Sisma in Centro Italia, monsignor Pompili: “Ritrovare una visione contro la paralisi”
Giordano Contu – Città del Vaticano
Per le comunità delle zone più colpite dal devastante terremoto che la notte del 24 agosto 2016 uccise 299 persone, questi sono i giorni del ricordo e della speranza. Le vittime sono state commemorate, questa notte, anche attraverso le parole dei sopravvissuti che, a tre anni di distanza, si trovano ancora a fare i conti con la mancata ricostruzione. Il vescovo di Rieti monsignor Domenico Pompili ha presieduto alcune liturgie a Illica e altre ne celebra oggi a Cittareale e nell’area Sae (soluzioni abitative in emergenza) di Accumoli. Ad Amatrice si è tenuta una veglia di preghiera all’interno del palazzetto dello sport, a cui è seguita una processione. Alle 3:36 la tradizionale lettura dei nomi delle 238 vittime nei pressi della chiesa di Sant’Agostino. Infine la preghiera conclusiva di fronte al Memoriale dei caduti. “C'è bisogno della fiducia degli uni verso gli altri”, ha detto il presule, “occorre un sussulto di generosità, non si riprende il cammino senza sperimentare una fiducia reciproca”.
Pompili: “Ritrovare una visione per sottrarsi alla paralisi”
Durante un’omelia questa mattina ad Amatrice, monsignor Pompili ha ricordato che "a tre anni dal terremoto siamo comprensibilmente centrati sui ritardi della ricostruzione, sullo spopolamento e sulla burocrazia senza deroghe”, ma “non basta quest'analisi indiscutibile: occorre una 'visione'. Questo è il mondo nuovo". In alcune aree della valle del Tronto e dei monti sibillini, tra Umbria e Marche, molti centri abitati sono andati distrutti. Tra questi Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto. E’ soprattutto tra queste comunità più colpite che la fiducia, nel tempo, è stata sostituita da un “atteggiamento abituale fatto di sospetto, di pregiudizio”. Questi centri, dopo la rimozione completa delle macerie, appaiono come una “sterminata area senza vita, dove è impossibile orientarsi, perché sono venuti meno i punti di riferimento”, ha spiegato il vescovo di Rieti. Lì “le soluzioni di emergenza rischiano di essere definitive”. Anche la “ricostruzione spirituale risente di queste lentezze”. La Chiesa, tuttavia, “cerca di essere presente e fare proposte educative che coinvolgono giovani, i loro genitori e gli anziani per tutto l’anno”.
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