro a sé stesso, vedendo negli occhi dell’altro l’ombra che avvolge il suo animo.
La speranza non muore mai
“Ho provato tante volte questo sentimento nella mia vita — racconta Francesca, di Torre del Greco — e la preghiera mi ha aiutato a uscire da periodi complicati in cui non riuscivo a vedere al di là del mio egoismo. L’aiuto della famiglia in questi casi è fondamentale ed è proprio vero che Dio è un Padre misericordioso che non lascia indietro nessuno dei suoi figli”. Ne è convinto anche Vincenzo, di Massa di Somma: “Ricordo ancora con grande entusiasmo la visita di Papa Francesco del 2015, quando ci disse che la misericordia di Dio non conosce confini. Se ognuno di noi la pratica verso l’altro, la speranza non morirà mai”.
Il passaggio della Porta Santa
Al termine della messa — concelebrata dai vescovi ausiliari Michele Autuoro, Francesco Beneduce e Gaetano Castello, e dal pro-vicario Gennaro Matino — i fedeli hanno varcato la soglia della Porta Santa. Erano oltre dodicimila, giunti con pullman — la maggior parte —, ma anche in treno e con mezzi privati. E proprio entrando nella basilica Vaticana hanno reso concreto il proposito di un rinnovamento spirituale e rinnovato la preghiera per il Santo Padre, segno di comunione ecclesiale.
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