2 Giugno, i Costruttori di pace chiedono lo stop alla produzione di armi
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Si avvicina l’appuntamento dell’11 ottobre, con la marcia PerugiAssisi della pace e della fraternità. Un evento atteso come poche volte prima d’ora, simbolo di rinascita e dal forte valore sociale: la pace, in tempo di pandemia, è tanto urgente quanto necessaria. Più volte in questi mesi difficili Papa Francesco ha chiesto un cessate il fuoco globale, condannando l’ipocrisia di chi “parla di pace e vende armi” ai Paesi in guerra. La marcia della pace del prossimo autunno vuole, ancora una volta, mostrare al mondo che insieme è più facile raggiungere il traguardo più importante: la fine dei conflitti, di quella “terza guerra mondiale a pezzi” che non può essere dimenticata anche, e soprattutto, in piena emergenza coronavirus.
L’incontro del 2 giugno
Martedì 2 giugno in Italia si celebra la festa della Repubblica. Mai, nel dopoguerra, il Paese aveva vissuto ciò che ha visto negli ultimi mesi: restrizioni alle libertà personali, divieto di recarsi in abitazioni private, chiusura di scuole, chiese, attività commerciali. Decisioni dolorose, quelle del Governo, che non hanno precedenti nella storia Il tricolore, però, continua a sventolare anche nei momenti di difficoltà ed i costruttori di pace, in questo giorno di festa, vogliono incontrarsi – seppur virtualmente – per ribadire ancora una volta la necessità di difendere le istituzioni democratiche, rimettendo al centro la persona umana ed i suoi diritti fondamentali. “Ripudiando – come recita l’articolo 11 della Costituzione – la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Su ZOOM e su Facebook, dalle 17 alle 19, i costruttori di pace si incontreranno dunque in vista della marcia PerugiAssisi di ottobre, ma già da ora chiedono lo stop alla vendita ed alla produzione di armi che sottraggono enormi risorse al bene comune. Specialmente in piena emergenza coronavirus.
L'11 ottobre è una meta
"Abbiamo deciso di mantenere la data dell'11 ottobre per quello che non è un festival, ma un vero e proprio camminare insieme per l'obiettivo più alto che una comunità possa avere, anche in tempo di pandemia: la pace". Lo afferma nell'intervista a VaticanNews Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace e della Marcia PerugiAssisi. L'incontro di oggi, in un giorno di festa è teso dunque a preparare al meglio quell'appuntamento autunnale, che "ha un sapore particolare, viste le difficoltà che tutti stiamo vivendo in questo periodo", partendo dai valori costituzionali della Repubblica. Lotti sottolinea poi come la pace "sia innanzitutto un comportamento" e che "la pace parolaia deve lasciare spazio alle azioni concrete". Da qui "l'importanza della richiesta di Papa Francesco di pregare Maria affinché scuota le coscienze dei politici di tutto il mondo", in riferimento ai tanti Paesi che "parlano di pace, ma poi commerciano armi". Il coordinatore della PerugiAssisi parla poi di una "riconversione del ruolo delle Forze Armate", che devono essere sempre più impegnate nella "sicurezza delle persone, e dunque anche del Creato", uscendo da una logica di conflitti e guerre che "non risponde al bisogno di sicurezza dell'essere umano e genera, di conseguenza, paure e timori".
Il no del Papa alle armi
In più occasioni Papa Francesco ha ribadito il suo no al commercio di armi, chiedendo la fine dei conflitti in ogni angolo del pianeta. Un anno fa, il 10 giugno 2019, ricevendo i delegati della Roaco, Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali, li esortò ad ascoltare il grido di chi è stato derubato della speranza e ad aumentare l’impegno nei confronti dei giovani desiderosi di un futuro di pace. In quell’occasione forte fu l’ammonimento a chi commercia le armi: “A volte penso anche all’ira di Dio - affermò Francesco - che si scatenerà contro i responsabili dei Paesi che parlano di pace e vendono le armi per fare queste guerre. Questa ipocrisia è un peccato”. In diverse altre occasioni il Pontefice ha stigmatizzato tale ipocrisia. Intervenendo lo scorso febbraio a Bari all’incontro “Mediterraneo frontiera di pace”, il Papa ha definito poi “una follia” la guerra, ed ancora l’appello “ad un cessate il fuoco totale” nel pieno di un’emergenza “che non conosce frontiere” lanciato da Francesco al termine dell’Angelus dello scorso 29 marzo. Come non ricordare, infine, la condanna del Papa alle armi nucleari durante il viaggio apostolico in Giappone del novembre 2019. In quell’occasione definì il riarmo atomico “un crimine non solo contro l’uomo e la sua dignità”, ma “contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune”. “La vera pace può essere solo una pace disarmata”, aggiunse il Santo Padre, sottolineando come “dall’abisso di silenzio si continua ad ascoltare il grido di coloro che non sono più”.
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