Usa: restrizioni fino al 30 aprile. Si temono 100 mila morti per Covid-19
Michele Raviart – Città del Vaticano
Con oltre 140 mila casi positivi accertati, gli Stati Uniti sono il primo Paese al mondo per contagi da coronavirus. Circa 2.500 i decessi, di cui un migliaio nello Stato di New York, perlopiù avvenuti negli ultimi giorni. 56 mila i contagiati, ha riferito il governatore Andrew Cuomo, con oltre duemila ricoveri in terapia intensiva.
Nessuna quarantena per New York
Una situazione critica soprattutto nella città di New York, in cui sono presenti la metà dei positivi. Sebbene l’idea di mettere in quarantena la città e l’intero Stato, oltre al New Jersey e al Connecticut, sia stata scartata dal presidente Trump, che pure aveva ventilato l’opzione qualche giorno fa, la Casa Bianca ha quindi prolungato le misure restrittive sul distanziamento sociale proposte a tutti gli Stati membri fino al 30 aprile, tre settimane oltre il previsto.
Il picco previsto per Pasqua
Niente assembramenti da più di dieci persone, chiusura di bar e ristoranti e un invito a limitare gli spostati non essenziali negli Stati più colpiti fino a dopo Pasqua, quando la Casa Bianca prevede ci sia il picco dell’epidemia. “Non c’è nulla di peggio che dichiarare vittoria prima di aver vinto”, ha detto Trump. Se non avessimo preso queste misure, ha detto, “a rischio c’era la vita di 2,2 milioni di persone”.
Si lavora per contenere i decessi
Alto il numero di vittime previste dal presidente, 100 mila. “È un numero orribile”, ha detto, ma se fosse questo, “avremmo fatto un buon lavoro”. Prolungare le misure restrittive “è una mossa saggia e prudente”, ha commentato il virologo di fama mondiale e consulente della Casa Bianca Anthony Fauci, precisando che le vittime potrebbero arrivare a 200 mila, ma si sta lavorando affinché questo non accada.
2 mila miliardi di aiuti
Intanto, con la firma venerdì scoro del CARES Act per l’assistenza all’emergenza economica a causa dell’emergenza coronavirus, sono 2 mila i miliardi di dollari stanziati per sostenere i cittadini. “È l’atto legislativo più costoso della storia americana”, in grado di “fornire aiuti a milioni di americani che stanno soffrendo”, ha ribadito monsignor Paul S. Coakley, arcivescovo di Oklahoma City e presidente del Comitato episcopale per la Giustizia interna e lo sviluppo umano della Conferenza episcopale degli Stati Uniti.
Un sostegno necessario
Molte disposizioni contenute nel pacchetto, si legge in una dichiarazione sul sito web dei vescovi statunitensi, “aiuteranno i datori di lavoro a mantenere in essere i contratti per i loro dipendenti, nonché andranno incontro alle esigenze di coloro che, purtroppo, sono stati licenziati e necessitano di un reddito immediato, dato che le circostanze attuali rendono molto più difficile trovare un nuovo impiego”. In particolare, il plauso dei vescovi va alle misure di “assistenza finanziaria diretta per le persone a basso e medio reddito” e agli incentivi economici “per gli ospedali e le istituzioni caritative cui, durante questa crisi, si chiede di darsi da fare più che mai”.
Gli immigrati e le categorie più deboli
Il pensiero va tuttavia anche a chi non potrà beneficiare degli aiuti. “È deludente ad esempio – scrive Monsignor Coakley – che alcuni aiuti non siano estesi anche a chi è privo di documenti ed è estremamente preoccupante il fatto che ad alcuni immigrati sia negato l’accesso alla copertura sanitaria, perché la salute e il benessere di tutti sono minacciati se, in questa crisi, qualcuno viene categoricamente escluso dalle forme di assistenza”. Di qui, il richiamo dei presuli a sostenere “i più bisognosi, i senza tetto, i detenuti, i malati alle prese con spese mediche elevate, tutti coloro che lottano per sbarcare il lunario o che hanno perso i loro cari e i loro amici”.
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