Mandela Day: “Tutti siamo nati per essere fratelli”
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
“Esseri liberi non significa semplicemente rompere le catene, ma vivere in modo tale da rispettare e accentuare la libertà altrui”. “Nessuno è nato schiavo, né signore, né per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli”. Sono le parole e gli insegnamenti di Nelson Mandela, Premio Nobel per la pace nel 1993, a scandire l’odierna Giornata internazionale istituita dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 2009. Un’occasione per ricordare il contributo dato da questa icona di libertà nella lotta per la democrazia, la pace e i diritti umani in tutto il mondo.
Una vita nel nome della libertà
Nato il 18 luglio del 1918 a Mvezo, un piccolo villaggio nella parte sud orientale del Sud Africa, Nelson Mandela è tra i fondatori, nel 1944, della lega giovanile dell'African National Congress. Guida per anni il movimento anti-segregazionista. Ripetutamente imprigionato a partire dal 1952, nel 1964 viene condannato all'ergastolo. Nel 1990 viene liberato e quattro anni più tardi è eletto presidente del Sudafrica. Il padre della patria post-apartheid muore nel 2013 all’età di 95 anni. Ma la voce di “Madiba”, come veniva chiamato affettuosamente da suoi concittadini, non è sganciata dal presente.
Paladino dei diritti civili
Quello attuale è un tempo segnato dalla pandemia, che provoca vittime, frena le economie e diffonde nuovi timori. Ma è anche un periodo lacerato da crescenti tensioni, dalle proteste scatenate dalla morte, lo scorso 25 maggio, del giovane afroamericano George Floyd durante un controllo della polizia. Le riflessioni e la vita di Mandela, anche in questo tempo così complesso, sono un solco da seguire. “Ho lottato - ha scritto il primo presidente eletto del Sud Africa - contro il dominio bianco e contro il dominio nero. Ho coltivato l’ideale di una società democratica e libera nella quale tutti potessero vivere uniti in armonia e con pari opportunità”. Nel 2020, l'essenza del “Mandela Day” - agire, ispirare il cambiamento - è dunque ancora più importante.
Simbolo di riconciliazione
È l’impegno per la riconciliazione la leva della vita di Nelson Mandela. San Giovanni Paolo Paolo II lo sottolinea incontrando il leader africano, nel 1995, durante il viaggio apostolico in Sud Africa. Questa, afferma in quell’occasione Papa Wojtyła, è ”una nazione che si è posta fermamente sulla via della riconciliazione e dell’armonia tra tutti i suoi abitanti. All’inizio della mia visita, desidero rendere omaggio a lei, Signor Presidente, che, dopo essere stato un ‘testimone’ silenzioso e partecipe dell’anelito del suo popolo alla vera liberazione, ora si è assunto la responsabilità d’ispirare e di sfidare ognuno a riuscire nel compito di riconciliazione e di ricostruzione nazionali”.
Fonte di ispirazione
L’eredità di Nelson Mandela, morto il 5 dicembre di sette anni fa, è un messaggio ancora potente, in primo luogo, per i giovani della sua terra. Nel telegramma di cordoglio per la morte di questo straordinario protagonista del Novecento, Papa Francesco ha scritto: “Rendendo omaggio al fermo impegno dimostrato da Nelson Mandela nel promuovere la dignità umana di tutti i cittadini della nazione e nel forgiare un nuovo Sud Africa costruito sulle solide fondamenta della non violenza, della riconciliazione e della verità, prego affinché l’esempio del presidente defunto ispiri generazioni di sudafricani a porre la giustizia e il bene comune in prima linea nelle loro aspirazioni politiche”. Quei semi gettati e sbocciati in Sud Africa e in altre regioni del pianeta, oggi aspettano di trovare in altri Paesi del mondo, soprattutto lì dove i diritti umani vengono calpestati, terreno fertile per attecchire negli spazi della politica, nei motori dell’economia, nel tessuto sociale e, soprattutto, nel cuore di ogni uomo.
Non ci si può salvare da soli
Quali risposte si possono trarre oggi dagli insegnamenti di Nelson Mandela pensando a questo tempo scosso dalla pandemia? Risponde padre Giulio Albanese, africanista:
R. - Per venire fuori da questa situazione emergenziale, dobbiamo affermare la solidarietà. Non possiamo salvarci da soli. Non possiamo affermare quelle dinamiche che sono tipiche dell'individualismo del pensiero postmoderno. In riferimento al contesto storico che Mandela ha vissuto, segnato da profonde lacerazioni e anche da violenze, si deve sottolineare che ha affermato, fondamentalmente, un messaggio di riconciliazione. In sostanza, rispetto alla pandemia e rispetto a quelli che sono i problemi che attanagliano oggi la società contemporanea, soprattutto dal punto di vista economico e sociale, non possiamo acuire la divaricazione tra gli estremi. Bisogna capire che insieme dobbiamo fare sistema. Il suo pensiero è stato davvero universalista.
Questo è un periodo lacerato anche da crescenti tensioni. Pensiamo alle proteste scatenate dalla morte, lo scorso 25 maggio, del giovane afroamericano George Floyd. In questo senso, quali insegnamenti possiamo ricavare dalla vita di Nelson Mandela?
R. – Noi sappiamo che Nelson Mandela affermava un messaggio di fratellanza. Mandela in fondo ci ha insegnato che se vogliamo davvero cambiare il mondo e cambiare quelle che sono le regole del gioco, dobbiamo evangelicamente parlando porgere l'altra guancia. Ma questo che cosa significa? Significa affermare la logica della non violenza e capire che la riottosità, nel momento in cui viene assecondata, genera confusione e disastri a dismisura. Quindi se da una parte va affermata la giustizia, in cui Mandela ha sempre creduto e di cui è stato autentico paladino, bisogna sempre comunque porsi in un atteggiamento di accoglienza nei confronti anche di chi ha sbagliato.
Addio a Zindzi Mandela
La giornata odierna è stata preceduta da un lutto che ha colpito la famiglia Mandela: lo scorso 12 luglio è morta a Johannesburg all’età di 59 anni Zindzi Mandela, figlia del leader anti apartheid. Nata il 23 dicembre 1960 a Soweto, Zindzi aveva solo 18 mesi quando il padre, futuro presidente del Sudafrica, venne mandato in prigione. Nel 1985 il governo in carica promise di liberare Nelson Mandela dal carcere se avesse denunciato la violenza perpetrata dal suo movimento, l’Africa National Congress. Zindzi Mandela lesse la lettera con cui il padre rifiutava l'offerta in un incontro pubblico molto affollato che fu trasmesso in tutto il mondo. In un telegramma di cordoglio, il Consiglio delle Chiese cristiane del Sudafrica ricorda che Zindzi Mandela ha “vissuto una vita di grande resilienza, proprio come sua madre e suo padre”. Nel testo si sottolinea anche che quello attuale è un “periodo difficile” per il Paese e per il mondo. “Sono momenti come questo che ci ricordano la necessità di essere uniti in uno spirito che porti a lavorare insieme, in modo da poter superare insieme le difficoltà”.
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