Coronavirus, per la Centesimus annus serve un' Europa piu concreta
Alessandro Guarasci - Città del Vaticano
Tutte le cancellerie europee sembrano concordare sulla necessità di un Recovery Fund per emettere bond che sostengano i paesi in difficoltà per il coronavirus. Allo stesso tempo ci dovrebbe essere un bilancio della Ue. Lo dicono fonti europee a poche ore del summit dei leader per gli aiuti all'economia. Ma l’ammontare del Fondo, i settori da finanziare e gli strumenti sono da stabilire. Per l’economista Giovanni Marseguerra, a capo del comitato scientifico della Fondazione pontificia Centesimus Annus “l’Europa si sta certamente muovendo. La Banca Centrale, la Commissione, la Bei hanno messo in campo una serie di misure importanti e concrete. Tuttavia la sensazione complessiva, anche in confronto con quanto stanno facendo ad esempio gli Stati Uniti, è che in realtà si potrebbe fare molto di più, e che la solidarietà e la coesione a livello europeo ci siano ma fino a un certo punto”.
Che cosa intende quando dice che si potrebbe fare molto di più?
R. - Basti pensare al famoso Recovery Fund, che è in realtà importantissimo per favorire una ripresa coordinata dell'economia dell'Unione, una ripresa che dovrebbe essere in linea con gli obiettivi del Green Deal della Commissione, con la strategia industriale che l'Unione ha presentato a marzo. Eppure, anche se tutti capiscono che serve assolutamente finanziare progetti legati alla transizione energetica, all'economia circolare, al digitale per uscire rapidamente dalla crisi, tuttavia è sempre difficilissimo dare concretezza alle proposte del nostro continente. Aggiungo che servirebbe fare agire assieme governi, banche centrali, politica fiscale e politica monetaria, ma questa mi pare una prospettiva ancora più lontana dal realizzarsi purtroppo.
Professore, in Italia c'è stato un intervento del governo col decreto Cura Italia per arginare gli effetti del coronavirus. Secondo lei è adeguato o bisogna spingere di più per sostenere in questo momento famiglie e imprese?
R. - Certamente il decreto Cura Italia è stato importante, adesso serve un ulteriore intervento, ma mi sembra che sotto questo profilo il governo si stia muovendo seguendo una strategia articolata ed efficace. Da un lato una strategia sanitaria, e questo è fondamentale, dalle mascherine, al distanziamento sociale, alla famosa app, e dall'altro questo decreto che è in via di prefigurazione e di emanazione e servirà per predisporre ulteriori interventi per sostenere famiglie e imprese. Questa emergenza sta davvero colpendo in modo drammatico le fasce più fragili e rischia di creare nuove povertà. Il tessuto sociale è già fortemente provato, quindi occorre ancora dare sostegno alle famiglie e alle imprese in modo incisivo e anche non credo di brevissimo periodo. Bisogna sostenere la qualità delle imprese, tutelare gli asset strategici del paese e sostenere le spese che le imprese dovranno a breve affrontare per attrezzarsi e far partire la fase due.
Ecco, un reddito di emergenza in questo momento è assistenzialismo o vero sostegno a chi rischia di cadere in povertà?
R. - Nella condizione di emergenza che ci troviamo a vivere, queste forme di sostegno sono assolutamente appropriate. E’ fondamentale sostenere le famiglie con un reddito che le supporti e in alcuni casi è l'unica fonte di reddito. Dovrà essere una misura a tempo, dovrà durare qualche mese, bisognerà identificare, verificare bene la platea degli interessati, ma io credo che sia fondamentale. Ci sono categorie di lavoratori, dagli stagionali ai precari, che sono in fortissima difficoltà. Io penso più in generale che la crisi in corso apra l'opportunità per una radicale e profonda rivoluzione, per cominciare davvero a costruire quel nuovo modello di sviluppo che Papa Francesco ci ha più e più volte chiesto. Un modello con al centro l'ambiente, la formazione, la sanità, in modo da promuovere davvero lo sviluppo umano.
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